“RISOLVEVO PROBLEMI A PREFETTI E QUESTORI” - INTERROGATO PER OTTO ORE NELL’AULA BUNKER DI REBIBBIA, LUCA ODEVAINE AMMETTE OGNI RESPONSABILITÀ: “QUANDO SI RIVOLGEVANO A ME PER SAPERE QUALI STRUTTURE POTESSERO OSPITARE MIGRANTI, IO MI ATTIVAVO CON LE COOPERATIVE CHE CONOSCEVO”
Federica Angeli per la Repubblica - Roma
«Erano prefetti e funzionari del ministero degli Interni a rivolgersi a me per sapere quali strutture potessero ospitare migranti. Così io mi attivavo con le cooperative che conoscevo». È un uomo rassegnato al proprio destino Luca Odevaine, interrogato per otto ore nell’aula bunker di Rebibbia alla 170esima udienza del processo Mafia capitale. L’uomo di potere che arrivava ovunque e aveva contatti con tutti, il Mister Wolf che risolveva problemi del mondo di sotto e di quello di sopra, ha ammesso ogni responsabilità.
LUCA ODEVAINE DURANTE LE OPERAZIONI DI SGOMBERO DEL CAMPO ROM DI VIA TROILI A ROMA
La sua attività corruttiva la chiama «facilitare le cooperative » e le tangenti le definisce «ricompense ». Per il resto il quadro è piuttosto chiaro. «Ho percepito cinquemila euro al mese da Salvatore Buzzi da fine 2011 al 2014. Mi pagava ogni 5 del mese ed essendo stato arrestato il 2 dicembre, l’ultima volta che ho preso soldi è stato a novembre. Ho preso soldi anche dalla cooperativa La Cascina, prima 10, poi 20mila euro al mese».
Per anni Luca Odevaine è stato a libro paga della holding di Buzzi e Carminati, ma anche al soldo della cooperazione sociale cattolica, la Domus Caritatis poi diventata Cascina. In aula l’ex vicecapo di gabinetto del sindaco Veltroni ha spiegato che dal 2006 si è creato una rete di rapporti con prefetti, questori e dirigenti che poi, col tempo, hanno fatto carriera. Con loro ha sempre mantenuto rapporti ottimi tanto che per loro - da quando diventò componente del Tavolo di coordinamento sugli immigrati del Viminale (struttura creata nell’estate del 2014 ma informalmente esistente due anni prima) - era un punto di riferimento per la questione immigrati. «Venivo remunerato dal gruppo Buzzi per la mia attività di facilitatore.
salvatore buzzi con il quarto stato alle spalle
Semplificavo i suoi rapporti con la pubblica amministrazione. Svolgevo un funzione di raccordo tra le sue cooperative, il ministero degli Interni e i funzionari della Prefettura, un mondo con il quale le coop faticavano ad avere un dialogo costante.
Intervenivo sia per i ritardi nei pagamenti che per mettere a disposizione strutture a fronte di un impennata da 20mila a 130mila immigrati entrati in Italia. Non è vero però che orientavo i flussi degli immigrati, non avrei potuto farlo». Almeno formalmente, perché a lui i big del Viminale, stando alla testimonianza in aula si rivolgevano per «delocalizzare o sistemare migranti».
Poi il passaggio sulla giunta Alemanno. «Il neoeletto sindaco mi disse che per tutto il periodo della mia permanenza al Comune le due sue persone di assoluta fiducia erano Riccardo Mancini e l’onorevole Vincenzo Piso che era stato in carcere con lui, Buzzi e Carminati negli anni Ottanta. Poi iniziò le nomine per appartenenza politica: Raffaele Marra al Patrimonio, mentre per l’Ufficio Decoro nominò Mirko Giannotta, segretario del Msi di Acca Larentia e responsabile della tentata rapina nel maggio 2006 da Bulgari. Lui distrusse tutti gli archivi del materiale di pubblica sicurezza da me raccolto e decisi di lasciare Palazzo Senatorio».