Filippo Femia per “la Stampa”
«C' è un brutto clima. Abbiamo paura che l' università chiuda». La 25enne torinese Giulia Priora è una dei 1440 studenti della Central-european university (Ceu) di Budapest. Il suo dottorato in Diritto internazionale potrebbe interrompersi bruscamente. Il motivo? Il governo Orban minaccia di chiudere l' ateneo fondato nel 1991 dal miliardario ungherese emigrato negli Usa George Soros.
Fidesz, il partito del premier, ha presentato martedì scorso una proposta di legge che cambierebbe radicalmente le regole per le università straniere in territorio magiaro.
Viktor Orban accusa la Ceu di «imbrogliare» perché non possiede un campus nel suo Paese d' origine (gli Usa) e perché rilascia diplomi riconosciuti sia in Ungheria che negli States. «Un vantaggio sleale che danneggia le nostre università», ha attaccato. Per questo la nuova legge vuole imporre, entro febbraio 2018, una sede universitaria nel Paese dove l' ateneo è registrato.
CENTRAL EUROPEAN UNIVERSITY DI BUDAPEST
E poi la Ceu dovrebbe ottenere il via libera da un accordo bilaterale tra Budapest e Washington. Ma l' ipotesi di un «semaforo verde» da parte di Trump è improbabile, sostengono gli analisti, che ricordano i precedenti di fuoco con Soros. Poco dopo l' elezione alla Casa Bianca, il filantropo miliardario ha definito Trump «truffatore e aspirante dittatore».
Per questo molti hanno letto il provvedimento del governo ungherese come un attacco personale contro Sorsos, nemico giurato di Orban. Si tratterebbe dell' ennesima battaglia nella guerra ideologica tra i due. È infatti difficile sottrarsi ai sospetti che sia una legge cucita ad hoc: fra i 28 atenei stranieri in territorio magiaro solo la Ceu non ha una sede nel suo Paese di origine. Sarebbe dunque l' unica costretta a chiudere. «È una legge che discrimina soltanto noi: prende di mira una sola istituzione», ha denunciato il rettore Michael Ignatieff, che ha chiesto al ministro dell' Istruzione Laszlo Palkovics di ritirare la norma.
Ma il governo tira dritto. E forse già domani il Parlamento, saldamente nelle mani di Orban, voterà il via libera. «È un chiaro attacco alla nostra libertà accademica», racconta Giulia Priora al telefono dal suo ufficio di dipartimento mentre alcuni studenti manifestano fuori dall' università. Volevano sfilare davanti al Parlamento, ma il rettore è riuscito a dissuaderli. «Al governo di Budapest - aggiunge la dottoranda - non piace la nostra ideologia del dialogo». L' opposto di quella «democrazia illiberale» sbandierata da Orban nella sua sfida all' Ue.
Lo scontro infinito con Soros si consuma anche su un altro piano. Il primo ministro - che (ironia del destino) ha studiato a Oxford nel 1989 grazie a una borsa di studio della fondazione del filantropo - ha più volte preso di mira le Ong finanziate da Soros.
Una sessantina di organizzazioni che combattono la corruzione e sostengono l'informazione indipendente.
Ma soprattutto forniscono assistenza legale a rifugiati e richiedenti asilo, bersaglio preferito di Orban e della sua crociata anti immigrazione. Il premier ha accusato più volte Soros di voler «invadere l' Europa con migranti musulmani» e finanziare organizzazioni che agiscono come «agenti stranieri nemici della nazione ungherese». A gennaio Szilard Nemeth, braccio destro di Orban, ha minacciato il miliardario: «Utilizzeremo ogni mezzo per spazzare via le sue organizzazioni».
La Central-european university - di ispirazione liberale e internazionalista - ospita 1440 studenti (335 magiari e il resto di 107 nazionalità differenti) e docenti provenienti da tutto il mondo. Ora tutti sperano che il governo ungherese faccia marcia indietro. Ma sono pronti a lottare. «A meno che non ci caccino, resteremo qui a Budapest», annuncia la 33enne Caterina Sganga, docente di Diritto comparato e proprietà intellettuale.