Davide Frattini per il "Corriere della Sera"
Le urla al telefono alle 3 del mattino perché il latte comperato era quello in busta di plastica e non nel cartone, l’ordine alle donne delle pulizie di fare la doccia e cambiarsi d’abito prima di salire al secondo piano (padronale o in questo caso ministeriale), i commenti razzisti: «Avete ordinato troppo cibo, noi non siamo come voi marocchini che mangiate, mangiate, mangiate. Così ci fate ingrassare e veniamo male nelle foto ufficiali all’estero».
Da anni Sara Netanyahu è inseguita («perseguitata» dice il marito Benjamin) dalle cause di ex dipendenti che hanno lavorato alla residenza del primo ministro israeliano. Meni Naftali ha gestito il palazzo ufficiale a Gerusalemme tra il 2011 e il 2012 con il ruolo di super assistente: doveva rispondere a tutte le esigenze della coppia, dalle scorte nel frigorifero alle richieste degli ospiti internazionali.
Dopo essersi licenziato, ha assunto un avvocato e chiede il risarcimento di un milione di shekel (quasi 240 mila euro) ai Netanyahu e allo Stato perché sostiene di aver subito angherie e abusi.
Dalle carte presentate in tribunale viene fuori quello che gli israeliani hanno soprannominato «bakbuk-gate» (bottiglia-gate) e che rischia di inguaiare politicamente il primo ministro. La First lady esigeva — rivela il quotidiano Haaretz — che gli assistenti riportassero i vuoti delle bottiglie al supermercato e le consegnassero i 10 centesimi del deposito per ognuna.
Binyamin and Sara Netanyahu iIsraeli-prime-minister
Il problema è che quelle bevande erano state acquistate con il budget a disposizione del premier per l’incarico, in sostanza con i soldi dei contribuenti israeliani che fra un mese e mezzo devono andare a votare e decidere se Netanyahu sia meritevole di un quarto mandato al potere. E che già si erano indignati quando un paio di anni fa una studentessa lo aveva costretto a rendere pubblica la lista delle spese di famiglia, compresi 2 mila euro l’anno per 14 chili di gelato (gusti preferiti: pistacchio e vaniglia).
E’ allora — dopo le manifestazioni di protesta, anche davanti alla villa a Cesarea dei Netanyahu — che Joseph Shapira, il controllore dello Stato, ha deciso di analizzare i conti della casa più importante del Paese. Il dossier adesso è pronto ma l’avvocato del primo ministro ha chiesto di rinviare la pubblicazione, di non diffonderlo prima del voto perché — spiega chi l’ha letto — potrebbe danneggiare Netanyahu.
La polizia potrebbe decidere di interrogare Sara: con i vuoti a rendere avrebbe intascato soldi pubblici (anche se sono 4 mila shekel, quasi 900 euro) e il procuratore generale dello Stato sta valutando se aprire un’inchiesta.
Gli investigatori non hanno bisogno di cercare conferme al racconto dei dipendenti: l’ufficio del primo ministro ha spiegato che nel maggio del 2013 i Netanyahu hanno versato («di loro spontanea volontà») l’ammontare calcolato sul consumo di bottiglie a partire dal 2009, quando Bibi (come lo chiamano tutti in Israele) è ridiventato primo ministro. Secondo Meni Naftali il conto sarebbe molto più alto e il pericolo per Netanyahu è che gli elettori gli chiedano di pagarlo il 17 marzo.