L'ARMA DEL DELITTO - IL GENERALE NISTRI INTERVISTATO DA MASSIMO GIANNINI SUL CASO CUCCHI: ''SIAMO UMANAMENTE VICINI ALLA FAMIGLIA, SONO SICURO CHE IL PROCESSO CHIARIRÀ TUTTO. MA QUI SI TRATTA DI UNA VIOLENZA DI ALCUNI, NON SI TRATTA DI UNA VIOLENZA DI STATO. L'ARMA SI SCUSA SEMPRE QUANDO QUALCUNO DEI SUOI MEMBRI VIOLA LA LEGGE''
Intervista di Massimo Giannini per www.radiocapital.it
Generale, dopo nove anni finalmente sappiamo la verità: il 15 ottobre 2009 Stefano Cucchi non è morto cadendo dalle scale - come qualcuno, anche uomini in divisa, aveva provato a dire – ma è morto pestato a sangue da tre carabinieri. Ilaria Cucchi ha detto che è caduto il muro. Lei cosa si sente di dire?
Innanzitutto, sicuramente e con convinzione ribadisco la nostra vicinanza umana e la nostra solidarietà alla famiglia Cucchi, che ha subito un lutto così grave e in circostanze così particolari. Adesso si è aperto uno spiraglio di luce, mi sembra che sia la prima volta che un militare di quelli presenti quella sera ha riferito la sua verità.
Ovviamente questa verità dovrà poi essere passata al vaglio e al giudizio della Corte e dell'autorità giudiziaria, ma sotto questo profilo siamo assolutamente a fianco dell'autorità giudiziaria: è ora che possano essere accertate tutte le cause, i motivi e le dinamiche di quella sera. Quando sarà definito tutto, l’Arma dei carabinieri sarà assolutamente lieta di ciò che emergerà, perché l’Arma dei carabinieri deve in ogni circostanza riaffermare la piena trasparenza delle proprie decisioni.
Cosa ha provato quando ha letto la deposizione di Francesco Tedesco?
Ho provato quello che provano tutti i carabinieri che agiscono e hanno giurato fedeltà alla Costituzione, che recita all’articolo 13 che è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. Su questo punto, su cui mi sono espresso più volte pubblicamente, vale la pena essere chiari: se sei carabiniere, devi avere assoluto rispetto delle leggi, delle persone e della dignità umana, soprattutto delle persone sottoposte alla tua vigilanza; e il carabiniere ha il dovere, morale prima che giuridico, di dire la verità, e di dirla subito.
Quelle della deposizione di Tedesco sono frasi molto crude, che delineano uno scenario assolutamente inqualificabile. Detto questo, sarà uno scenario che dovrà essere sottoposto al vaglio confermatorio del processo. Aspettiamo con la netta e chiara condanna che riguarda tutti i casi nei quali si possa anche solo ipotizzare una carenza così grave di moralità. I tre militari sono stati sospesi dal servizio e, se ritenuti colpevoli, chiaramente si arriverà alle conseguenze previste dalla legge, che vanno fino alla destituzione. Come del resto ha fatto l’Arma, per motivi diversi e sotto una normativa diversa, anche nei confronti dei due ex carabinieri che sono stati accusati di quell’altro fatto drammatico di Firenze.
Mi pare di capire che nell’Arma ci sia consapevolezza di quanto sia grave ciò che è accaduto.
Mi sembra che sia assolutamente ovvio. Ma direi di più: capisco che il termine violenza di Stato sia una sintesi giornalisticamente sintetica. Ma qui si tratta di una violenza di alcuni, non si tratta di una violenza di Stato. Lo Stato non può essere chiamato come responsabile dell'irresponsabilità di alcuni.
Sembra esserci però qualcosa in più del comportamento inaccettabile di qualche singola divisa. Ieri, su Repubblica, Carlo Bonini ha parlato di sette falsi macroscopici: il verbale di arresto e perquisizione di Cucchi, il registro del fotosegnalamento della caserma Casilina dove Stefano era stato pestato, le due annotazioni della caserma di Tor Sapienza dove Stefano era stato trasferito per trascorrere la notte in attesa del processo per direttissima, il registro che custodiva la nota di servizio con cui Tedesco aveva informato per iscritto di quanto accaduto nel giorno della morte di Stefano. Insomma, la sensazione è che di fronte a questi sette falsi macroscopici non ce la si può cavare parlando di qualche singolo militare. Non c’è una responsabilità più alta risalendo le gerarchie? Non vi sentite tutti in qualche misura coinvolti?
Che nell'Arma ci sia amarezza e anche tristezza per quello che sembra emergere non c'è alcun dubbio.
