1. "ERRORE GRAVE, NESSUN COMPLOTTO IL CONTROLLO NON SPETTAVA A NOI"
Liana Milella per la Repubblica
Paolo Ielo? «Lo stimo, e sono suo amico». La lite tra procure? «Non esiste». L' intercettazione attribuita dal carabiniere del Noe a Romeo anziché a Bocchino? «Un grave errore, senza dubbio, ma mi chiedo "cui prodest" ». La fuga di notizie sull'inchiesta Consip? «Uno scempio, e un gravissimo danno per l'indagine, solo un pazzo avrebbe potuto provocarla danneggiando il proprio lavoro». Un complotto contro Renzi? «Solo un folle potrebbe pensarci». La procura di Napoli colpevole perché non ha vigilato sul lavoro dell'ufficiale? «Ma per Napoli quelle carte sono tuttora un "interna corporis", su cui la procura non ha compiuto alcun atto. Le ha passate a Roma».
A tutti quelli, e sono molti, che lo hanno cercato in questi giorni, il pubblico ministero Henry John Woodcock ha consegnato la stessa frase: «C' è una regola per i magistrati, che io rispetto, e che non mi consente di parlare. Quindi io non parlo, soprattutto in un momento delicatissimo come questo ». Certo non è mai stato loquace Woodcock, pur di frequente attaccato per le sue inchieste prima a Potenza e poi a Napoli. Ma inutile cercare interviste in archivio, neppure su temi che lo appassionano come le intercettazioni.
Stavolta però, tale è la pressione su di lui che almeno con i suoi colleghi Woodcock è costretto a parlare. A partire da Nunzio Fragliasso, il magistrato che regge la procura di Napoli in assenza del capo che il Csm deve nominare. Alle nove di sera Fragliasso è nelle torri della Procura di Napoli. Vede Woodcock preoccupato? La risposta è secca: «Non ce n' è motivo, conoscendo la sua serietà e lo scrupolo con cui lavora. Lui e la collega Celeste Carrano sono ottimi investigatori. Se un errore dovesse effettivamente esserci stato non si traduce in una omessa vigilanza del pm che poteva anche non sapere. Comunque la palla è passata a Roma».
L'errore dunque. Con i colleghi Woodcock non lascia margini al dubbio sulla responsabilità del capitano Scafarto: «Non è la prima volta che si verifica uno sbaglio in un' informativa. Io ho un' idea sacrale e notarile degli atti giudiziari, sono convinto che la polizia non debba innamorarsi delle proprie tesi. Detto questo, l' errore è stato commesso, ed è un errore molto grave, non solo per aver attribuito la frase alla persona sbagliata, ma anche per essersi lasciato andare a un commento ».
italo bocchino presenta il premio tatarella
La considerazione successiva è inevitabile, si è trattato solo di un fraintendimento o di una grave manipolazione delle carte processuali? «La prima risposta, la più logica, è che si sia trattato di un errore». E se dietro ci fosse un complotto? Con i pm che entrano nella sua stanza Woodcock prova a ragionare in questo modo: «Mi chiedo, ma cui prodest? Perché il capitano avrebbe dovuto fare questo? Perché avrebbe dovuto mettere in atto una pianificazione eversiva contro Renzi? A me pare davvero una cosa da pazzi». Un progetto eversivo? «Insisto, solo un pazzo può pensarlo».
E se fosse la vendetta postuma dell' ex vice comandante del Noe Sergio De Caprio, il Capitano Ultimo che catturò Riina, ma è stato rimosso dopo l'uscita di un'intercettazione del Noe tra Renzi e il generale della Gdf Adinolfi? «Innanzitutto Scafarto non ha mai lavorato a Palermo con De Caprio, non fa parte della sua squadra storica e poi via ...adesso De Caprio lavora nei servizi, quindi è un dipendente della presidenza del Consiglio».
Casuale o pianificato l' errore è lì, la procura di Roma lo ha scoperto, indaga su eventuali altri fraintendimenti o peggio volontarie storture. È esploso un terremoto politico. Napoli non ha una responsabilità, non avrebbe dovuto seguire passo passo il lavoro dei Cc e stanare subito l' eventuale svista? Di questo Woodcock ha ragionato con i suoi colleghi. La posizione è ferma: «Napoli ha trasmesso a Roma questa parte dell' inchiesta. Non ha usato questa informativa. Per me essa è tuttora un' interna corporis. Io sarei ancora in tempo a fare dei controlli ».
Sì, ma il pm non dovrebbe controllare il lavoro della polizia giudiziaria? «Qui parliamo di migliaia di pagine. Certo, ogni giorno gli investigatori informano sui progressi dell' inchiesta, ma è impraticabile ascoltare la registrazione. E poi, la procura di Napoli non ha utilizzato queste carte, sono carte su cui si potrebbero tuttora compiere approfondimenti ». C' è chi accusa Woodcock di essere il mandante. Pare che a questa domanda lui abbia riso: «Se lo dicono chiaramente li querelo e mi compro una casa a Capri anzi meglio... a Sorrento».
