Alberto D'Argenio per "La Repubblica"
Per Monti e Grilli lo stop della Commissione europea al pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione è una doccia gelata. Premier e ministro hanno bisogno di qualche ora per capire cosa stia succedendo.
Mario MontiDopo la dichiarazione del portavoce di Olli Rehn, responsabile Ue agli Affari economici, partono le telefonate verso Bruxelles per ottenere chiarimenti su quella che viene vista come un'incomprensibile retromarcia: dal via libera di Rehn e Tajani (Industria) ai pagamenti della P.A. sono passati solo sette giorni. E dopo i colloqui riservati con i servizi comunitari, Roma si prepara allo scontro per far riaccendere quel semaforo verde ritenuto fondamentale per rilanciare l'economia.
MARIO MONTI E VITTORIO GRILLI jpegLe imprese vantano un credito monstre di circa 70 miliardi verso lo Stato la cui liquidazione avrebbe un impatto sui conti di un Paese non ancora al riparo dalle tempeste finanziarie. Come dimostra la paura di downgrade firmato Moody's in una fase di debolezza dovuta all'ingovernabilità, tanto che i ministri di Monti temono che in caso di nuovo voto a giugno l'Italia venga investita da una tempesta finanziaria a base di spread. Anche per questo il governo vuole sbloccare subito i soldi per le imprese che ridarebbero fiato alla crescita, vero scudo a lungo termine sui mercati.
olli rehnMonti e Grilli vogliono pagare 20 miliardi nel 2013 e 20 nel 2014. La prima tranche da saldare quest'anno prevede una decina di miliardi da reperire con l'emissione di titoli di Stato il cui impatto sul debito è autorizzato da Bruxelles e il resto, 8-10 miliardi, che pagherebbero i Comuni grazie a un allentamento del Patto di stabilità interno. Operazione che a fine anno porterà il deficit italiano dal 2,4 al 2,9%. E il problema è qui: «Temiamo - spiegano da Bruxelles che se oggi dicono 2,9% domani ci ritroviamo con un disavanzo superiore al 3%, sopra il tetto di Maastricht».
tajani foto mezzelani gmtInsomma, l'Europa non si fida. Per questo è scattata la dichiarazione che congela l'operazione Monti: per non avere brutte sorprese la Commissione vuole che l'Italia paghi meno nel 2013 tenendo un margine di sicurezza sul deficit altrimenti si rimangerà il via libera della scorsa settimana e a maggio non chiuderà la procedura per deficit eccessivo aperta ai tempi di Berlusconi.
Il timing dello stop Ue non è casuale, visto che proprio ieri il governo ha mandato al Parlamento la nota con il programma di pagamento chiedendo un voto delle Camere per poi approvare, al più tardi la prossima settimana, il decreto che farebbe allargare i cordini della borsa. Ma Monti e Grilli (che nei giorni avevano informato Rehn) non vogliono cedere. E mentre da Bruxelles Tajani prova a gettare acqua sul fuoco dicendo che «non c'è nessuna inversione di rotta da parte della Commissione», Roma si prepara a convincere la Ue ad abbandonare la diffidenza e ad autorizzare i pagamenti facendo cadere la minaccia di tenere aperta la procedura sul deficit.
logo moodyMinaccia non da poco, visto che senza l'agognata chiusura dell'infrazione l'Italia non potrà usare la Golden rule strappata a fatica da Monti (l'ok agli investimenti pubblici che generano crescita ritenuto vitale per rilanciare l'economia) e l'accesso allo scudo antispread nel caso l'Italia dovesse tornare a tremare sui mercati.
Commissione EuropeaPer sbloccare la partita Monti e Grilli ripeteranno a Rehn che non si tratta di nuove spese, ma del saldo di quelle pregresse e ricorderanno quanto scritto nel documento inviato al Parlamento: se paghiamo questi 40 miliardi nel 2014 ci sarà una crescita «decisamente superiore all'1%» che farà scendere il deficit. E se non basterà sono pronti allo scontro: «Dobbiamo rischiare, non ha senso pagare una somma inferiore rispetto allo 0,5% del deficit, per allentare il patto di stabilità interno solo in parte dovremmo negoziare i tetti di spesa con ogni comune perdendo mesi mentre le imprese hanno bisogno i soldi subito», ragionavano tra Chigi e Via XX Settembre.
D'altra parte Monti sul via libera ai pagamenti ci ha puntato tantissimo investendo più di un anno di negoziati europei. Per questo garantirà a Bruxelles che «abbiamo fatto i conti bene, oltre il 2,9% non andremo. E in caso contrario l'Italia farà un intervento compensativo con altri tagli meno depressivi per l'economia in modo da tenere il deficit sotto il 3%».