1. DAGOREPORT
Sparito il sole limpido che aveva accompagnato la fine del 2012 e la prima giornata del 2013, nella giornata livida di Roma, all'inizio degli 8-10 giorni decisivi per liste e raccolta firme, stanno venendo al pettine tutti i problemi politici e organizzativi delle liste che avranno il nome di Monti o della sua agenda.
Mentre il premier in carica per gli affari correnti e', come Berlusconi e Bersani, in tv e radio per la campagna elettorale cercando inutilmente di mascherare il divario tra la realtà e le promesse, tra le tasse che salgono e l'impegno a ridurle, tra il dramma di una crisi estesa e la necessita' di dare una speranza agli elettori (cosa che da tecnico non era tenuto a fare), gli uomini-macchina sono alle prese con affari molto prosaici dai quali tuttavia dipenderanno sia l'immagine concreta della mini coalizione, sia i risultati stessi. Ecco i principali dati di fatto che si stanno sedimentando oggi dopo i contatti intervenuti tra Natale e Capodanno.
mario monti1. Andrea Riccardi sta monopolizzando la formazione delle liste di "Verso la Terza Repubblica" forte del mandato di Monti, che lo ha preferito a Passera (anche se in queste ore il Professore si sta interrogando se e come recuperare il marito di Giovanna Salza).
2. L'Udc, una volta nobilitatasi con il nome di Monti, corre da sola in tutti i sensi: Cesa marca stretto Riccardi e difende i suoi territorio per territorio con l'obiettivo di risultare il primo partitino del centrino. E se poi il centrino diventa ancora più piccolo, ridimensionando le ambizioni del titolare dell'Agenda, meglio purché l'Udc riesca a confermare gran parte dei deputati uscenti alla Camera e una pattuglia, di cui farà' parte lo stesso Casini, piccola ma strategica al Senato.
Andrea Riccardi3. Italia Futura e' in difficoltà, nonostante Carlo Calenda cerchi di tenere insieme i pezzi. Il punto e' uno solo: nel momento in cui i posti in Parlamento si assottigliano poiché quelli sicuri sono appena quattro e quelli border line altrettanti e visto che i primi quattro sono appannaggio del vertice (lo stesso Calenda, Andrea Romano, Irene Tinagli prima di tutti), cade il concetto stesso di utilizzo di Italia Futura come tram verso la Terza Repubblica. E' vero che un embrione di rete sul territorio e' stata creata, ma quando in periferia arriveranno le liste per raccogliere le firme e non ci saranno prospettive di elezione per chi deve raccoglierle e' facile prevedere che gli entusiasmi spariranno.
PIER FERDINANDO CASINI4. Fini Gianfranco sta valutando se capeggiare una lista composta dai suoi ultimi fedelissimi e dai fuoriusciti dal Pdl. Ovviamente, sa che non arriverebbe nemmeno al 2 per cento ma il suo obiettivo sarebbe quello di concorrere al riparto dei seggi che, in base alla legge elettorale, vi sarà' tra i migliori piazzati tra i perdenti. In alternativa, solo per lui resta valida (almeno per ora) l'offerta di uno strapuntino personale nelle liste Udc.
CARLO CALENDA5. Enzo Moavero e Federico Toniato, gli unici due collaboratori di cui Monti si fida, sono impegnati a tempo pieno nell'avventura politica dell'Agendista Stregone, ma fanno grande fatica sia per seguire i risvolti tecnico organizzativi delle liste e della campagna elettorale sia, soprattutto, per distinguere il grano dal loglio nei loro interlocutori, che sono in gran parte smaliziati professionisti della politica.
6. Oggi Monti ha detto alla radio che "il primo controllo sara' quello dell'adeguatezza dei candidati ad un disegno che scommette su di un'Italia nuova. Saremo selettivi". Il secondo controllo sara' quello di Enrico Bondi su fedina penale, redditi e trasparenza complessiva.
andrea romanoAllora la domanda e': ma, al di là dell'esiguità stessa dei posti disponibili, siamo sicuri che i compagni di viaggio del bocconiano sinora amato dalla Merkel, nessuno escluso ma a cominciare da Casini, Fini e Riccardi, hanno le caratteristiche che lui così solennemente continua a indicare? Oppure, per non far torto alla sua intelligenza internazionale delle cose, si è accorto che lo stanno strumentalizzando ben bene ma ormai non può più tirarsi indietro?
Irene Tinagli2. L'ECONOMIST E IL PROF
Caterina Soffici per Il Fatto
Due settimane fa era "Run Mario run", più che un endorsement un esplicito invito a candidarsi. Ma ora anche l'Economist scarica il professore e lo dà come perdente. La critica è a largo raggio. In un articolo intitolato Le chance di Monti il settimanale inglese britannicamente massacra le scelte del premier uscente che da tecnico si è fatto ufficialmente politico. Le possibilità di tornare a capo del governo si allontanano per colpa della strategia con cui Monti ha scelto di ‘salire' in politica.
Gianfranco FiniPrima cosa a non convincere è la scelta di presentare una lista unica al Senato e più liste alla Camera. Il magheggio elettorale voluto da Casini e dalle liste che vogliono contarsi non convince gli inglesi. "Un pasticcio", lo definiscono. Questi machiavellismi non sono molto comprensibili sulle rive del Tamigi, dove le candidature e le posizioni sono sempre nette e chiare. Ci si scanna, ci si attacca, anche frontalmente, ma tutto secondo una logica e una linea politica chiara. Si combatte per vincere, non certo per non perdere e poter comunque essere un ago della bilancia.
MARIO MONTI E ENZO MOAVEROQuindi, se solo quindici giorni fa l'Economist invitava Monti a candidarsi alla guida dell'Italia, "facendosi avanti, se ama il suo paese, per invitare altri centristi ad unirsi a lui. Una rara opportunità per cambiare le cose", oggi il tono è tutt'altro. Non piace neppure il fatto che non si sia candidato direttamente, perché come senatore a vita, è già membro del Parlamento.
FEDERICO TONIATOScrivono "è difficile credere che non sarebbe stato possibile per lui trovare un modo di dimettersi, se a quanto pare ha intenzione di prendere parte alla campagna elettorale". E qui arriva la stangata finale: "Sarà vulnerabile all'accusa di volere i voti di un elettorato al cui giudizio non è disposto a presentarsi personalmente". Secondo l'Economist dovrebbe invece impegnarsi in prima persona e far valere i suoi meriti personali, invece di presentarsi con dei partiti che non sono poi così popolari.