Melania Rizzoli per Libero Quotidiano
Chi di voi non ha mai ingoiato un antidolorifico o un antibiotico senza guardare la data di scadenza stampata sulla confezione, per accorgersi in seguito che questa risaliva ad uno o sei mesi prima, se non addirittura ad un anno? Nessuno di voi ha però accusato effetti collaterali, gastrici, intestinali, dermatologici o periferici, e quella medicina ormai ingerita ha comunque fatto il suo effetto. Numerosi studi hanno infatti comprovato che il 90% dei medicinali, soprattutto in pillole o compresse, se correttamente conservati a temperature non troppo alte e lontano da fonti di luce diretta, funzionano per molti anni, smentendo di fatto gli allarmi diffusi dalle case farmaceutiche sul loro deterioramento e sull' inefficacia del principio attivo dopo un certo periodo dalla produzione.
È notizia di queste settimane che la comunità scientifica internazionale ha inviato un documento ufficiale alla Food and Drug Administration (FDA), l' autorità americana in materia di farmaci, nel quale si critica e si contesta la data di scadenza dei farmaci, chiedendo che essa venga almeno allungata, essendo stato accertato, dal punto di vista clinico e chimico, il prolungato effetto terapeutico della maggior parte dei medicinali che risultano scaduti. Le aziende farmaceutiche, infatti, di regola anticipano di circa tre mesi la data effettiva di scadenza impressa su ogni confezione, per assicurare la piena efficacia e sicurezza del farmaco, per garantire che la potenza del principio attivo si manterrà almeno fino a quella data, ed a protezione di tanti pazienti distratti che li assumono senza controllarla, oltre che per tutelarsi legalmente da eventuali contestazioni o danni.
LO SPRECO Ma ogni anno negli Stati Uniti vengono buttati nella spazzatura 60-70 miliardi di dollari in farmaci scaduti, che invece potrebbero essere ancora utilizzati a lungo, iniettati od ingeriti senza che essi abbiano perso minimamente la loro efficacia terapeutica e senza alcun rischio di danno fisico o di tossicità per chi li usa.
La Fda ha però mantenuto il punto fermo, consigliando di non assumere i medicinali scaduti, in quanto potrebbero essere indeboliti del loro effetto, che risulterebbe diminuito a danno della patologia che si intendeva curare. Dopo questa precisazione è aumentato però il coro di esperti Usa che non credono alla data di scadenza, e vari gruppi di medici, appartenenti alle più note associazioni, hanno confessato ai media di fare uso loro stessi di pillole che hanno passato di molto quella data, fornendo dati scientifici su come molti farmaci, in particolare analgesici, antiflogistici ed antistaminici addirittura degli anni '60, avrebbero dimostrato di essere ancora efficaci mezzo secolo dopo.
Le uniche eccezioni per le quali è assolutamente tassativo il rispetto della data di scadenza, sono quei farmaci a basso indice terapeutico, in cui anche piccole diminuzioni di attività farmacologica possono provocare pesanti ripercussioni sul paziente e sulla sua patologia e sono: gli anti-convulsivi, gli anti-coagulanti, la teofillina, la digitale, gli ormoni tiroidei ed i contraccettivi orali.
Sino ad oggi, solo nel caso di gravi carenze di medicinali cosiddetti salva-vita, la Fda ha autorizzato l' uso di farmaci scaduti, per esempio nel caso di un preparato anti-epilessia lo scorso anno, del Tamiflu antinfluenzale nel 2013 o di soluzioni saline endovenose ospedaliere. Inoltre uno studio effettuato sulle scorte di medicinali inutilizzate dall' esercito americano ha dimostrato che ben il 90% dei lotti di farmaci accumulati nei magazzini rimaneva in ottime condizioni in media dopo 66 mesi dopo la loro data di scadenza, in alcuni casi anche per 15 anni, e quelli su prescrizione mantenevano la loro potenza anche per 40 anni.
Un aspetto importante da considerare è che, solo per alcune tipologie di farmaci fluidi, l' apertura delle confezioni può non rendere più valida l' azione terapeutica, come nel caso di flaconi di collirio o di sciroppi, perché dopo 15-20 giorni dall' uso il prodotto è da ritenersi scaduto. Le compresse e le pillole invece sono molto più stabili rispetto alle soluzioni liquide od alle sospensioni, e in tutti i casi il buon senso può essere d' aiuto, perché una valutazione dell' aspetto, del colore, dell' odore e dei cambiamenti di consistenza, come compresse che si sbriciolano o pomate diventate secche, sono indicative di farmaci ormai inutilizzabili.
Tali fenomeni accadono soprattutto sulle confezioni conservate in bagno od in cucina, due ambienti che per caldo ed umidità non sono indicati per una corretta conservazione, mentre molti altri, come ad esempio l' insulina o i vaccini, vanno necessariamente custoditi in frigorifero a temperature tra i 2 e gli 8 gradi.
Le compagnie farmaceutiche, per motivi diversi da quelli strettamente legati alla sicurezza della salute, dichiarano tempi di efficacia relativamente brevi poiché immettendo sul mercato sempre più principi attivi nuovi e potenti, questi vanno a sostituire i vecchi farmaci in circolazione che "scadono" dal mercato in tempi relativamente brevi, ed anche perché per i padroni della chimica commercializzare farmaci con 10 anni di validità risulta appunto commercialmente sconveniente.
Il caso dell' aspirina è significativo, perché il suo periodo di validità ufficiale è di 2/3anni, ma test di 6 anni, effettuati dalle stesse compagnie, hanno dimostrato la perfetta conservazione delle proprietà farmacodinamiche dell' acido acetil-salicilico. Tale dissonanza include problematiche legate a modifiche delle confezioni, a programmi commerciali e a necessità di continui test di sicurezza imposti per legge.
REGOLE DIVERSE Alcuni Stati, inoltre, proibiscono l' uso compassionevole dei farmaci scaduti, mentre altri tollerano tali donazioni in situazioni di povertà. Fatta eccezione della sindrome di Falconi, successiva all' uso di preparazioni degradate di un antibiotico a base di tetracicline, nessuna reazione avversa, nessuna intossicazione e nessun effetto collaterale sono stati mai segnalati in seguito alla somministrazione di farmaci scaduti, perché la tossicità di un medicinale assunto oltre la data di scadenza è da considerarsi pressoché nulla.
Insomma, il farmaco che scade non invecchia, e quindi pensateci bene prima di buttare via una confezione di antibiotico, perché se una sera, proprio nel momento del bisogno in cui rovistate nell' armadietto dei medicinali scoprite che quella pillola o quello sciroppo di cui avete urgente bisogno è scaduto il mese scorso, niente panico o corse notturne in farmacia, perché si può chiudere un occhio ed assumere il farmaco senza correre rischi.