1. A PALAZZO CHIGI RENZI SI PRESENTERÀ AL FIANCO DEL ‘TERZO REICHLIN’: SARÀ DONNA E (BLANDAMENTE) "DE SINISTRA" IL SUCCESSORE DI SACCODANNI ALLA GUIDA DELL'ECONOMIA 2. LA SCELTA DI LUCREZIA REICHLIN, GRADITISSIMA SUL COLLE PIÙ ALTO, CONSIGLIERE DI UNA MEZZA DOZZINA DI BANCHE CENTRALI, FEDERAL RESERVE COMPRESA, OFFRIREBBE PROVATE GARANZIE A BRUXELLES E A FRANCOFORTE, OLTRE ALLE CANCELLERIE OCCIDENTALI 3. DOMANI RENZI ANDRÀ AVANTI COME UN TRENO E LETTA EVITERÀ DI ARRIVARE ALLA CONTA POICHÉ SA BENISSIMO CHE NELL'ATTUALE DIREZIONE DEL PD EGLI È IN NETTA MINORANZA 4. PER EVITARE GROSSI DANNI ALLE ELEZIONI EUROPEE BASTERÀ L'EFFETTO ANNUNCIO DI ALCUNI PROVVEDIMENTI CONCRETI, POI SI VEDRÀ SE IL SINDACO HA FATTO UN AZZARDO TROPPO GRANDE PER LE SUE FORZE, OPPURE SE HA FATTO BENE A CAVALCARE L'ONDA
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Se tutto va come deve andare, sarà donna e (blandamente) "de sinistra" il successore di Fabrizio Saccomanni alla guida del ministero dell'Economia. Nelle ultime ore l'economista figlia del mitico Alfredo, compagno migliorista di Re Giorgio nel vecchio Pci, ha ricevuto la telefonata di Renzie che le ha chiesto la disponibilità a trasferirsi in via XX Settembre.
La scelta di Lucrezia Reichlin, manco a dirlo graditissima sul Colle più alto, offrirebbe provate garanzie a Bruxelles come a Francoforte, oltre a essere perfettamente spendibile con le principali cancellerie occidentali. Cinquantanove anni, romana, econometrista ed esperta di politiche monetarie, nei giorni scorsi e' stata inserita nella short list dei candidati per un posto da governatore della Bank of England.
Ma oltre a essere consigliere di Unicredit, Reichlin e' stata consigliere di una mezza dozzina di banche centrali, Federal Reserve compresa. Editorialista del Corriere, per il suo caratterino non esattamente arrendevole si porta dietro il simpatico soprannome di Terzo Reichlin.
Se la sua nomina prende quota e' anche perché sembra offuscarsi la stella di un altro economista liberal come Pier Carlo Padoan. L'attuale capoeconomista dell'Ocse ha dovuto giustificarsi in modo un po' imbarazzante dopo che il Financial Times ha scoperto che la sua organizzazione ha clamorosamente toppato una serie di stime.
I giornaloni italiani oggi fanno naturalmente a gara a nascondere la notizia, ma si tratta di una brutta tegola per chi doveva traslocare all'Istat. Peggio ancora se la destinazione finale era il Mef. Il lato paradossale della faccenda, in ogni caso, e' che a sviare l'Ocse pare sia stato un super-indice partorito non da Padoan, ma da Enrico Giovannini, attuale, dimenticabilissimo, ministro del Welfare.
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La domanda circolava da qualche giorno in Parlamento, ed era molto semplice: meglio un Lettanipote-bis con (se va alla grande) orizzonte 2015, o un Renzi-uno con orizzonte 2018? La risposta a questa specie di referendum tra chi deve votare la fiducia e' stata ovviamente un plebiscito a favore del Renzi uno.
E quindi il sindaco di Firenze e segretario del Pd ha potuto snocciolare a Re Giorgio l'altra sera una maggioranza più larga di quella attuale, con l'appoggio esterno non solo di Sel di Vendola ma anche quello di una quindicina di senatori a cinque stelle che coglierebbero l'occasione per affrancarsi da Grillo e da Casaleggio e dar vita ad una posizione autonoma che possa poi farsi scudo con gli elettori grillini delle cose concrete che il nuovo governo dovrebbe fare.
Ovviamente, tutto il mondo renziano e' in grossa fibrillazione per non farsi trovare impreparato con la squadra di governo, fatta con un mix di fedelissimi e di apporti esterni di qualità e, di conseguenza, con la decimazione vera e propria di quella lettiana tendenza Bersani, a partire da Zanonato, Mauro, Cancellieri, Saccomanni e quant'altri.
La resistenza di Letta nipote? Solo per alzare il prezzo e il peso della poltrona nel nuovo governo, trampolino necessario per poi traslocare in Europa appena ve ne fosse la possibilità . Ma il percorso è segnato, domani Renzi andrà avanti come un treno: dirà no ad un Letta bis perché le batterie sono troppo scariche e Letta eviterà di arrivare alla conta poiché sa benissimo che nell'attuale direzione del Pd egli è in netta minoranza.
Del resto, dalle modalità di celebrazione del congresso in poi il Presidente del Consiglio in via di rottamazione ha inanellato una tale quantità di errori (oltre a non fare nulla per contrastare la crisi economica) che anche Re Giorgio considera ormai irrecuperabili.
E infatti il Presidente della Repubblica non farà niente di più di quello che ha già fatto in queste ore, se non prendere atto che la stragrande maggioranza del Pd e dei suoi gruppi parlamentari puntano ad un nuovo governo, ad un nuovo programma e ad una nuova squadra che cerchi di fare sul serio sia le riforme istituzionali sia quelle sociali.
Per evitare grossi danni alle elezioni europee basterà l'effetto annuncio di alcuni provvedimenti concreti, poi si vedrà se il sindaco di Firenze ha fatto un azzardo troppo grande per le sue forze, oppure se ha fatto bene a cavalcare l'onda. Ma anche a Re Giorgio conviene accelerare sul Renzi uno: se non altro evita che l'attenzione resti concentrata su quanto avvenne nel 2011 e oggi nessuno potrà rimproverargli di aver scelto Renzi, visto che Lettagonia non aveva vinto le elezioni e che il sindaco di Firenze uno straccio di primarie le ha comunque vinte.







