1- LE FIAMME GIALLE ARROSTISCONO TREMONTI: “NON VIVE IN CASERMA DALL’ESTATE 2004" 2- E QUI CASCA L'ASINO GIULIETTO: QUANDO SCAPPA DALLA FORESTERIA DELLA CASEMA PERCHÉ “MI SENTIVO SPIATO, CONTROLLATO, PERSINO PEDINATO”, NON ESISTEVA NESSUN CONFLITTO TRA I VERTICI DELLA GUARDIA DI FINANZA. DI PIù: NEL 2004 IL MINISTRO TREMENDINO VENNE "DIMISSIONATO" DA FINI PER "CONTI TRUCCATI" E SOSTITUITO DA SINISCALCO 3- NON è FINITA: MILANESE PRENDE LA CASA NEL 2009, CINQUE ANNI DOPO LA CASERMA GDF. ANCORA: PER QUALE MOTIVO DI "PRIVACY" (PER UN POLITICO VALE?) LASCIò LA FORESTERIA? E PERCHÈ AI PM DI NAPOLI NON PARLÒ DI CASERME, PEDINAMENTI E SPIATE? 4- OGGI IL PRIMO EDITORIALE DI UN DIRETTORE CHE CHIEDE LE DIMISSIONI DI TREMONTI. NAPOLITANO SUL "SOLE 24 ORE" (GIORNALE DELLA CONFINDUSTRIA): "SI È FATTO UN ESAME DI COSCIENZA E SI È CHIESTO SE SI SENTE NELLE CONDIZIONI DI CREDIBILITÀ PER PRENDERE ANCORA IN MANO L'INIZIATIVA E COMINCIARE A DARE (DA SUBITO) QUELLE RISPOSTE SULLA CRESCITA CHE, PERALTRO, DA TEMPO NON HA VOLUTO (O POTUTO) DARE?" 5- "TREMONTI SPIATO": QUASI CERTO CHE LA PROCURA DI ROMA APRIRà UN'INCHIESTA

1- TREMONTI SPIATO, LA FINANZA SMENTISCE: "NON VIVE IN CASERMA DALL'ESTATE DEL 2004″
Da Il Fatto.it

La replica informale delle Fiamme gialle raccolta oggi da Repubblica. Il ministro aveva affermato di essersi trasferito nell'appartamento di Marco Milanese, indagato per corruzione, per sfuggire all'indebito controllo dei militari. Ma i tempi non quadrano.

"L'ultima volta che Giulio Tremonti fu ospite con cadenza regolare di una struttura del Corpo fu quando, nei primi mesi dell'estate del 2004, alloggiava in una delle foresterie al secondo piano della caserma di via Sicilia". Così la Guardia di Finanza smentisce il ministro dell'Economia, che nei giorni scorsi aveva affermato di aver abbandonato l'alloggio a sua disposizione in una caserma delle Fiamme gialle perché si sentiva "spiato". Si tratta di una smentita non ufficiale - ma circostanziata - raccolta da Repubblica in edicola oggi.

La vicenda era emersa nell'indagine della procura di Napoli a carico di Marco Milanese, deputato del Pdl ed ex consigliere del ministro, inseguito da un ordine di arresto per corruzione e altri reati. Tremonti non è indagato, ma è finito al centro di polemiche roventi per aver utilizzato un lussuoso appartamento romano del suo collaboratore, pagandogli, a suo dire, una quota di affitto "in contanti". Forse un "errore", lo ha definito, determinato appunto dalla necessità di sottrarsi alle indebite attenzioni dei militari: "Non ero più tranquillo, mi sentivo spiato, controllato, persino pedinato".

Ricorda però la Repubblica che lo stesso Tremonti colloca il trasloco da Milanese nel febbraio 2009, cioè cinque anni dopo aver definitivamente lasciato la vita da caserma, come la Guardia di finanza sarebbe in grado di documentare, perché delle attività di vigilanza su una carica così importante "naturalmente si tiene traccia".

Il ministro, inoltre, non ha mai parlato esplicitamente di questi timori nei suoi interrogatori di fronte ai pm napoletani, ma si è riferito genericamente a "cordate" interne al Corpo che si contendevano le prospettive di carriera ai massimi livelli, con relativi rapporti politici. Una di queste, secondo il ministro, farebbe capo al generale Michele Adinolfi, molto vicino a Gianni Letta e al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

I ricordi di Tremonti, nota il quotidiano romano, diventano invece ben più drammatici "in assoluta coincidenza temporale con l'aggravarsi della posizione processuale e politica di Marco Milanese, con l'impossibilità di togliersi d'impaccio dalla vicenda di via di Campo Marzio con una scrollata di spalle, o rapide scuse". A questo punto è possibile che il ministro dell'Economia sia risentito dalla Procura di Napoli per chiarire tutta la vicenda.

