Monica Serra per la Stampa
«Volevo sentirmi grande. Bucarmi era più forte di me, mi sentivo importante.
Poi sono finito in strada. Su e giù con la metro a elemosinare qualche moneta per pagare una dose. Mi "facevo" una volta all' ora. Venivo a bucarmi piangendo».
Fabio, vent' anni, ha appena scoperto di avere l' Aids. Maglia nera e jeans, un ragazzo come tanti.
Accanto c' è la fidanzata, da poco maggiorenne, sta per prendere il treno per tornare a casa. «Lei è pulita, viene qui a trovarmi. È l' unica che mi è sempre stata accanto».
Quando è finito in ospedale i genitori lo hanno ripreso in casa. «Ho smesso col metadone - accenna un sorriso - e non mi "faccio" più quanto prima. Vengo solo la domenica». Poi si ferma, sospira. «Tutta la settimana aspetto questo momento».
La stazione di Rogoredo è a due passi dal parco della morte, la più grande piazza di spaccio d' Europa, 15 minuti di metropolitana dal Duomo. Mille clienti al giorno, molti dei quali minorenni, «che nessun muro può fermare». Hanno 14, 15, 17 anni, «i ragazzi dello zoo di Rogoredo». Figli di persone perbene, come Fabio. Operai, insegnanti, medici, ingegneri e farmacisti. Si avvicinano alla droga con gli amici, a scuola. Perché «se non lo fai sei sfigato», perché «devi» provare. «Poi il passaggio all' eroina è sempre più veloce: nel giro di un' estate si trasformano», dice Simone Feder, responsabile dell' area dipendenze della Casa del giovane di Pavia, l' unica in Lombardia con una comunità per adolescenti con tossicodipendenza certificata. E i dati lo dimostrano. Secondo uno studio del Cnr sono 320 mila gli adolescenti che hanno assunto eroina almeno una volta nell' ultimo anno. In un decennio i giovani consumatori sono aumentati del 36% e l' età media del primo contatto con la sostanza si è abbassata da 18 a poco più di 14 anni.
I post-Millennials della «Generazione Z» non hanno conosciuto gli effetti devastanti dell' eroina negli Anni 70 e 80 e ora rischiano di perdersi. «Ho visto madri in lacrime accompagnare ragazzine a Rogoredo. Genitori disperati che non vedono i figli da giorni e vengono qui ad appendere foto e appelli sugli alberi. Sono mamma anch' io e mi piange il cuore». La voce di Roberta tradisce la sua fragilità. Ha 32 anni, una bambina di 12 affidata alla nonna, si droga da 7. «Vorrei uscirne.Vengo qui una volta al giorno, un paio d' ore, poi vado via».
Nel tempo ha visto cambiare la «popolazione» di Rogoredo: «Su 10 che entrano, 4 sono ragazzini. Arrivano con lo zaino di scuola, ascoltano musica, fumano la "roba" con la stagnola, in mezzo allo schifo, come nulla fosse». Trascorrono il tempo quasi come farebbero in un parco normale. Ma a Rogoredo niente lo è.
«C' è chi vende ogni cosa per "farsi". Rubano i vestiti a chi va in overdose. E le ragazzine si prostituiscono per 5 euro». Ne bastano 2 per una «punta» di eroina. «La droga è tagliata con ogni cosa: stricnina (veleno per topi), paracetamolo e altre schifezze». Si è salvato per miracolo Ivan, 31 anni, la faccia segnata da 14 di tossicodipendenza. Preferisce parlare lontano da Rogoredo. Come molti fantasmi del boschetto trascina la gamba destra: «mi sparavo la roba all' inguine. Sono finito in ospedale con una trombosi, mi hanno detto che rischiavo di perdere la gamba».
È una roulette russa, Rogoredo: 11 morti per overdose a Milano da inizio anno. «Il confine tra la vita e la morte è solo questione di fortuna. Sono i nostri figli, dobbiamo dargli una speranza. Non possiamo arrenderci all' idea che siano perduti. Non possiamo abbandonarli», ripete Simone Feder. Con i suoi collaboratori prova ad avvicinare i ragazzi attorno al parco della morte.
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«Questo dramma riguarda tutti noi. Non possiamo più voltarci dall' altra parte».