Lorenzo Bertocchi per “la Verità”
Dopo le dimissioni di don Dario Edoardo Viganò da prefetto della Segreteria della comunicazione, in Vaticano ci sono due partiti: uno ritiene che queste dimissioni siano fasulle, in quanto il ruolo di assessore che il Papa gli ha cucito addosso nello stesso dicastero appare un modo per lasciarlo in sella; l' altro partito, invece, pensa che bisogna comunque attendere la nomina del successore per capire davvero come stanno le cose.
Di certo il Papa non ha voluto scaricare completamente il suo fidatissimo don Viganò, nonostante la palese figuraccia rimediata con la faccenda della lettera di Benedetto XVI.
Rileggendo le due lettere diffuse dalla Sala stampa in occasione delle dimissioni di Viganò, una a firma dell'ex prefetto e l'altra di accettazione da parte del Papa, ciò che manca è un qualche riferimento al pasticcio comunicativo combinato dall' ex prefetto nella diffusione della lettera del Papa emerito.
flavio briatore monsignore dario vigano (2)
Viganò parla di «polemiche» che lo hanno coinvolto, mentre Francesco non fa alcuna menzione dei fatti che, invece, assomigliano in tutto e per tutto ad una fake news spacciata per notizia. Il tentativo goffo di utilizzare Benedetto XVI per dare la benedizione a una teologia di Francesco è una ferita aperta e sanguinante del pontificato in corso, che tra l'altro apre un ulteriore fossato mediatico tra i due papi.
Se ambienti vicini al Papa emerito hanno chiesto conto del comportamento di Viganò in Segreteria di Stato, sbloccando una situazione oggettivamente insostenibile, bisogna dire che le dimissioni dell'ex prefetto sono maturate perché erano troppi i suoi detrattori, anche tra gli amici vicinissimi a Bergoglio.
La figura chiave della maxi riforma dei media vaticani ha toccato molti nervi scoperti da quando nel giugno 2015 è diventato il dominus delle comunicazioni del Papa, l' ultimo è accennato nella lettera del Pontefice diffusa ieri, ossia «l'imminente fusione» dell'Osservatore romano all'interno dell' unico sistema comunicativo. Un sito web semiufficioso del Vaticano come Il Sismografo, diretto da Luis Badilla, ha scritto chiaramente che questa è una riforma «che fino ad oggi somiglia più ad un fallimento che a un successo».
Ecco perché quando la pressione intorno a Viganò è cominciata a salire sono stati davvero pochi quelli pronti a difenderlo, molti si sono prontamente smarcati. Ad esempio il portale Web della, Stampa, Vatican Insider, che già in occasione del quinquennio del pontificato ha scritto: «Bisogna riconoscere che l' autoreferenzialità non fa difetto neppure a taluni "interpreti" di Bergoglio» e che «ci si può forse augurare un po' meno attenzione verso il Papa personaggio mediatico».
Ma la faglia che ha sconquassato il Vaticano con il «lettera gate» è molto profonda. La terza parte della famosa lettera di papa Ratzinger è una solenne bocciatura di un teologo, Peter Hunermann, da tempo impegnato a contrastare il magistero di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, soprattutto in materia morale. E questo teologo è stato chiamato dalla Libreria editrice vaticana a spiegare in un volumetto la teologia di Francesco, alla faccia della continuità che il Papa emerito avrebbe dovuto benedire e che non a caso viene definita dallo stesso Ratzinger come «continuità interiore».
BERGOGLIO RATZINGER - PASTICCIO LETTERE
A questo proposito lo storico Alberto Melloni su Repubblica ha avuto il coraggio di spiegare che in fondo Viganò con le sue scelte «ha protetto Benedetto XVI dalle conseguenze di un gesto che poteva appannare il modo impeccabile di fare il Papa emerito dello stesso Ratzinger», che evidentemente per non disturbare dovrebbe starsene buono e zitto.
