1. MORIRE È MOLTO PEGGIO DI NON VENIRE AL MONDO
Gilberto Corbellini per ''Domenica - Il Sole 24 Ore''
David Benatar è un filosofo analitico sudafricano, libertario, vegano, antinatalista, eticamente contrario alla libertà procreativa, abortista (in realtà, né proscelta, né provita, ma promorte), pessimista e filantropo (ama a tal punto la specie che predica la nostra estinzione). I suoi argomenti non sono banali. Quanto possano far presa è un' altra questione.
Egli sostiene che venire al mondo non è un bene, ma sempre un danno per chi subisce tale scelta. Credere che vivere sia meglio, in quanto i benefici supererebbero i danni, è sbagliato, perché esiste uno scenario migliore. Quello di non esistere.
Per le persone che esistono 1) il dolore è sempre qualche cosa di male, e 2) il piacere qualcosa di buono. D' altro canto, in uno scenario dove non si esiste, 3) l' assenza di dolore è sempre buona (lo è indipendentemente dal fatto che le persone esistano o no), mentre 4) l' assenza di piacere è indifferente. Dall' asimmetria fra 3 e 4 - la sofferenza è un danno intrinseco, ma l' assenza di piacere non lo è - Benatar ricava alcune tesi. Poiché il dolore è sempre male, c' è un dovere morale di non mettere al mondo persone che soffriranno (segue da 3).
D' altro canto, non c' è alcun obbligo di mettere al mondo persone che saranno felici (segue da 4). Quindi la mancanza di sofferenza è sempre buona, indipendentemente dal fatto che qualcuno esista o meno per godere di tale assenza; mentre la mancanza di felicità non è sempre male. Lo è solo se esistono persone a cui è negata. Ergo non esistere è la condizione migliore.
È un errore pensare che dobbiamo fare figli in quanto trarranno benefici dall' esistenza. Sarebbe più coerente dire che non dovremmo avere figli perché saranno danneggiati dal venire al mondo. Chi è vivo può essere portato a giudicare bene o male avere figli, ma non essere nato non è una privazione per coloro che non sono mai venuti al mondo.
Perché l' assenza del dolore conta di più dell' assenza di piacere. La principale fallacia nell' argomentazione di Benatar è che tratta la condizione di non esistere come se fosse paragonabile in qualche modo a quella di essere in vita. Mentre per definizione è solo una costruzione concettuale che serve precisamente sostenere che è una disgrazia essere al mondo.
Benatar dedica un accorato capitolo alla sofferenza nel mondo, che a lui pare un argomento forte, oltre a quello logico, per non fare nascere altre persone. Non solo malattie, ma soprattutto la morte. Il nostro non è un nichilista, ma solo un pessimista radicale, per cui la morte, che mette fine all' esistenza, non è la soluzione delle sofferenze.
La non esistenza non nuoce a una persona che potrebbe nascere, mentre la morte è un altro danno che colpirà chi è al mondo. Le persone che scelgono di suicidarsi devono sapere che tale scelta è dolorosa e causa sofferenze a chi rimane. Non ci sbagliamo, quindi, se diciamo che siamo contenti di essere nati, ma ci sbagliamo se pensiamo che sia stato meglio nascere.
Benatar non pensa che si debba interferire con le libertà riproduttive garantite dalla legge, ma sostiene che non vi siano basi morali per portare avanti una gravidanza. Pur essendo la vita una condizione dannosa, siamo indotti dai nostri geni a ingannarci e credere il contrario, per il fatto che ciò è funzionale alla sopravvivenza e alla riproduzione. Le affermazioni che si ascoltano dalle persone su quanto sia bella la vita vanno prese con scetticismo, come le elucubrazioni dello schiavo che afferma di preferire la schiavitù.
birth strikers scioperanti delle nascite
Per il filosofo sudafricano sarebbe eroico se le persone smettessero di avere figli in modo che nessuno potesse soffrire in futuro. Si potrebbe giudicare tragico lasciare che la specie umana si estingua, ma una tale tragicità scompare se vediamo le cose dal punto di vista di chi non esiste. La selezione naturale ci ha dotato di un bias di ottimismo circa la condizione personale, a cui fa da contrappasso dialettico il pessimismo sulle sorti del mondo.
Benatar cerca di smontare gli ostacoli cognitivi, emotivi e culturali che ognuno di noi usa per giudicare la vita come degna di essere vissuta, ovvero come preferibile alla condizione di non essere venuti al mondo. Come gestire la difficile situazione nella quale ci troviamo?
