Vittorio Feltri per “Libero quotidiano”
La chiesa di San Zulian a Venezia è stata in questi giorni il luogo di un attacco terroristico subdolo, senza sangue, ma che fa sanguinare il cuore di uno come me che è ateo, ma è pur sempre figlio di questa terra dove suonano le campane e il panorama è pieno di croci e crocifissi.
Due volte. Prima alcuni giovanotti arabi si sono presentati a messa. Hanno ricevuto la comunione fingendosi devoti cattolici e subito hanno vomitato l'ostia sull' altare come fosse cibo del diavolo, bestemmiando Gesù Cristo. Poi, passato un giorno, quattro ragazze con il velo islamico si sono dirette verso il crocifisso e gli hanno sputato sul volto: quello sarà stato di legno, ma io ho sentito la bava di questa gentaglia sulla mia faccia, anzi sul volto dei miei che mi hanno insegnato il segno della croce, e dei loro padri e indietro ancora, a quelli che hanno fatto l'Italia, un paese che farà anche pena, ma è il mio paese. Il nostro paese.
C'è voluto che il fatto si ripetesse, che arrivasse il gruppo di puttanelle islamiche per convincere il parroco alla denuncia pubblica. Il sacrestano quasi si vergognava a farlo sapere, mica che gli dessero del visionario o del razzista fondamentalista. Il prete infine ha rivelato pubblicamente il sopruso. Ed è già un miracolo di coraggio. Perché ora dovrà subire lui il processo: gli diranno di non avere misericordia, di prestarsi alla reazione violenta, ad esempio, di Libero.
MUSULMANI IN PREGHIERA A MILANO
Violenta? Sacrosanta. Se non ci difendiamo, se non tuteliamo quello che abbiamo ricevuto da chi ci ha preceduto calpestando coi suoi piedi questa valle di lacrime, tanto vale arrendersi, consegnarci direttamente al Califfo e ai suoi mullah. Ribelliamoci. Chiediamo che la comunità islamica consegni alle forze dell' ordine questi loro soci. Figuriamoci. I musulmani in Italia, visto che non hanno il santo timor di Dio, come recitava il catechismo del mio curato, e neppure della legge, ne abbiano almeno di una salutare reazione dell' opinione pubblica. Temo sia tardi.
Nei giorni scorsi ho letto un reportage sul Foglio di Cristina Giudici da un quartiere di Milano, vicino a San Siro, trasformato ormai in una succursale della Mecca. Scriveva: «A metà pomeriggio, nel quartiere popoloso e popolare a cento metri dallo stadio, sembra di stare quasi al Cairo. Ciò che colpisce di più è l'immagine delle numerose donne che nel pomeriggio affollano il marciapiede con molti bambini.
MUSULMANI IN PREGHIERA A MILANO
Tutte velate, molte con il velo integrale. Il quadrilatero della vecchia San Siro è diventato una mini Molenbeek. Ne sa qualcosa Giovanna De Matteis, madre di un alunno di quarta elementare, con un solo compagno di classe italiano, che ha ingaggiato una battaglia per difendere, ci dice, il crocifisso e impedire che venisse accolta la richiesta di alcuni genitori di mandare alla scuola elementare le bambine con il velo. Una richiesta che indica il grado di radicalizzazione esploso in quartiere negli ultimi due anni».
La giornalista racconta che i musulmani non fanno entrare chi non è dei loro in certi negozi. Almeno impediamo che ci insozzino le chiese, che non sono proprietà solo di chi vi accende devotamente le candele, ma sono luoghi della nostra anima o animaccia che sia.
Ci sono le impronte della memoria senza cui non esiste nazione, civiltà e non si resiste all'invasore. Noi non siamo come loro, come gli islamici intendo. In Pakistan hanno buttato in una fornace due sposi cattolici accusati (falsamente) di aver bruciato una pagina del Corano: si sono mossi in mille per linciarli.
Hanno fatto scoppiare rivolte, e assassinato vignettisti a sangue freddo, per un paio di disegnini. Noi non siamo così. Ma quelli che hanno sputato le ostie li sputerei su un canotto, con acqua e viveri beninteso e persino una copia del Corano, e li spingerei al largo verso i loro minareti libici, egizi o marocchini. Non andremo a insozzargli le moschee. Ma state a casa vostra.
Il Padreterno si arrangerà a suo tempo a sbatterli all'inferno, sempre che non sia Allah a comandare anche nell'aldilà, visto che nell'aldiquà già imperversa. Oppure li perdonerà. È il suo lavoro. I bravi cristiani seguiranno l'esempio del Papa (chi sono io per giudicare?) e diranno che è colpa delle multinazionali, dei fabbricanti di armi e ultimamente di quelli dei Tir. Io non ci sto.
Posso permettermelo, non essendo un bravo cattolico. Ma penso che uno Stato laico, che non è obbligato a perdonare 70 volte 7, debba reagire con forza, riprendere il controllo di tutto il territorio, appoggiato da teste di destra, di sinistra e di centro. Mi illudo. Sono sicuro che i giornaloni minimizzeranno, riducendo il tutto a un caso di folklore tra opposti baciapile. Balle.