Ma vorrei ricordare a tutti che si tratta di accertamenti che sono ancora in corso, di cui noi non siamo al corrente perché l’autorità giudiziaria non è tenuta a venirci a indicare i singoli aspetti. Quello che ho detto per i tre vale esattamente per tutti: nel momento in cui saranno accertate delle responsabilità, l'Arma prenderà le decisioni che le competono sulla base delle normative di legge. Non vogliamo guardare in faccia a nessuno. Vogliamo semplicemente che possa essere definito nella sua compiutezza il fatto. Il mancato controllo, se c'è stato e se sarà accertato, sarà perseguito. Spero che su questo spero che non ci siano dubbi.
Il tema era capire fino a che punto ci sono stati interventi di copertura e insabbiamento. Non possono essere stati solo tre appuntati a combinare questo fattaccio. Con il suo predecessore, il generale Del Sette, avete mai parlato del caso Cucchi? Avete mai avviato un’indagine interna? Si è discusso nelle alte gerarchie dell’arma?
Il general Del Sette, mio predecessore, il 18 dicembre 2015 rilasciò una dichiarazione che a mio modo di vedere era illuminante: “È una vicenda estremamente grave”, diceva, “saremo accanto alla magistratura con forza e convinzione come sempre, per arrivare fino in fondo alla verità per poi adottare con tempestività i dovuti provvedimenti”. Naturalmente il generale Del Sette si esprimeva con vicinanza nei confronti della famiglia Cucchi e della triste vicenda di Stefano prima e dopo quel 15 ottobre, e ribadiva la necessità di avviare con determinazione la ricerca della verità.
IL POST DI ILARIA CUCCHI SU FRANCESCO TEDESCO
Per rispondere alla sua domanda precisa, in queste condizioni, in questa situazione, l'Arma non sta svolgendo alcun accertamento interno per quanto concerne ciò che è ancora al vaglio dell'autorità giudiziaria. Nel momento in cui l’autorità giudiziaria avrà accertato, l’Arma provvederà di conseguenza. È bene che l’autorità giudiziaria, che è un organo terzo, possa definire la situazione. Procederemo alla stigmatizzazione delle eventuali responsabilità che emergeranno. Nel frattempo, naturalmente, se ci sono aspetti compiutamente definiti sotto il profilo giudiziario, già abbiamo avviato le procedure di competenza. Ricordo che, in fase cautelare, già il generale Del Sette sospese i tre carabinieri.
Una sospensione che non era dovuta, era un provvedimento che l’Arma ha assunto facoltativamente, nella propria autonomia. Così come nel momento in cui una parte seppure minimale dell’inchiesta che riguarda il triste caso Cucchi, e mi riferisco al proscioglimento per prescrizione dei tre militari, l’Arma ha proceduto a un'inchiesta di Stato che potrebbe arrivare ai procedimenti massimi e che è in corso. È un procedimento collaterale e di meno grave importanza di quello ancora in corso volto ad accertare le cause esatte del decesso. Però ugualmente stiamo procedendo.
C’è la sensazione che ci siano stati insabbiamenti, ma anche intimidazioni. Il 9 luglio Tedesco era davanti al pubblico ministero per la sua confessione e il comandante del nucleo di Brindisi con molta fretta lo contattò per notificargli un procedimento disciplinare di stato, di fatto la destituzione. È stato un tentativo di intimidirlo?
Mi verrebbe da dire che a pensare male a volte ci si azzecca ma si fa sempre peccato. Per uscire fuori da ogni area di indeterminatezza, le dico: il 13 aprile l'Arma ha acquisito la sentenza con la quale si dichiarava non luogo a procedere nei confronti dei tre (Tedesco, D’Alessandro e Di Bernardo) per il reato di abuso di autorità contro arrestati e detenuti. Da quel momento, per legge, l’amministrazione aveva 90 giorni di tempo per avviare un’eventuale inchiesta formale.
Per Tedesco in particolare, per un problema tecnico dovuto a un ricorso che lui aveva fatto, il termine decorreva dal 20 aprile. Il 6 luglio, il comando generale ha ordinato l'inchiesta formale nei confronti di tutti e tre i militari. Il 9 luglio, entro i 90 giorni dalla scadenza del termine, è stata effettuata la formale attestazione degli addebiti nei confronti dei carabinieri. Il 10 luglio è stata effettuata la contestazione. Dati alla mano, la illazione anche offensiva del buon nome dell'Arma è smentita categoricamente dalle date. Siccome i termini dei procedimenti disciplinari sono perentori, che non consentono alcuno sforamento, le dico anche che il 3 ottobre 2018 l’ufficiale inquirente ha dichiarato conclusa l’inchiesta formale che è stata rimessa al comando generale per le valutazioni di pertinenza.
