TE LA DO IO LA VAGINA! INDAGATI PER LESIONI VOLONTARIE IL PRIMARIO DI CHIRURGIA PLASTICA DELL’UMBERTO I, NICOLO’ SCUDERI, E IL COLLEGA LUCA ANDREA DESSY. QUATTRO TRANS LI ACCUSANO DI AVER “SPERIMENTATO” UNA TECNICA DI CAMBIO DEL SESSO SENZA AVVERTIRLE: INTERVENTI FALLITI
Giuseppe Scarpa per “la Repubblica - Roma”
Quattro interventi per cambiar sesso falliti. Nessun consenso informato presentato alle pazienti relativo al carattere sperimentale del tipo di operazione. E infine la pubblicazione, a gennaio del 2014, su una rivista scientifica degli stessi interventi, presentati con enfasi “come una nuova tecnica operatoria”.
Questo in sintesi il contenuto della denuncia a cui ha fatto seguito l’inchiesta della procura di Roma. Ieri il sostituto procuratore Maria Gabriella Fazi ha chiuso le indagini, atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, per concorso in lesioni aggravate. Il pm accusa due medici, si tratta del primario di chirurgia plastica dell’Umberto I, Nicolò Scuderi e del collega Luca Andrea Dessy.
Si sono sentite prese in giro le quattro trans che per loro stessa ammissione si sono poi ritrovate in “una sorta di limbo” poiché, dopo l’intervento, non avevano un organo sessuale definito. Le pazienti si erano sottoposte all’operazione, da uomo a donna, tra il 2011 e il 2013.
Un reato non comune da accostare all’operato dei camici bianchi se si considera che nella stragrande maggioranza dei casi l’ipotesi della lesione in capo ai medici è di solito colposa, per negligenza o superficialità. La procura, nello specifico, li accusa di dolo eventuale. In pratica l’intervento era sperimentale, e perciò gli stessi chirurghi avrebbero accettato l’ipotesi che l’operazione potesse andare male.
Opzione, però, che non è stata rappresentata alle pazienti che non erano state messe a conoscenza del carattere innovativo dell’intervento, con tutti i rischi che questo poteva comportare. «Non sapevamo di essere diventate delle cavie» avevano argomentato le stesse pazienti quando hanno depositato la denuncia a febbraio del 2014.
Non sapevano infatti, ritengono le trans, di essere state tra le prime a doversi sottoporre ad una nuova tecnica «che prevede per ricostruire la neovagina - si legge nella querela presentata dai loro legali, gli avvocati Giorgio De Arcangelis, Alessandro Gracis e Gaetano Grieco - l’utilizzo del tessuto prelevato dalla bocca». Intervento che si rivelerà, alla fine, totalmente fallimentare, almeno per queste pazienti.
A conferma del carattere innovativo dell’intervento, emerge in denuncia, vi è anche la pubblicazione di un articolo, sulla rivista Plastic and Reconstructive Surgery del gennaio 2014, dove gli stessi medici dell’equipe dell’Umberto I, che hanno operato le pazienti, scrivono della nuova tecnica operatoria adottata: «In tale articolo, pubblicato in inglese, si legge che i medici dell’Umberto I emerge nella memoria presentata dagli avvocati - enfatizzavano l’ideato intervento sperimentale».
Le trans scioccate dopo l’esito infausto dell’operazione si sono dovute rivolgere ad altri centri specializzati. Una trafila che ha comportato un esborso non indifferente, una di loro è perfino andata in una clinica in Asia per rimediare al disastro compiuto dai medici romani. Ma oltre ai sacrifici economici le pazienti hanno passato mesi a combattere con forti dolori fisici.