
ROMA KAPUTT GIUBILEO: A CINQUE MESI DALL’EVENTO IL COMUNE È ANCORA SENZA UN PIANO PER ACCOGLIERE 5 MILIONI DI PELLEGRINI - E LA SANTA SEDE NON RIESCE A TROVARE INTERLOCUTORI NELLA GIUNTA DI MARINO
Gian Guido Vecchi per il “Corriere della Sera”
La preoccupazione c’è, per ora resta sottotraccia ma c’è. E cresce. «Non è che ci sia molto tempo, ormai», sospirano ai piani alti della Santa Sede. In effetti mancano meno di cinque mesi, con l’estate di mezzo: l’8 dicembre, nel cinquantesimo anniversario della conclusione del Concilio, comincerà il Giubileo della Misericordia indetto da Francesco fino al 20 novembre 2016.
Data di inizio non casuale, ovvio: fu l’8 dicembre 1965 che Paolo VI indicò il Buon Samaritano come «paradigma spirituale» delle Assise, segno dell’apertura della Chiesa al mondo. In armonia con il tema, dal Vaticano si evitano polemiche contro l’amministrazione comunale di Roma. Ma il problema esiste: nel marasma della giunta Marino, nulla ancora è stato fatto per preparare l’evento.
IGNAZIO MARINO E PAPA BERGOGLIO
Non che ci voglia nulla di straordinario, niente grandi opere né grandi appalti, il Vaticano lo ha messo in chiaro fin dall’inizio: «Il Giubileo della Misericordia non è e non vuole essere il Grande Giubileo dell’Anno 2000», scandiva l’arcivescovo Rino Fisichella, cui il Papa ha affidato l’organizzazione dell’evento.
Non a caso Francesco, nell’indire l’Anno santo, ha annunciato che non sarebbe stato celebrato solo a Roma ma ovunque: la terza domenica di Avvento, assieme alla Porta Santa a San Giovanni in Laterano, si aprirà una «Porta della Misericordia» in ogni diocesi del mondo. Quanto alle opere, le uniche che interessano al Papa sono quelle di carità, come spiegava mettendo in guardia i cristiani dal rischio di «legalismo», nella Bolla di indizione firmata l’11 aprile: «La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli.
Riscopriamo le opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. E non dimentichiamo le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti».
MONSIGNOR GIANFRANCO RAVASI jpeg
Chiarito questo, resta il fatto che «a Roma arriveranno comunque milioni di pellegrini», sospirano Oltretevere. Non è che si pensi a cattiva volontà. Al momento la situazione della giunta di Roma si spiega in modo tragicamente semplice: «Dobbiamo ancora capire bene con chi si deve parlare, chi è che si occupa di cosa...». Quanto all’accoglienza dei pellegrini, la Chiesa si sta organizzando, un ruolo importante lo avrà l’Opera romana pellegrinaggi. Ma il ruolo dell’amministrazione resta fondamentale.
Monsignor Fisichella, ad esempio, ha spiegato che «tutti i pellegrini avranno un percorso privilegiato per attraversare la Porta Santa», in modo da «consentire che l’evento sia vissuto in modo religioso, con sicurezza e al riparo dalle intemperie dell’abusivismo che ogni giorno sembra investire i milioni di persone che giungono nei luoghi sacri della cristianità».
Anche il cardinale Gianfranco Ravasi, premesso che «l’evento sarà anzitutto spirituale e religioso», spiegava: «Proprio perché è sempre stata il “capo” della cristianità, Roma deve manifestare la sua capacità di allargare le braccia tutte le volte che vede confluire popoli diversi e culture diverse. L’ospitalità deve essere propria della città». Tra l’altro, considerato che i pellegrini «non sono propriamente turisti», ha suggerito un progetto ad hoc «per fare visitare loro la città». In fondo non sarebbe molto complicato. Solo che manca poco tempo. E bisognerebbe poterne parlare con qualcuno.