Riccardo Casamassima è il primo che provò a raccontare la sua verità con la sua testimonianza e fece riaprire il processo sul caso Cucchi dopo quell’incredibile sentenza di primo grado che parlava di morte per malnutrizione. Casamassima ha scritto su facebook un post in cui si rivolge a Tedesco: “Bravo Francesco, da oggi ti sei ripreso la tua dignità”. Questo può valere anche per l’Arma? Qual è lo stato d’animo dei carabinieri? Vi sentite sotto processo?
Non credo che l'Arma debba riacquistare alcuna dignità. Quando qualcuno dice che l'Arma si deve risollevare, io dico che l'Arma si risolleva tutti i giorni attraverso i sei deceduti per causa di servizio che abbiamo avuto quest’anno, attraverso i 1092 feriti che abbiamo avuto quest’anno per la lotta alla criminalità, attraverso l’impegno quotidiano. L'Arma si sente amareggiata perché alcuni suoi componenti sono coinvolti in una vicenda che sicuramente non fa onore, ma l'Arma non è questi singoli componenti, è tutto ciò che viene espresso sul territorio tutti i giorni. E tutto ciò che continuerà a essere espresso, perché non ci fermeremo, andremo avanti con ancora maggiore convinzione nel sottolineare le cose che devono essere fatte meglio.
Lei dice giustamente che l’Arma non deve recuperare la sua dignità, tuttavia penso che di fronte a questa tragedia ci sia molto lavoro da fare. Anche perché le esperienze passate di questo paese, sotto questo profilo, e non parlo solo dei carabinieri, sono tutt’altro che gratificanti, dal G8 di Genova al caso Sandri. Talvolta le forze dell’ordine, senza voler nulla togliere alla fondamentale importanza del loro ruolo, hanno compiuto fatti per i quali poi non c’è stata sanzione o risarcimento morale. Anzi, a volte i protagonisti di quelle vicende sono stati addirittura promossi. Lei non pensa che sia questo che possa intaccare la fiducia nelle forze dell’ordine?
Concordo con lei sulla necessità di proseguire sulla strada del rispetto della dignità umana. Nei nostri corsi, a tutti i livelli, svolgiamo esplicite e specifiche lezioni addestrative su questi temi. Sulle promozioni, le dico che per poter valutare le persone per gli avanzamenti ai gradi superiori ci sono norme differenziate che riguardano la promozione degli ufficiali, dei marescialli e via discorrendo. Alcune sono promozioni che avvengono necessariamente per anzianità.
Dobbiamo anche considerare che, oggi come oggi, la legge prevede la possibilità di non valutare una persona, anche solo per anzianità, solo in presenza di determinate circostanze, ad esempio un rinvio a giudizio. Se non c’è quello, amministrativamente parlando non si può procedere. Se c’è un qualche motivo, è interesse dell’Arma a tutti i livelli evitare che ci siano dei premi non meritati, ma ci deve essere un aggancio alla previsione normativa. Anche perché poi, in definitiva, non scordiamoci che nella Costituzione esiste una presunzione di non colpevolezza che purtroppo limita. Quando poi si rientra nei casi previsti, stia pur certo che non viene promosso nessuno. Anzi, che questo qualcuno non viene neppure valutato.
Fra i casi, ovviamente, ci sono anche vicende simili a quelle di Stefano Cucchi, come quelli di Uva e Aldrovandi…
Vorrei fare una precisazione che riguarda il caso Uva. Dopo dieci anni, in primo e in secondo grado i carabinieri e i poliziotti sono stati assolti. E questo credo che sia comunque un dato che va tenuto conto. Anche perché poi generalizzare eccessivamente non fa bene alla discussione.
In questi giorni si sente dire che quando certe persone, soprattutto quelle un po’ borderline, vengono portate nelle caserme, le botte sono la norma. È così?
Per quanto mi riguarda, io non ho mai assistito in mie caserme a fatti del genere. Io, come la stragrande maggioranza. Anzi, noi proteggiamo gli arrestati. A Taranto, il 7 ottobre, quella persona che buttò la figliolina dalla finestra fu protetta dal linciaggio della popolazione dai carabinieri. Io non escludo che ci possano essere dei momenti particolari, ma questi sono fatti che non dobbiamo mai accettare. D’altro canto, non ci scordiamo che mediamente, ogni anno, la sola Arma dei carabinieri ha 2000 feriti, quasi dieci al giorno, per aggressioni dei criminali con i quali si confrontano. Quindi bisogna anche valutare se il fatto sia avvenuto nel momento in cui si procede all’arresto oppure nel momento in cui la persona non è più in condizione di offendere ed è all’interno di una caserma. Dico sempre a tutti i militari con i quali mi confronto che il detenuto, l’arrestato, la persona affidata alla nostra custodia diventa sacra.
