Adelaide Pierucci per “il Messaggero”
L' associazione a delinquere «non sussiste». La truffa e la frode in pubbliche forniture ai danni di una ventina di Comuni «non sono mai esistite». Il traffico illecito di rifiuti derubricato in una contravvenzione «va considerato prescritto». Una sentenza inaspettata del Tribunale di Roma cancella il maxiprocesso al sistema monopolistico - e per l' accusa, illecito - del gruppo di Manlio Cerroni, l' ex ras dei rifiuti. Sbriciolati dieci anni di indagini: tutti assolti.
La lettura del dispositivo arriva nella tarda serata di ieri, dopo otto ore di camera di consiglio.
Cerroni si appoggia al difensore Alessandro Diddi e piange: lacrime di gioia, in realtà. «Non chiedevo un premio, ma il castigo no», si sfoga. Il sollievo si espande tra i coimputati, mentre una ventina di Comuni che si ritenevano danneggiati, la Regione Lazio, il ministero dell' Ambiente, le associazioni, si interrogano.
Assolti pure i collaboratori più stretti del Supremo, a partire dal fidatissimo e plurindagato Francesco Rando e, a seguire, Piero Giovi, l' ex presidente della Regione Lazio Bruno Landi, Giuseppe Sicignano, già supervisore delle attività operative svolte presso gli impianti di Cecchina.
Ed ancora Luca Fegatelli, ex dirigente dell' area rifiuti della Regione Lazio e Raniero De Filippis, all' epoca dei fatti responsabile del Dipartimento del territorio della Regione Lazio. Per l' ex patron di Malagrotta il pm Alberto Galanti a marzo aveva chiesto una condanna a 6 anni, uno in meno per Landi e per Rando, 4 anni per Sicignano, 2 per Fegatelli e De Filippis.
LA REQUISITORIA «Siamo in presenza di un sistema che sta con un piede e mezzo nel 416 bis, l' associazione di stampo mafioso - aveva detto il magistrato a conclusione della terza giornata di requisitoria - A Roma e nel Lazio c' è stata una gestione da anni 60 nel settore dello smaltimento dei rifiuti. Per anni si è buttato tutto in discarica senza effettuare alcun tipo di differenziata». Non solo. «Fino a due anni fa alla Regione Lazio non c' è mai stata una gara pubblica per affidare la gestione dei rifiuti. La parola gara non è mai comparsa in questo processo». Sostituita, secondo il pm, da «emergenza», «allo scopo di creare e autorizzare una situazione di monopolio assoluto nella gestione dei rifiuti in tutta la Regione Lazio».
DICHIARAZIONI SPONTANEE
Ieri prima che il giudice si ritirasse, Cerroni, novantenne e in forze, ha voluto fare dichiarazioni spontanee. «È sotto gli occhi di tutti che Roma è diventata una discarica a cielo aperto e l' Ama è prossima a una Caporetto - si è inalberato - Sono sconvolto e la mia mente e il mio spirito sono travagliati da cattivi pensieri di ribellione e di proteste clamorose per fare prendere coscienza ai più alti livelli del misfatto compiuto e dei tanti danni arrecati. Non solo a me. Ho cercato in tutti i modi di proporre alle autorità soluzioni al degrado per tenere Roma pulita».
Le motivazioni che hanno spinto il giudice Giuseppe Mezzofiore a decidere di emettere solo assoluzioni e prescrizioni si conosceranno a breve. E sono attese, soprattutto dalla procura.
Per Cerroni il processo chiuso a suo favore era stato il più difficile, perché lo aveva portato per mesi ai domiciliari, e poi alle misure interdittive antimafia che lo avevano estromesso dal mercato. Anche se non è l' unico giudizio, visto che ne ha tre ancora in corso. In Corte d' assise risponde del disastro ambientale permanente di Malagrotta, pagato intanto con un sequestro preventivo di 190 milioni e 656 euro, ossia il tesoro risparmiato per la mancata bonifica.
L' ultimo aperto riguarda, invece, una maxi evasione fiscale di 5milioni e 547mila euro. Per i magistrati un altro gruzzolo accantonato. È in corso anche il procedimento Cerroni bis che vede coimputati big dell' amministrazione e della politica che avrebbero avallato l' espansione delle sue società.
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