1. IL MATCH PER LA CONQUISTA DEL COLLE È UFFICIALMENTE INIZIATO. IL GONG È STATO LA VITTORIA A VALANGA DI RENZI. ALL’INIZIO DEL 2015, TERMINATO IL SEMESTRE DI PRESIDENZA ITALIANA IN EUROPA, NAPOLITANO ABDICHERÀ: ABBIAMO RENZI, L’UOMO DEI SOGNI 2. AL CENTRO DEL RING I “DUE FLACCIDI IMBROGLIONI” EVOCATI DA D’ALEMA: VELTRONI E PRODI 3. DA QUEL GRAN POLITICO CHE È, L’ANTICA MORTADELLA HA FATTO IMMEDIATO SFOGGIO DI DIMENTICARE L’ONTA DELLE 101 SCHEDE CHE LO IMPALLINARONO, SULLE QUALI TANTI PIDDINI VIDERO LE IMPRONTE DIGITALI DI RENZI. IL PASSATO È PASSATO, L’IMPORTANTE È GUARDARE AVANTI: ED ECCOLO IN PIAZZA A FESTEGGIARE IL TRIONFO DI PITTIBIMBO 4. SE PRODI SCENDE IN PIAZZA, VELTRONI CORRE DA CAZZULLO PER FAR SAPERE A TUTTI CHE LUI È IL PADRE POLITICO DI RENZI. DI PIÙ: MATTEO È UN VELTRONI CON CATTIVERIA

Fausto Carioti per ‘Libero Quotidiano'

Prendete la romagnola Sandra Zampa, una che più prodiana non si può, portavoce storica del Professore e tutto il resto. Alle primarie del centrosinistra del 2011 tracciava con sdegno la distanza tra il suo mentore e il parvenu fiorentino: «Non si comprende per quale ragione si voglia attribuire a Romano Prodi un sostegno a Matteo Renzi e alla sua iniziativa».

Alle primarie del Partito democratico, l'anno seguente, era schierata con Pier Luigi Bersani e denunciava «l'enorme contraddizione tra le parole e i comportamenti di Renzi», accusato di far «comprare dalla sua fondazione pagine di pubblicità ingannevoli sui quotidiani nazionali» e dunque di essere antropologicamente affine a Silvio Berlusconi (nientemeno).

Ecco, la Zampa della Mortadella adesso è lì che si sdilinquisce commossa per il trionfo di Renzi: «Ha dimostrato di essere un leader di valore, perché ha saputo dare un'interpretazione genuina della portata innovativa del Pd». Lo stesso Prodi, del resto, era appena sceso in piazza Grande a festeggiare per Renzi: «Oggi respiro meglio, proprio bene».

Miracoli del potere: stava in mezzo agli afrori dei compagni bolognesi, ma le sue narici già fiutavano il Ponentino che a sera soffia sul Quirinale. Perché, se non si fosse capito, il match per la conquista del Colle è ufficialmente iniziato. Il gong è stato la vittoria a valanga di Renzi. Prima ancora di accettare il nuovo incarico, Giorgio Napolitano aveva fatto sapere che non avrebbe regnato per sette anni. Era sua intenzione abdicare prima e lo è ancora, non appena la crisi italiana sarà avviata a soluzione.

Tre condizioni necessarie: un esecutivo stabile, l'evaporazione del rischio grillino e la messa in sicurezza del convoglio delle riforme. Il risultato strabordante conseguito dal Pd alle Europee archivia anzitempo i primi due punti e pone le basi per la definizione del terzo. E apre così a Napolitano il portone d'uscita del Quirinale, che secondo gli spifferi che trapelano dovrebbe essere varcato nel giro di un anno, probabilmente prima. Alla faccia di chi li dipinge come bolliti, i due diretti interessati hanno mostrato riflessi da cobra, impiegando un millisecondo a capire ciò che il trionfo di Renzi significa per loro.

Da quel gran signore che è, Prodi ha fatto immediato sfoggio di dimenticare l'onta delle 101 schede che lo impallinarono, sulle quali tanti piddini videro le impronte digitali di Renzi e dei suoi (poco elegantemente, l'allora sindaco di Firenze fu il primo ad annunciare la fine della candidatura del Professore). Il passato è passato, l'importante è guardare avanti: con generosità,senza avanzare la propria candidatura, ma aspettando che siano gli altri a cogliere l'occasione, Prodi ora offre al partito che ha fondato la meravigliosa opportunità di rimediare all'errore commesso.

L'altro è Walter Veltroni, e tra i due c'è una deliziosa simmetria: se Prodi può sognare il Quirinale perché è il padre del Pd («l'unico partito che esista»ha molto democraticamente commentato dopo le Europee), l'ex sindaco della capitale è corso dall'amico Aldo Cazzullo per far sapere a tutti che lui è il padre politico di Renzi. (In realtà ad accomunarli ci sarebbe anche il giudizio di Massimo D'Alema raccontato da Giampaolo Pansa: «Veltroni e Prodi sono due flaccidi imbroglioni». Ovviamente è una cattiveria che D'Alema provvide subito a smentire).

L'umiltà ostentata in ogni parola (la stessa che un giorno del 2001 gli fece dire che se ne sarebbe andato in Africa, e stiamo ancora aspettando) non deve ingannare. L'intervista al Corriere della Sera serve a Veltroni per rivendicare che è stato lui ad aprire la strada al successo del nuovo segretario: «Renzi e io veniamo da mondi diversi,ma abbiamo la stessa idea: il Pd non deve limitarsi a riempire il proprio recinto, per poi unirlo al recinto dei vicini. Il Pd deve saper parlare a tutti gli italiani».

Come nelle favole, Matteo può raccogliere adesso ciò che babbo Walter ha seminato anni prima. Come nelle favole più belle, il figlio ora ha la possibilità di ricompensare il padre per i sacrifici fatti in passato.

Il cerchio dell'amore a questo punto sarebbe pronto a chiudersi, se non fosse che quella del Pd è una perfetta famiglia progressista, dove di padri ce ne sono due. E siccome adesso è chiaro che il prossimo presidente della Repubblica sarà eletto in questa legislatura e che a sceglierlo provvederà il Pd, cioè Renzi stesso, sarà uno tra papà Prodi e papà Veltroni che ospiteremo al Quirinale per sette anni. E poi dicono che in politica non c'è più posto per i sentimenti.

 

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