2- ROBERTO NAPOLITANO: "SI È FATTO UN ESAME DI COSCIENZA E SI È CHIESTO SE SI SENTE NELLE CONDIZIONI DI CREDIBILITÀ PER PRENDERE ANCORA IN MANO L'INIZIATIVA E COMINCIARE A DARE (DA SUBITO) QUELLE RISPOSTE SULLA CRESCITA CHE, PERALTRO, DA TEMPO NON HA VOLUTO (O POTUTO) DARE?"
Roberto Napolitano per Sole24Ore

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Tremonti ha commesso una leggerezza (grave) nel chiedere ospitalità, nella casa di via di Campo Marzio a Roma, al suo consigliere politico, Marco Milanese, al centro di una serie di indagini giudiziarie e per il quale pende alla Camera una richiesta di arresto della Procura di Napoli, e si è rivelato in seguito ancora meno avveduto per almeno tre ragioni.

La prima: rimanere in quella casa anche dopo avere appreso dai magistrati la situazione giudiziaria di Milanese. La seconda: procedere al pagamento di questa specie di subaffitto in contanti (lui la chiama ospitalità alberghiera) non appare la più naturale delle pratiche per chi ha anche la responsabilità delle finanze di un Paese. La terza: accreditare l'ipotesi di avere accettato questa sistemazione perché si sentiva spiato (da chi? e perché non lo ha denunciato?).

Ieri mattina gli italiani, dagli schermi di Rai 1, hanno ascoltato il loro ministro dell'Economia parlare della casa di via di Campo Marzio e lo hanno sentito scandire «non ho bisogno di rubare soldi agli italiani».

La moralità personale di Tremonti, le sue competenze e capacità intuitive, oltre a un carattere quanto meno spigoloso, appaiono un patrimonio condiviso ed è giusto sottolinearlo, anche in questa circostanza. Gli interrogativi di oggi, però, sono altri, e sono almeno due. Ha la serenità, la determinazione e la volontà per fare, ad esempio, quella riforma delle pensioni che lui voleva inserire nella manovra (e ha dovuto attenuarla) rendendola anzi ancora più strutturale?

Si è fatto un esame di coscienza e si è chiesto se si sente nelle condizioni di credibilità per prendere ancora in mano l'iniziativa e cominciare a dare (da subito) quelle risposte sulla crescita che, peraltro, da tempo non ha voluto (o potuto) dare?

3- PERCHÈ QUANDO VENNE INTERROGATO A NAPOLI NON PARLÒ DI CASERME, SPIATE E PEDINAMENTI?
Fiorenza Sarzanini per il Corriere della Sera

Per due volte il ministro Giulio Tremonti è stato interrogato dai magistrati di Napoli, ma non ha mai raccontato di essere stato seguito o controllato. Né risulta che abbia mai presentato una denuncia su quello che ha invece rivelato ieri per giustificare la sua scelta di trasferirsi, due anni fa, nell'appartamento affittato dal suo consigliere politico, il parlamentare Pdl Marco Milanese: «Prima ero in caserma ma non mi sentivo più tranquillo. Nel mio lavoro ero spiato, controllato, pedinato. Per questo ho accettato l'offerta di Milanese».

E dunque dovrà essere nuovamente ascoltato, soprattutto per chiarire diverse circostanze che al momento non trovano riscontro. Una su tutte: secondo quanto filtra dal comando generale della Guardia di finanza, il ministro ha lasciato l'alloggio in caserma - la foresteria di via Sicilia a Roma - nel luglio del 2004. Vale a dire, quasi cinque anni prima del trasloco dal suo collaboratore.

MILANESE E IL «PIANO»
Nell'indagine su Milanese - accusato di associazione a delinquere, corruzione e rivelazioni di segreto - il filone legato al ruolo del titolare dell'Economia torna dunque in primo piano. Anche perché rimangono discordanti le versioni su chi abbia effettivamente pagato il canone di quella casa, e questo ha già portato a una nuova contestazione di corruzione per lo stesso Milanese in concorso con Angelo Proietti (il costruttore che la ristrutturò e in cambio avrebbe ottenuto appalti dalla Sogei) e con l'ex presidente della Società generale informatica Sandro Trevisanato. Bisogna dunque tornare al 16 dicembre scorso, quando Tremonti viene convocato per la prima volta dal pubblico ministero Vincenzo Piscitelli. Risponde a tre domande sul ruolo di Milanese, ma nulla dice su possibili minacce o pressioni.