Uno dei nomi che circolano per il nuovo prefetto della super Segreteria della comunicazione è quello del sacerdote irlandese Paul Tighe, attualmente segretario del Pontificio consiglio della cultura, ma chiamato in Vaticano da papa Benedetto XVI nel 2007 per ricoprire il ruolo di segretario dell' allora Pontificio consiglio per le comunicazioni sociali.
Lui è stato uno dei responsabili dell' apertura ai social network della Santa sede e ha anche preso parte nella preparazione della riforma dei media vaticani. È stato ordinato vescovo nel 2016 in un contesto in cui il primo celebrante era il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, così Tighe potrebbe occupare un ruolo di contrappeso alla presenza di Viganò che comunque resta nei paraggi. Ma i giochi sono ancora aperti.
2 - IL FEROCE FUSTIGATORE DI FAKE NEWS
Carlo Tarallo per “la Verità”
Alla fine papa Francesco lo ha salvato nominandolo assessore, come capita ai politicanti dei piccoli Comuni che finiscono nei pasticci ma che non possono sopravvivere senza una poltrona. Monsignor Dario Edoardo Viganò, l'uomo che da prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede ha taroccato una lettera del papa emerito Benedetto XVI, è innanzitutto un monumentale ipocrita.
Viganò ha fabbricato e diffuso a tutti i media del mondo una delle più gravi fake news della storia del Vaticano; proprio lui, che appena due mesi fa, lo scorso 24 gennaio, intervistato da Vatican News sul messaggio di papa Francesco in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, tuonava: «Si fa fatica a riconoscere le fake news perché hanno una fisionomia mimetica, è la dinamica del male che si presenta sempre come un bene facilmente raggiungibile».
IL RICORSO A PHOTOSHOP
«L' efficacia drammatica di questo genere di contenuti», aggiungeva, preoccupato e severo, Viganò, «sta proprio nel mascherare la propria falsità, nel sembrare plausibili per alcuni, agendo su competenze, attese, pregiudizi radicati all' interno di gruppi sociali più o meno ampi».
Parole che farebbero ridere, se non ci fosse da piangere, poiché pronunciate da chi, ricoprendo un ruolo di altissima responsabilità, non ha esitato a lavorare di photoshop per offuscare la lettera che Benedetto XVI aveva scritto commentando la collana sulla teologia di papa Francesco, cancellandone i passaggi a lui meno graditi e stravolgendone completamente il senso con la leggerezza di spirito di chi fa sparire un cuscinetto di cellulite dalla foto di una showgirl.
«SERVE SPIRITO CRITICO»
Lo stesso Viganò che lo scorso 24 settembre, intervistato da Avvenire, invocava un «codice etico contro le fake news», e già mostrava di essere un esperto del settore: «Le fake news», profetizzava Viganò, forse già pregustando il supertarocco che avrebbe confezionato pochi mesi dopo, «diventeranno sempre più sofisticate e ambigue e riguarderanno sempre più fortemente foto e video. Serve maggiore spirito critico evitando di cliccare e di condividere contenuti letti velocemente sul telefonino».
«CONTA IL VEROSIMILE»
«Occorre verificare», suggeriva Viganò, «le date e le testimonianze; prestare attenzione ai titoli a effetto; alle foto insolite; all' impaginazione; ai refusi: spesso sono proprio questi i segnali delle notizie fasulle».
I consigli generosamente elargiti ai giornalisti da Viganò sono stati preziosi, per sua somma sfortuna, e lui si è ritrovato ad essere sbugiardato urbi et orbi. «Le fake news», sottolineava Viganò, «sono uno degli elementi che avvelenano le relazioni. Sono notizie dal sapore veritiero, ma di fatto infondate, parziali, quando non addirittura false. Nelle fake news il problema non è la non veridicità, che è molto evidente, ma la verosimiglianza». Viganò fa rima con Totò, e non è un caso: è prontissimo per partecipare al remake di La banda degli onesti, ovviamente nel ruolo di falsario. Titolo del film: Viganò, Peppino e la lettera del Papa.