terrorista sousse

TERRORE GLOBALE – SEIFEDDINE REZGUI, IL KILLER DEL MASSACRO DI SOUSSE, ERA UN RAGAZZO TUTTO CASA, STUDIO E MOSCHEA – SU FACEBOOK, A CAPODANNO, AVEVA SCRITTO: “SE LA JIHAD È UN CRIMINE, ALLORA IO SONO UN CRIMINALE”

Paolo Brera per “la Repubblica

 

«Passa lì dove sono ora i tuoi piedi, mi vede seduto con il bicchiere di birra in mano e fa: ehi, Salah Corbaje, perché non metti giù il bicchiere e vieni a pregare con noi? E io subito: ehi, Seifeddine Rezgui, perché non lasci stare le preghiere e vieni a farti un paio di birre con me?». L’ultima cosa che Salah si ricorda di quel diavolo con la faccia da ragazzo qualunque che ha massacrato 39 persone sulla spiaggia di Susa è un insulto: «Se l’è presa male. Come ti permetti di parlarmi in questo modo?, mi ha risposto. Che tipo: non l’ho mai visto sorridere».

ATTENTATO A SOUSSEATTENTATO A SOUSSE

 

Ecco, bisognava attendere la sua foto da jihadista felice, quella tra i due kalashnikov come nelle consuete rivendicazioni islamiste, per vedergli splendere i denti bianchi, per una volta felice di essere sul punto di morire portandosi dietro così tante anime occidentali.

 

Nella medina della città santa di Kairouan, 190mila abitanti a 60 chilometri di stoppie e fichi d’India da Susa, nell’interno della Tunisia rurale, il giovane Seifeddine ha trascorso gli ultimi anni all’università frequentando un corso di ingegneria e temprando la sua indole islamista. È qui che l’adolescente appassionato di musica rap, il giovane tifoso del Real Madrid è diventato il feroce assassino venuto dal mare.

 

«Abitava qui, dietro questa porta di inferriate bianche. Un tipo molto silenzioso, troppo serio, con pochi amici o forse nessuno», dice Dancoco, 29enne guida turistica e venditore di tappeti con l’incubo della fame alle calcagna: «E’ finita, con questo massacro non lavorerò più».

ATTENTATO A SOUSSE ATTENTATO A SOUSSE

 

La casa nel vicolo è un appartamento per studenti, il proprietario affitta e dà le chiavi: un tanto al mese, addio e alla prossima. «Seifeddine negli ultimi tempi viveva qui con due ragazzi di Kasserine, uno di Chrarda e uno di Bou Hajla», dice un vicino di casa. Altri giovani provenienti come lui dalla Tunisia interna, povera e rurale: Seifeddine era di Gaafour, sulle pendici delle montagne di Silana dove l’Islam diventa duro e radicale, e dove la contraddizione tra una vita povera ma proba e la corruzione che alligna nella costa ricca e bon vivant diventa stridente:

 

è da questo entroterra che è nata la rivoluzione dei Gelsomini, quando il suicidio nel fuoco del giovane Mohammed Bouazizi aprì una breccia che fece cadere i governi come birilli nel bowling dalle Primavere arabe. Ma quella contraddizione che continua a esistere esattamente come prima sta generando ora un altro tipo di scintilla, niente più boccioli di democrazia ma una furia radicale islamista che spedisce ondate di giovani tunisini a combattere in Libia e in Siria.

ATTENTATO A SOUSSE    ATTENTATO A SOUSSE

 

Non c’è paese islamico più secolare e libertario, e non c’è peggior fucina di jihadisti, almeno in termini percentuali Prima che gli inquirenti tunisini la spegnessero, la pagina Facebook di Seifeddine era un manuale di ingenua follia islamista. «Gli eroi sono nelle tombe, i veri uomini in prigione e i traditori nei palazzi», scriveva l’anno scorso con uno slogan tanto ingenuo quanto preoccupante. Eppure, per la polizia continuava a non esistere: mai stato all’estero a formarsi o a combattere, mai commesso crimini.

 

La cura salafita a Kairouan sta facendo effetto: per anni aveva riempito la sua pagina di sciocchezze divertenti da ragazzini, di amore per la musica rap e per il Real Madrid, e ora eccolo qui a studiare da diavolo sterminatore. “Abu Ya- hya al Kairouani” si farà chiamare col suo nome da combattimento quando la metamorfosi sarà completa. Il nome con cui l’Is lo ha lodato nella rivendicazione dell’attacco.

STRAGE TUNISIASTRAGE TUNISIA

 

A Kairouan, l’antica città santa sul confine del deserto del Sahara, Seifeddine era tutto casa e moschea: usciva poco, parlava meno. Nel vicolo della medina Seifeddine aveva tutto. I compagni di studi e anche una moschea sufficientemente piccola e defilata da essere un buon terreno per germinare estremismi. «A volte uscivo la sera a fare la spesa, e quando tornavo il vicolo era pieno di motorini dei salafiti con le loro lunghe barbe», ricorda Salah.

 

«L’ho visto lì in moschea due o tre mesi fa – dice Hedi Feidi, orgoglioso della sua famiglia che abita una casa nel vicolo “ininterrottamente dal 1350” – l’ho salutato e gli ho chiesto come andasse. Mi ha detto che stava bene e che aveva finito la scuola: “Ora me ne torno dai miei a Gaafour”, ha detto». Nel suo periodo di studi a Kairouan ha abitato anche in un’altra casa, più vicino alla facoltà dove studiava. E la moschea del vicolo non è l’unica che ha frequentato, anche se è qui che ultimamente «si fermava spesso insieme ad altre sei o sette persone alla fine della preghiera: restavano qui dentro a parlare », dice un altro vicino.

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Certo frequentava anche la Grande Moschea: «Ogni tanto, quando passava di qui per andarci, si fermava a dare due calci al pallone con noi», dice il 35enne Abdel Kader, amico del suo proprietario di casa. «Era anche bravo, ma faceva due passaggi e stop: salutava, e via nella Grande Moschea».

 

STRAGE TUNISIASTRAGE TUNISIA

L’epitaffio al suo nerbo islamista lo verga sei mesi fa: «Mio Dio sollevami da questo mondo ingiusto, fai che queste genti soffrano e muoiano, perché solo quando moriranno si ricorderanno di te», scrive il 25 dicembre 2014 sul suo presunto sito Facebook, che alcuni hanno scovato e salvato prima che fosse cancellato. E a Capodanno l’ultima perla: «Se la Jihad è un crimine, allora io sono un criminale».

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