L' ottimismo pragmatico al quale ci affidiamo come a una sorta di placebo, per far fronte alla desolazione della vita, è una strategia rischiosa per l' equilibrio mentale. Meglio il pessimismo pragmatico, che prende atto dell' orrore della vita umana, ma guarda oltre e non si impegna in progetti che illudono di valorizzare o creare significato per l' esistenza umana sulla Terra - dato che la vita, come spiega la biologia evoluzionistica, non ha alcun senso né significato. Il pessimismo pragmatico consente di distrarsi dalla realtà, senza nasconderla.
birth strikers scioperanti del sesso
La distinzione tra ottimismo e pessimismo pragmatici, nonché tra rifiuto e distrazione è ambigua. Si colloca a metà strada in un continuum tra «ottimismo illusorio e pessimismo suicidario». Come i malati terminali, dovremmo affrontare la morte imminente se essere così ossessionati da rinunciare a passare il tempo con i nostri amici e familiari. Possiamo migliorare la nostra situazione in qualche modo e farlo «è l' equivalente esistenziale delle cure palliative» .
Meglio non essere mai nati. Il dolore di venire al mondo David Benatar - Carbonio Editore, Milano, pagg. 251, 16,50.
2. CLIMA IMPAZZITO: TOGLI UN POSTO A TAVOLA. ANZI, LA CULLA E IL BIBERON
Elisabetta Ambrosi per ''il Fatto Quotidiano''
Dimenticate la psicoanalista francese Corinne Maier, che nell' ormai lontanissimo 2007 scriveva il discusso pamphlet No kid. Quaranta ragioni per non avere figli, dove la scelta di non procreare era legata al desiderio di non soffrire i dolori del parto e continuare a uscire con gli amici. Sembrano argomentazioni del Pleistocene, visto che l' ultima tendenza in fatto di rifiuto di mettere al mondo figli nulla c' entra col privato.
birth strikers scioperanti delle nascite
Al contrario, ci si astiene per eco-altruismo, e cioè non solo per evitare di sovrappopolare un pianeta già in manifesto overbooking, ma soprattutto per non costringere i propri figli a fronteggiare l'"armageddon ecologico" ormai all' orizzonte. A portare avanti questa causa - abbastanza popolare tra i nuovi Millenial, visto che il 38% di loro, secondo una ricerca, sono convinti che una coppia debba considerare i rischi del clima prima di riprodursi - è un gruppo di giovani donne inglesi, quasi tutte attiviste per l' ambiente, che hanno fondato il movimento #Birthstrike, i cui aderenti devono mettere nero su bianco la propria decisione di non avere figli a causa "della severità della crisi ecologica".
Lungi dal giudicare chi è già genitore, il movimento non sposa un' ideologia anti-natalista, né auspica un controllo della popolazione dall' alto.
"Con lo sciopero delle nascite, non vogliamo risolvere la crisi, ma cercare di portare brutalmente l' attenzione su di essa", spiega Blythe Pepino, fondatrice del gruppo.
Per la verità ragioni da vendere queste attiviste ne hanno: c' è chi, come Alice Brown, 25 anni, si chiede come potrebbero venir trattati i propri figli, magari un giorno profughi, visto come sono trattati oggi coloro che fuggono. E c' è chi, come Hannah Scott, 23, immagina il loro futuro terrore, "se io sono già terrorizzata oggi".
Queste nuove birth striker per l' ambiente, niente affatto naif, sanno che nessuna riduzione drastica della popolazione basterà a scongiurare la rovina. Il loro rifiuto vuole provocare un urto simbolico, specie in società in cui i politici fanno pressioni perché si mettano al mondo figli, per evitare choc demografici e tracolli economici (anche se c' è chi, come la ventinovenne democratica statunitense Alexandria Ocasio-Cortez, ha difeso su Istagram la loro scelta).
Come tutte le donne che hanno usato e usano il corpo come forma di protesta - siano Femen o fautrici dell' utero in affitto - le birth striker stanno cominciando a subire i primi attacchi dei pro-life, alcuni dei quali le hanno definite "femministe in salsa green, che dopo l' odio indiscriminato verso il maschio bianco ora odiano anche i figli". Ma le motivazioni per cui lo sciopero delle nascite potrebbe non essere una buona idea sono altrove.
E non si tratta neanche del rischio di sottrarre ragioni alle lotte per un welfare più umano per le famiglie, quanto del fatto che l' angoscia apocalittica porta sempre con sé più depressione che azione, visto che la psiche umana può agire solo se mossa dalla speranza (e non è un caso che i bambini sono sempre nati anche durante le guerre più atroci). Come ha detto poi lucidamente David Wallace-Wells, lo scrittore e padre che pure ha pubblicato l' ansiogeno libro The Uninhabitable Earth, "fare figli è una ragione per combattere".
Perché in effetti, senza bambini, e con un orizzonte limitato davanti, la tentazione diventa un' altra: acquistare con i propri risparmi una casa sui mari del nord, e godersi meravigliosi miti autunni e calde primavere. Tanto l' apocalisse arriverà dopo la nostra morte. E allora, in fondo, perché scaldarsi tanto?