Ne avevano invece riferito i giornali agli inizi di giugno e il 13 dello stesso mese, davanti ai pubblici ministeri Henry John Woodcock e Francesco Curcio che chiedono chiarimenti, Milanese afferma: «Ho visto il ministro Tremonti qualche giorno fa e mi ha detto che ha avuto uno sfogo con il presidente del Consiglio Berlusconi perché aveva saputo che lui, il ministro, era seguito o comunque negli ambienti politici si dice che stanno attuando il "metodo Boffo" anche nei suoi confronti, anche utilizzando le intercettazioni fatte nei miei confronti per le mie vicissitudini giudiziarie.

E che quindi si utilizzi i miei problemi giudiziari per contrastare l' ascesa politica del ministro Tremonti. Lui mi ha ribadito che ha riferito a Berlusconi che stanno cercando "cose" per metterlo in difficoltà da un punto di vista politico. Ho capito che faceva riferimento anche alla Guardia di finanza e al generale Adinolfi come partecipanti al piano ordito nei suoi confronti».

I CONTI PER LA CASA
Quanto basta perché i magistrati decidano di ascoltare la versione del diretto interessato, convocato alla Procura di Napoli quattro giorni dopo. Tremonti racconta la sua lite con Berlusconi, conferma di avergli «manifestato refrattarietà a campagne di stampa tipo quella "Boffo"» spiega che «quando dissi a Berlusconi "chiedi conferma ad Adinolfi" si trattava di uno sfogo non avendo io gli elementi per valutare i comportamenti di Adinolfi sotto il profilo deontologico». Ma non cita alcun episodio specifico che lo riguardi. A che cosa si riferisce dunque adesso, quando parla di caserme, pedinamenti e spiate?

La scelta del ministro di effettuare una denuncia pubblica segue di qualche giorno la consegna della memoria difensiva di Milanese a Montecitorio. Nel documento, scritto con gli avvocati Franco Coppi e Bruno Larosa, il parlamentare afferma che Tremonti gli ha versato 1.000 euro a settimana in contanti per pagare l'affitto (che ammontava a 8.000 euro mensili) per un totale di 75.000 euro. Sino ad allora il ministro aveva dichiarato semplicemente di essere stato «ospite». A quanto risulta dagli atti processuali, per almeno due anni nessuno dei due avrebbe versato neanche un centesimo all'Ente proprietario del lussuoso appartamento.

LO SCOMPUTO DEI LAVORI
Il 28 giugno scorso viene interrogato da Piscitelli Alfredo Lorenzoni, il segretario generale del Pio Sodalizio dei Piceni, che afferma: «Milanese ha stipulato il contratto nel febbraio 2009 per l'appartamento di via di Campo Marzio che necessitava di lavori di circa 250/260 mila euro e concordammo l'esecuzione a suo carico per una cifra di 200 mila euro dal cui ammontare andava mensilmente scomputato il canone d'affitto».

Il resto lo aggiunge il costruttore Proietti, che si incaricò dei lavori: «Fui io a far avere a Milanese un piccolo appartamento del Pio sodalizio dei Piceni e poi lui prese anche quello di via di Campo Marzio. Poiché doveva essere ristrutturato fissai il costo dei lavori in 200 mila euro e quella cifra riuscii a fargliela scalare dal canone. In realtà la ristrutturazione mi costò circa 50 mila euro, ma la feci a titolo gratuito». Dunque, se è vero che Tremonti ha versato 4.000 euro al mese, quei soldi potrebbero essere rimasti nella disponibilità di Milanese.

 

 

tremonti berlusconiLa casa di via Campo Marzio dove viveva Tremonti MILANESE E TREMONTITREMONTI TREMONTI IN POSIZIONE YOGA VIGNETTA TREMONTI CROCIFISSO SpazianteGENERALE MICHELE ADINOLFII PM WOODCOCK E PISCITELLISandro Trevisanato ELLEKAPPA BERLUSCONI TREMONTITremonti e Gianni Letta Dal Riformista bnd12 letta maccanico de benedetti tremonti

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