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SAVE NEW YORK - 30 NUOVI LUOGHI SIMBOLO DI NEW YORK SONO DIVENTATI “LANDMARK”, PIETRE MILIARI DELLA GRANDE MELA - IN UNA CITTA’ CHE HA POCHI SECOLI DI VITA E CAMBIA DI CONTINUO, I “LANDMARK” SONO L’UNICA SOLUZIONE PER SALVARE DALLE RUSPE E DAI PALAZZINARI PICCOLI E GRANDI PEZZI DI STORIA AMERICANA

Alberto Flores d’Arcais per “la Repubblica”

 

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(ERA IL 1938) la grande insegna al neon della Pepsi-Cola venne montata a Long Island City, l' area di Queens che si affaccia sull' East River, nessuno avrebbe immaginato che nel giro di un' ottantina d' anni quelle immense lettere luminose (alte 13,5 metri) sarebbero diventate un landmark, una "pietra miliare" nella storia della città che "non dorme mai".

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Dopo anni di discussioni (e polemiche tutte newyorchesi) la Landmarks Preservation Commission ha finalmente deciso: New York City avrà 30 nuovi landmark, divisi tra i cinque borough, 30 diversi punti di riferimento - per cittadini e turisti - per preservare l' immagine di una metropoli diventata quello che i suoi fondatori olandesi non avrebbero mai immaginato.

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La commissione (tre architetti, uno storico, un "city planner", un agente immobiliare e cinque rappresentanti dei borough) ha alla fine deciso una sofferta scelta tra 95 "candidati": 30 landmark dal nord al sud della Grande Mela, due nel Bronx, 12 a Manhattan (maggioranza relativa ed inevitabile), sei a Brooklyn, tre a Queens e ben sette a Staten Island, l' isola che per decine di milioni di turisti (e per molti newyorchesi) è quasi sconosciuta.

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Ci sono edifici che hanno fatto la storia dello shopping sulla Fifth Avenue (i grandi magazzini del lusso Bergdorf Goodman), della cultura afro-americana (l' Ymca di Harlem), c' è il Loew' s Theatre sulla 175esima strada con il suo stile "moro-rococo" (3444 posti a sedere, costruito nel 1930), ci sono le chiese di Santa Barbara e St.Augustine a Brooklyn, quelle di St.Joseph e St.Paul ad Harlem, l' Immacolata Concezione nel Bronx, ci sono edifici che richiamano alla mente l' aristocrazia della Big Apple (il Vanderbilt Mausoleum a Staten Island), ci sono le Alvar Aalto Rooms vicino le Nazioni Unite, c' è il faro di Staten Island e altre piccole gemme per molti sconosciute.

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Sul neon della Pepsi le discussioni (anche sui media) sono state accese. La leggenda narra che fu Joan Crawford che le fece montare (in modo strategico) di fronte alla River House, l' edificio (per super-ricchi) dall' altra parte del fiume il cui board aveva messo il veto per non farla diventare inquilina.

 

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A quel tempo il presidente di una delle più famose (e richieste) co-op di Manhattan era Robert Woodruff, ex presidente della Coca-Cola. La grande attrice, scornata per il rifiuto, aveva deciso di vendicarsi pesantemente: e grazie al suo potere (era la vedova del Ceo della Pepsi Alfred Steele e faceva ancora parte dell' ufficio dei direttori dell' azienda) aveva imposto nell' edificio di Long Island City (sede allora di una delle fabbriche della Pepsi) quelle immense luminarie sparate giorno e notte.

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Non sono mancate polemiche (anche perché questa volta non erano in lizza monumenti come l' Empire State Building o Grand Central Station) per i possibili landmark che la commissione (istituita dall' allora sindaco di New York Robert F. Wagner nell' aprile del 1965) ha nella decisione finale cassati.

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Come la Cunard Mansion, la strepitosa villa di metà ottocento che un magnate dei trasporti marittimi aveva fatto costruire a Staten Island per la figlia e che divenne in seguito (lo è tuttora) sede del Wagner College. Come il Douglaston Historic District, un tempo vero e proprio suburb per la ricca middle-class nel cuore di Queens.

 

O come la casa dove ha vissuto il presidente Chester Alan Arthur (123 Lexington Street) che fu il sito dove venne fatta (invece che a Washington) la cerimonia di insediamento dopo l' assassinio del presidente James A. Garfield.

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