GLI ULTIMI REPERTI DI POMPEI - UNA TURISTA CANADESE RESTITUISCE UN OGGETTO DI TERRACOTTA RUBATO 50 ANNI FA E SCOPPIA IN LACRIME: “MI SONO LIBERATA DI UN PESO INSOPPORTABILE. ORA POSSO DORMIRE TRANQUILLA”
Antonio E. Piedimonte per “la Stampa”
«Ecco, finalmente, ora posso dormire tranquilla, mi sono liberata da un peso che con l’età era divenuto sempre più insopportabile per la mia coscienza, grazie a tutti». Un sorriso, la stretta di mano ai carabinieri, poi le lacrime che solcano il viso di questa settantunenne che ha attraversato mezzo mondo per mettersi il cuore in pace e restituire a Pompei quel che è di Pompei.
La singolare vicenda ha inizio cinquanta anni fa, nel giugno del 1964, quando Lisa - canadese di origini partenopee - era una fanciulla al colmo della felicità: si era appena sposata e si trovava nel pieno della luna di miele.
I due sposini - come ha ricordato la signora (oggi vedova) - decidono di trascorrere una giornata tra le meraviglie archeologiche della città sepolta dalla lava del Vesuvio. Forse la suggestione del momento, forse il fascino dell’arte antica, forse il desiderio di conservare un segno tangibile di quell’attimo, di fatto la ragazza s’infila nella borsa un piccolo reperto, esattamente un’antefissa (un elemento di decorazione della fine del I secolo che ornava la copertura del cosiddetto Quadriportico dei Teatri) e se lo porta in Canada.
A mezzo secolo esatto di distanza da quel furto romantico, ieri mattina la mascherina in terracotta è stata ufficialmente riconsegnata alla Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia dai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Napoli, nelle cui mani era stata messa venerdì scorso, durante un commovente incontro.
Tutto aveva avuto inizio con una mail inviata alcune settimane fa dalla signora Lisa, nella quale si autodenunciava e chiedeva alla Soprintendenza come fare per poter restituire l’oggetto. I funzionari hanno allertato l’ufficio del capitano Elefante, che a sua volta ha avviato le indagini - coordinate dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata - che hanno permesso di verificare l’autenticità del racconto.
Poi, dopo aver trovato il modo per farla viaggiare con il manufatto, con una sorta di salvacondotto internazionale - altrimenti sarebbe stata intercettata alle dogane e il reperto sequestrato - sono state definite le modalità della consegna.
A quel punto l’arzilla italo-canadese, che ha sempre vissuto all’estero, è partita da Montreal con la maschera di terracotta in borsa e dopo un lungo viaggio è sbarcata a Capodichino, per poi raggiungere la sede del Nucleo di tutela del patrimonio – un’equipe di eccellenza tra le più attive in Europa - sul maniero sulla collina del Vomero.
«E’ stato davvero un bel momento», ha ricordato ieri il capitano Elefante, che da anni dirige la squadra che negli ultimi anni ha salvato migliaia di tesori artistici e archeologici.
C’è stato qualche altro episodio simile? «Non esattamente in questi termini, però, ad esempio, poco prima dell’estate un anonimo aveva restituito un pezzetto di affresco mettendolo in un plico e inviandolo per posta alla Soprintendenza. Merito anche della rinnovata visibilità mediatica data agli scavi di Pompei».