STEFANO CUCCHI E LA SORELLA ILARIA
Stefano Cucchi era una di queste persone deboli e purtroppo non è stata considerata sacra. Lei che idea si è fatto di quel ragazzo? Lei è anche un padre, quel ragazzo poteva essere suo figlio: ci ha mai pensato?
Certo che ci ho pensato. Che pensa, che un padre non pensi sempre, ogni giorno, ai propri figli, e non riporti le esperienze che vive o che legge sui propri figli? Ogni volta che avviene questo, mi interrogo su che cosa ho fatto per i miei figli perché loro non debbano essere comunque coinvolti o sentirsi deboli, questo è il discorso. Io penso sempre ai genitori anche quando vengono arrestati dei giovani. Quando quattro giovani, o meglio uno accompagnato da tre minorenni, prese un palo e sfasciò la testa a un carabiniere e prese a calci un carabiniere facendogli perdere un occhio, io ho sempre pensato ai genitori, a quello che avevano e non avevano fatto, e mi sono sempre interrogato su tutte le manchevolezze del mio essere padre.
La famiglia di Stefano Cucchi ha avuto un comportamento esemplare. Se non fosse stato per il coraggio della sorella, Ilaria, questa vicenda non sarebbe mai riemersa…
Mi scusi se la interrompo. Oggi ho letto una dichiarazione della signora Cucchi: ha detto “io amo l’Arma dei carabinieri”. Credo che questa dichiarazione non abbia bisogno di commenti.
Ilaria Cucchi chiede a Salvini delle scuse. Lei si sente di chiedere scusa?
L'Arma si scusa sempre quando alcuni dei suoi componenti sbagliano e vengono meno al loro dovere.
Questo è uno di quei casi, mi pare.
L’Arma si scusa sempre quando alcuni dei suoi componenti sbagliano e viene accertato che vengono meno al loro dovere. È una frase che dice tutto. Ci sono episodi esecrabili, per i quali l'Arma giustamente si deve scusare, non come istituzione ma per il fatto che alcuni dei suoi componenti, chiamiamoli infedeli o scorretti, sono venuti meno al dovere che avevano anche nei confronti della stessa Arma di essere quello che avrebbero dovuto essere.
Salvini ha invitato Ilaria Cucchi al Viminale. Lei fa altrettanto?
Ho già avuto modo di ricevere la signora Cucchi e il suo avvocato in un’altra circostanza. Non ho alcun motivo per non incontrare chiunque qualora si ritenga opportuno un nuovo incontro. Ho già espresso alla signora Cucchi il parere del nuovo Comandante generale dell’Arma, che era esattamente identico al parere del precedente Comandante generale dell’Arma, che è assolutamente identico al parere dell’Arma dei carabinieri.
Vi siete parlati in queste ore?
No, francamente no.
Allora è lei che la deve invitare.
La signora Cucchi sa che non c’è nessun problema. Ma se pensa che sia opportuno un invito pubblico, ben volentieri.
Da Generale, cosa cambia per l’Arma dopo questa vicenda?
Spero non cambi niente sotto il profilo del rendimento in servizio, come dimostriamo tutti i giorni. Il dolore della famiglia Cucchi è la nostra tristezza e la nostra amarezza perché siamo stati colpiti profondamente nel senso dell’onore e del dovere. Non credo di dover dire di più.
Ci impegneremo con ancora maggiore forza da un lato a sostenere il rispetto della legge e della persona, e il dovere morale e giuridico di dire sempre la verità, e subito, senza ritardo. Per il resto, cercheremo di impegnarci quotidianamente per evitare che simili cose si possano riprodurre, quantomeno per la lunga estensione di un fatto che, se fosse stato ben definito fin dall'inizio da parte di tutte le istituzioni che sono intervenute sul caso specifico, sarebbe stato un bene per tutti. Per lo stato, per l'Arma, e soprattutto per una famiglia che è in attesa di giustizia.
Ferma restando la stima per l’Arma dei carabinieri, questa è una macchia molto profonda e dolorosa nel tessuto sociale e morale di questo paese. Tocca a voi ripulirla e ritornare sulla scena con ancora più forza e dignità. Il diritto e lo Stato siete voi, dobbiamo poterci fidare.
Grazie, ma ribadisco: pensiamo anche ai nostri feriti. Il loro impegno e il loro sacrificio contribuisce giorno dopo giorno a dilavare le macchie di cui lei parla.