Eppure si è scatenata una guerra tra le procure di Roma e Napoli. «La guerra non esiste. Io sono amico di Paolo Ielo, ci sentiamo e ci vediamo. Siamo stati a pranzo insieme. Lo stimo, lavora bene da trent' anni. Certo, ci sono scelte diverse. Ma date alla mia procura il tempo di depositare le carte. Lì c' è la prova di quanta professionalità è stata usata in questa vicenda».
2. INCURSIONE RENZIANA AL CSM
Ilaria proietti per la Verità
L' aria è cambiata. Al Consiglio superiore della magistratura spirano venti di guerra. Il consigliere laico Pierantonio Zanettin ha chiesto l' apertura di una pratica sullo scontro tra le procure di Napoli e Roma su Consip. Per «verificare se l'operato di taluno dei titolari dell' inchiesta possa incidere negativamente sull' immagine di imparzialità ed indipendenza del magistrato, determinando una incompatibilità ambientale e/o funzionale».
Zanettin non fa nomi né cognomi, ma l' identikit dell' ufficio giudiziario a cui si riferisce è ben chiaro, stando invece ai pubblici e unanimi elogi riservati in questo caso alla procura capitolina. Ma in queste ore a muoversi a Palazzo dei Marescialli non è solo Zanettin. In plenum è approdata, certamente per una mera casualità temporale, pure una proposta maturata in questi mesi in seno al Consiglio di presidenza, massimo organo del Csm. Una pratica affidata alla cura di un altro membro non togato che è molto più rilevante e meno estemporanea di quella di Zanettin.
Giuseppe Fanfani, grande avvocato ed esponente di spicco della politica aretina ritenuto vicinissimo sia al sottosegretario Maria Elena Boschi sia all' ex premier Matteo Renzi, ha elaborato nella sua veste di presidente della prima commissione di Palazzo dei Marescialli (quella che verifica i casi di incompatibilità) una pratica che punta a modificare la legge sulle guarentigie dei magistrati.
Che se dovesse passare consentirebbe al Csm di intervenire in tempo reale trasferendo immediatamente il magistrato «laddove tale strumento sia idoneo a fronteggiare una situazione di accertata incompatibilità che si presenti limitata nel tempo ovvero laddove si presenti necessario ad anticipare un provvedimento definitivo di trasferimento ad altra sede e/o di destinazione ad altre funzioni».
Certo il potere disciplinare continuerebbe a competere al pg di Cassazione e al ministro della Giustizia. E intatte sarebbero pure le garanzie previste dall' articolo 107 della Costituzione sulla inamovibilità dei magistrati. Ma se passasse la modifica legislativa il potere del Csm si allargherebbe notevolmente potendo intervenire in maniera incisiva «su episodi riferibili ad un magistrato che potrebbero avere anche una rilevanza in sede disciplinare e/o penale», eliminando possibili discrasie di interventi e, comunque, ritardi «talvolta incomprensibili all' esterno».
Che ritardi? Quelli, in particolare, balzati alle cronache negli ultimi 30 mesi che dal punto di vista degli scandali che hanno travolto direttamente o indirettamente le toghe sono stati orribili per l' ordine giudiziario nel suo complesso. E quasi terremotanti per il sistema politico.
Dal caso di Silvana Saguto del tribunale di Palermo a quello di Anna Scognamiglio (del caso De Luca) passando per l' attacco violentissimo dell' ex presidente del Consiglio, Massimo D' Alema, per le intercettazioni dell' inchiesta su Cpl Conrcordia. Il «leader Maximo» finito il suo nome sui giornali da non indagato, tuonò nel 2015 contro il Csm accusato, senza mezzi termini, di non esercitare la vigilanza nei confronti dei comportamenti della magistratura. In quella occasione Giovanni Legnini, che del Csm è vicepresidente, cercò di farlo ragionare: «D' Alema pone un problema serio, quello della tutela della riservatezza e dell' onorabilità delle persone non indagate. Il Csm però non è munito di un potere d' intervento d' ufficio».
giuseppe fanfani ex sindaco di arezzo
Ora però i tempi sembrerebbero maturi per un cambio di passo: accordando al Csm il potere di procedere ogni volta che «per qualsiasi causa, i magistrati non possono nella loro sede svolgere le funzioni con piena indipendenza e imparzialità». Ma non è tutto. Perché, sempre se passasse la modifica, il Consiglio potrebbe intervenire anche quando ci sia un più generico rischio per il prestigio dell' ordine giudiziario. Insomma potrebbe addentrarsi in tutte quelle circostanze in cui ritenga doveroso intervenire avendo attenzione «verso i Cittadini che in tanto possono aver fiducia nella giurisdizione in quanto ne sia salvaguardato il prestigio nel suo complesso», recita la proposta portata in plenum.
Per fare questo, però, è necessario rivedere la riforma del 2006 Berlusconi-Castelli (pure ritenuti acerrimi nemici dalle toghe) che ha ridotto al lumicino l' area di operatività del trasferimento d' ufficio in via amministrativa. Un ridimensionamento che per oltre 10 anni nessuno ha avuto la forza di mettere in discussione. Nonostante - si sottolinea - abbia privato l' organo di autogoverno di strumenti incisivi di intervento nelle situazioni più delicate e nelle «zone grigie». Per le quali, oggi, il procedimento disciplinare di rito non sembra bastare più. Quando si dice il caso (e l' ironia della sorte).
Consiglio Superiore della Magistratura