AMATEVI E MOLTIPLICATEVI - PER LA PRIMA VOLTA, IL PAPA FESTEGGIA SAN VALENTINO CON 25MILA FIDANZATI DA TUTTO IL MONDO (I MATRIMONI SONO COSÌ IN CALO CHE LA CHIESA DEVE “MOTIVARE” I COM-PROMESSI SPOSI)

Aldo Cazzullo per ‘Il Corriere della Sera'

«Non sono ancora sposati, ma si amano e vogliono amarsi per sempre». Con questa motivazione, papa Francesco festeggerà san Valentino con 25 mila fidanzati. Un avvenimento senza precedenti nella storia della Chiesa: alle 11 e mezza di venerdì 14 febbraio, piazza San Pietro si aprirà a coppie di fidanzati venuti da 20 Paesi; la maggior parte sono italiani, ma ci saranno anche francesi, spagnoli, americani, asiatici. Un'ora di dialogo in mondovisione, con domande e risposte del Papa, conclusa da una benedizione.

Una sola condizione: i fidanzati sono «promessi sposi», che contrarranno il matrimonio entro l'anno. In un primo tempo, la cerimonia era prevista nell'aula Nervi, intitolata a Paolo VI. Ma le adesioni via Internet sono state tante che in pochi giorni i 7 mila posti erano già bruciati. E quando si è arrivati a quota 25 mila il Vaticano ha deciso: si farà in piazza san Pietro.

L'idea è di Vincenzo Paglia, presidente del pontificio consiglio sulla famiglia, ed ex vescovo di Terni. «Nel terzo secolo dopo Cristo, vescovo di Terni era Valentino - racconta Paglia -. Secondo la tradizione, il santo intervenne per consentire il matrimonio tra una giovane cristiana e un militare pagano.

Neanche allora i matrimoni erano facili. La notizia si sparse, e in molti andarono da lui per chiedere aiuto. Ogni anno a Terni si tiene la festa della promessa, vengono in tanti a chiedere la benedizione. Da qui l'idea, in un tempo di spaesamento, di smarrimento, di crisi del matrimonio, di ridare uno scatto alla festa di san Valentino, di coglierla nella sua forza. Debbo dire che il Papa era rimasto contento dell'iniziativa fin dall'inizio. Ma non ci aspettavamo una risposta simile».

Dice Paglia che «è un'esplosione certamente singolare, che va colta nella sua profondità, in una società in cui il matrimonio viene spostato sempre più in avanti negli anni, quando i problemi sono già tutti risolti. Questi fidanzati, invece, si sposano per edificare insieme il futuro, per poter risolvere insieme i problemi, per costruire insieme una casa che sia stabile per loro e per i loro figli».

Proprio ieri il Corriere dava notizia dei sette milioni di giovani italiani tra i 18 e i 34 anni che vivono con almeno un genitore. «È un dato che non può non rendere pensosi - commenta Paglia -. La politica deve assolutamente dare una risposta. Se non c'è casa e non c'è lavoro, è ovvio che si ritardi il tempo del matrimonio; ma in questo modo si ritarda l'edificazione della società.

Sposarsi da giovani vuol dire rendere la società più dinamica, offrire l'esercizio della responsabilità già in età giovanile e non solo adulta. Piazza San Pietro piena di fidanzati sembra voler dire che una risposta è possibile. Io mi auguro che l'esempio di papa Francesco sia contagioso presso i politici, gli economisti, gli operatori di cultura, perché mettano al centro della loro attenzione la questione della famiglia».

Bergoglio ha voluto che tutta la Chiesa per due Sinodi - il primo nell'ottobre 2014, il secondo un anno dopo - discutesse di famiglia, vista sia come tema ecclesiale sia come tema sociale. E sulla comunione ai divorziati, a cui già Ratzinger aveva aperto, durante un dialogo pubblico con coppie - sposate però - a Milano nel giugno 2012, adesso si profila un confronto tra i vescovi.

«Ogni risposta è prematura - dice per ora Paglia -, anche perché la questione va affrontata nel più vasto orizzonte della condizione delle famiglie dei divorziati e dei risposati. Non tutti i casi sono uguali e non si può dare una risposta semplificata a una situazione complessa, che sarà analizzata con attenzione durante i lavori del Sinodo. Non c'è dubbio che la via della misericordia nella verità sarà percorsa fino in fondo».

Dietro il San Valentino 2014, che si profila a suo modo storico, c'è ovviamente la popolarità di Francesco. «Il Papa riesce a intercettare questa domanda, questo bisogno di futuro - sostiene Paglia -. Il problema del matrimonio e della famiglia, prima di essere una questione di dottrina, è una questione di risposta alla solitudine. Questi giovani che verranno qui in piazza San Pietro e ci hanno stravolto il programma sono controcorrente.

Non hanno paura di sposarsi in un mondo che non crede più ai legami che durano per sempre. Non hanno paura di mettere su una famiglia in un mondo in cui si crede che è bene che ciascuno pensi a se stesso. In questo senso, questi giovani sono un segno di speranza per la Chiesa e per il mondo. Non che sposarsi risolva di per sé le difficoltà; ma a mio avviso si tratta di ridare fascino al matrimonio religioso.

Tra l'altro, le statistiche in Italia mostrano che chi si sposa in chiesa si separa di meno. Non dobbiamo attutire l'ideale del matrimonio; dobbiamo rilanciarlo nel suo fascino e nella sua forza. In una società che si defamiliarizza, magari con l'idea che "tutto è famiglia", c'è bisogno di riproporre l'altezza del matrimonio e della famiglia».

 

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