Giuliano Foschini per “la Repubblica”
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Ho visto il fumo e mi sono buttato in mare. Mi hanno tirato sulla scialuppa e ho chiuso gli occhi, fin quando non ho sentito le prime voci. Ho pensato: sarebbe stato meglio morire sotto le ruote di quel camion che mi doveva portare in Italia, invece che finire qui, in mezzo a questo inferno».
Partiamo da qui. Ramazan Mohammadi, 25 anni, afgano, profugo e clandestino, naufrago della Norman Atlantic. Il suo nome non risulta in alcuna lista dei passeggeri. Eppure era su quel traghetto, come i suoi amici Aziz e Ibrahim, che ora sono qui con lui nella saletta d’attesa della Capitaneria di porto di Bari. Viaggiavano abusivamente, ecco perché i loro nomi non sono nella lista passeggeri. Non è un buona cosa: se aumentano i passeggeri reali, aumenta anche il numero delle vittime. Per tre vivi qui, ce ne sono altri tre morti in fondo al mare.
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È spietata la matematica della tragedia. E c’è voluto poco per capire che la storia della Norman Altantic andasse in quella direzione: non si contano più i sopravvissuti ma i morti. Quanti quelli del naufragio? Uno, si diceva ieri a inizio giornata. Alle 22 erano però già diventati dieci a cui bisognava aggiungere un numero imprecisato di dispersi, 39 secondo i greci, meno ma chissà quanti rispondono gli italiani. I conti sono difficili da fare e già per questo si capisce che c’è qualcosa che non va in questa storia e che le procure di Bari, Lecce e Brindisi, avranno molto da fare.
I PASSEGGERI
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La prima domanda è questa: in quanti viaggiavano sulla Norman Atlantic? Secondo Anek Lines i passeggeri partiti da Patrasso erano 478. Dicono le autorità italiane però che a Igoumenitsa potrebbero esserne scesi in venti, diventando così 458. Ma questo, a una prima visione degli atti, sembrerebbe non essere poi così chiaro. Perché le persone salvate sono 427. I cadaveri recuperati dieci e non tutti erano passeggeri “legali”. All’appello ne mancano dunque un numero che va da 19 a 39, a seconda se la storia la si legga con i numeri italiani o greci. E la tragedia potrebbe trasformarsi in strage, con i numeri dei clandestini a moltiplicarsi. «Alcuni passeggeri potrebbero non essere partiti», ha provato a spiegare il ministro Maurizio Lupi. «È troppo presto per fare una stima».
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MIGRANTI E ILLEGALI
Gli investigatori non sono affatto ottimisti, però. Il perché è nelle storie di Ramazam, Aziz e Ibrahim. A bordo della Norman viagla giavano da clandestini. È un fatto. Questi tre ragazzi sono afgani e probabilmente non erano i soli a bordo. Lo hanno raccontato alcuni camionisti greci agli inquirenti e anche loro hanno fatto mezze ammissioni in questo senso. «Là sotto ce ne sono molti altri» hanno detto. Se è vero, sono bruciati vivi.
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Ramazam è partito da casa, passato dalla Turchia e poi salito a Patrasso. «Ho pagato il camionista perché mi portasse in Italia». Si è nascosto prima in un’intercapedine del cassone, per saltare i controlli alla frontiera. Era pronto ad agganciarsi sotto il veicolo quando sarebbero sbarcati ad Ancona. Per fuggire via, correndo il più veloce possibile. Tutto per arrivare in Italia. «Siamo stati svegliati prima da uno scoppio e poi dal fumo. Abbiamo raggiunto un ponte e ci siamo buttati in mare». Le prime scialuppe erano già in acqua, è stato un ragazzo albanese ora ricoverato all’ospedale di Bari a issarli sulla scialuppa in attesa dei soccorsi. «Dietro di noi c’era la nave che bruciava, davanti sono arrivati i primi pescherecci che ci hanno tirato su a bordo. Poi siamo arrivati qua».
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I CADAVERI
Diventa difficilissimo fare un conto di quante sono esattamente le vittime di questo naufragio proprio per questo motivo. Dieci i cadaveri recuperati. Due già a Brindisi, in attesa di autopsia: un greco e una turca. Ma quanti erano i clandestini a bordo? «Viste anche le dichiarazioni di alcuni dei passeggeri, la tratta particolare e la coincidenza con le feste, periodo nei quali cresce il numero dei passeggeri e quindi è più facile farla franca ai controlli, non escludiamo che ce ne possano essere anche altri», spiegano dalla Polizia di frontiera.
Non servono numeri per vedere che agghiacciante giano bifronte è la Norman, un po’ Concordia, e cioè traghetto di vacanzieri, e un po’ carretta del mare, e cioè mezzo di trasporto di disperati. Tra il disastro del Giglio e la strage di Lampedusa. Da qualsiasi parte la si guardi è una nave cimitero.
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Ha gli occhi ancora lucidi uno dei soccorritori che ha parlato con Aziz, il ragazzino che ha raccontato di essere minorenne. «Se davvero ce ne erano altri lì sotto, sono bruciati vivi. No, così non è possibile. Davvero così non è possibile».
LE LISTE
«In questo momento l’identificazione delle vittime è la nostra priorità» spiegano Guardia Costiera e Marina Militare, mentre provano a far quadrare i conti della lista passeggeri. Ogni linea che si riesce a tratteggiare è un sospiro di sollievo. Ogni casella che rimane vuota, un disastro. «Non ci sono più possibilità di trovare persone vive, è passato troppo tempo. Bisogna capire però quante persone effettivamente erano a bordo. E quante invece erano il mare».
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Ora infatti che il gigante è agganciato — nella serata di ieri lo ha preso un rimorchiatore albanese per evitare che continuasse a scorracciare — e il mare ha dato un po’ di pace, non c’è più da guardare in alto. Bisogna soltanto cercare in basso. «Cavolo... Cavolo... Due cadaveri a vista», sussurravano in radio i soccorritori quando hanno avvisato gli ennesimi due corpi alla deriva. «I ricordi sono confusi ma è possibile che nella prima fase di soccorsi, quando l’incendio era appena arrivato e le motonavi italiane non erano ancora arrivate, ci sia stato qualche problema».
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Tutti i testimoni raccontano di grande confusione nelle prime fasi del soccorso. Di un allarme arrivato in ritardo, quando ormai le fiamme avevano avvolto la nave e reso incandescente tutto quello che si poteva. Hanno raccontato di botte e spinte, di persone calpestate e di altre finite a mare. Per dire: che fine ha fatto padre Ilia? Aveva meno di 30 anni, era georgiano, in viaggio con un gruppo di amici e fedeli proprio in direzione di Bari. Per la prima volta avrebbe dovuto visitare la cripta di San Nicola, un Santo partito qualche secolo fa dalla Turchia per Bari, anche lui scuro di pelle come Ramazam, anche lui, a suo modo, un clandestino.