Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”
La Corte costituzionale si «blinda» e respinge all' unanimità le dimissioni del giudice Nicolò Zanon, indagato per peculato d' uso. Dopo aver ascoltato la sua memoria il plenum «prende atto dell' intendimento del giudice Zanon di sospendere, in questa fase, la sua partecipazione ai lavori del collegio».
È una decisione che appare clamorosa e non mancherà di suscitare polemiche anche perché il giudice continuerà a percepire lo stipendio, manterrà i benefit e potrà scrivere le sentenze di cui si stava già occupando. L'indagine avviata perché Zanon aveva ceduto l'uso dell'auto con autista alla moglie Marilisa D' Amico - che ne usufruiva per andare a fare shopping e farsi accompagnare in vacanza - non viene evidentemente ritenuta sufficiente per accettare il «passo indietro» che lo stesso Zanon aveva comunicato due giorni fa, quando la notizia dell' inchiesta a suo carico era diventata pubblica.
E adesso si attende l' esito degli accertamenti dei magistrati romani guidati dall' aggiunto Paolo Ielo. L' avviso di conclusione dell' indagine che precede la richiesta di giudizio potrebbe essere notificato entro un paio di settimane.
La segnalazione alla Procura era partita dalla stessa Consulta. Dopo aver scoperto alcune irregolarità commesse dal carabiniere che svolgeva mansioni di autista per Zanon, il vertice aveva deciso di trasmettere ai pubblici ministeri la sua relazione di servizio.
Proprio in quell' appunto erano ricostruiti gli spostamenti effettuati con l' autovettura di servizio e soprattutto il fatto che la dottoressa D' Amico - docente di diritto costituzionale, ex consigliere comunale del Pd a Milano e presidente nel capoluogo lombardo dei comitati per il Sì al referendum promosso da Matteo Renzi - comunicava direttamente con l'autista, spesso convocandolo via sms.
«L'auto era in uso esclusivo a me e quindi ne potevo disporre senza limitazioni», si è difeso il giudice di fronte ai magistrati quando una settimana fa è stato convocato per l'interrogatorio. Nulla è stato chiesto alla dottoressa D'Amico che però si sarebbe sfogata con gli amici parlando di «una montatura, perché non c' è stato alcun abuso». In realtà nelle contestazioni al marito si è parlato esplicitamente di spostamenti effettuati quando lui era fuori Roma e dunque per motivi personali della signora che nulla avevano a che fare con i compiti del giudice alla Corte costituzionale.
Una situazione ben nota al collegio che però ha preferito prendere tempo. Nella nota diramata al termine della seduta di ieri si spiega di voler attendere «che la magistratura concluda l' indagine, il giudice Zanon ha voluto informare la Corte sui fatti addebitatigli e spiegare le motivazioni che lo hanno indotto a presentare le sue dimissioni dall' incarico, pur nella convinzione dell' insussistenza del reato».
Ma soprattutto si sottolinea che «fermo restando il pieno rispetto e la massima fiducia per il lavoro della magistratura, la Corte costituzionale conferma pieno rispetto e massima fiducia anche nei confronti del giudice Zanon. Perciò, pur comprendendo e apprezzando la sensibilità istituzionale dimostrata dal giudice Zanon con le sue dimissioni - motivate con un forte richiamo al rispetto dell' etica pubblica e della funzione ricoperta - ritiene di non accoglierle».
In realtà Zanon non sarebbe l'unico giudice a utilizzare in questo modo la vettura di servizio. Altri suoi colleghi consentirebbero ai familiari di essere accompagnati dall' autista e dunque di poter utilizzare la macchina come fosse di proprietà. E forse proprio questo ha giocato sulla volontà di difendere il collega.