Maria Giovanna Maglie per Dagospia
michelle obama harvey weinstein
Più che il silenzio sicuramente spaventato ma anche obiettivamente complice dell'elenco impressionante di donne che solo ora si rivelano come sue vittime, andrebbe raccontato il silenzio di giornali e televisioni americani che si sentono di esempio all'informazione mondiale e invece fanno schifo tanto quanto, andrebbe condannata l'ipocrisia palese dei politici di tutti i livelli, compresi due ex presidenti e famiglia.
harvey weinstein hillary clinton
Intervistato da Rachel Maddow, una delle passionarie anti-Trump, forse la più accanita tra i giornalisti, alla MSNBC, Ronan Farrow, giornalista investigativo di punta della NBC, figlio di Mia e di Woody Allen – ma detesta il padre e non ha con lui alcun rapporto – a domanda sul perché abbia pubblicato la sua straordinaria inchiesta frutto di un anno di lavoro su Harvey Weinstein sul New Yorker, e non l'abbia invece fatta per la sua emittente, risponde chiaro: chiedetelo a loro, alla Nbc, e poi aggiunge che le pressioni di Weinstein e dei suoi uomini sono state continue e tremende su molti media. Alla fine è andato da chi era disposto a pubblicare lo scoop pieno di materiale che scottava su un intoccabile, e lascia intendere quel che è evidente, che proprio la pubblicazione a distanza di qualche giorno sul New Yorker della sua inchiesta abbia fatto decidere il New York Times, che ne aveva una nei cassetti chiusi a chiave dal 2004, a venire allo scoperto.
harvey weinstein circondato di donne
Ora, giornali e televisioni americane sono conosciuti per una grande libertà, mica sono la Rai o gli editori un tanto a finanziamento statale come in Italia, e in questi mesi l'esercizio di cane da guardia del potere in nome del popolo lo hanno esercitato alla stragrande contro il presidente degli Stati Uniti, senza paura. Eppure, tutti zitti su una storia che tutti conoscevano, e le ragioni, ora che è finita male finalmente, le spiega proprio lui, il mostro Harvey, furioso durante una intervista al Post.
harvey weinstein chuck schumer
“Ma come -dice- possibile che non conti più nulla la mia storia politica e civile? Perché non scrivono del documentario che ho fatto su Rikers Island (carcere di New York) con Jay-Z, o dei 50 milioni di dollari che ho raccolto per Amfar (associazione benefica per la ricerca sull'Aids) o il gran lavoro che ho fatto per la Robin Hood (organizzazione per combattere la povertà). Invece si concentrano su come distruggermi”.
Se è per questo, Weinstein ha partecipato alla marcia delle donne contro Trump nel gennaio scorso, ha finanziato una cattedra dedicata alla femminista Gloria Steinem, insomma in pubblico è intitolato a definirsi un campione della causa delle donne. Tanto che conclude in una dichiarazione ufficiale, prima di andare forse a curarsi, di sicuro a nascondersi in un centro di riabilitazione clinica in Europa per sfuggire a possibili incriminazioni con carcerazione: “ho bisogno di un posto dove dare un senso alla rabbia, mi occuperò solo di NRA”.
Che sarebbe la famigerata associazione dei fabbricanti di armi, vituperata dai Liberal americani, e campione dei Liberal anche nella disgrazia Weinstein si proclama, perché questo gli sembra più che sufficiente a giustificarlo delle sue colpe.
Peccato che i suoi beneficati del Partito Democratico in queste ore non provino neanche un po' a difendere il vecchio amico le cui debolezze conoscevano a perfezione, quando non erano sodali, si stiano invece disperatamente chiedendo come fare, quante dichiarazioni ipocrite bugiarde rilasciare, quanta faccia tosta esibire, quanto poter contare sulla propria reputazione politica o sociale, per giustificare anni di silenzio complice e soprattutto evitare di restituire i milioni di dollari che gli ha procurato Weinstein.
Andiamo per ordine. Di Harvey Weinstein, famoso produttore di film assieme al fratello Bob, co-fondatore della Miramax films e della Westein company, si conoscevano le abitudini inappropriate verso le donne nei circoli di Hollywood ma anche nel mondo dello spettacolo internazionale.
A me personalmente, che non conto niente, molti giornalisti che seguono prevalentemente il cinema avevano raccontato negli anni passati della abitudine dell'uomo di ricattare le attrici, e alla mia risposta che questa è una vecchia storia a Hollywood e non solo tra produttori e aspiranti stelline, rispondevano che però la prepotenza, la brutalità di Westein non avevano precedenti, come la sua capacità di spaventare e ricattare.
Di una attrice italiana molto nota raccontavano che se lui chiamava, non aveva altra scelta che correre, dovunque si trovasse. La stessa brutalità veniva descritta nelle pratiche pubbliche di promozione dei film che si trattasse dei vecchi membri dell'Academy o di critici internazionali, che fossero necessari viaggi, prebende e regali vari, oppure anche in questo caso minacce di fargli perdere il lavoro. Denunciarlo? Ma che sei matta!
L'uomo più potente di Hollywood ha donato dalle sue tasche circa un milione di dollari a politici organizzazioni democratiche, ma soprattutto è stato il più generoso dei fundraisers, organizzatori di eventi feste e ricevimenti vari per raccogliere denaro, a partire dal 1991.
Business Insider ha stilato un bell'elenco per anni. Nel 1991 Weinstein ha cominciato con la senatrice Barbara Boxer della California e col senatore Patrick Leahy del Vermont. Poi si è aggiunta la senatrice Diane Feinstein, e il comitato centrale Democratico dello stato di California.
Da metà anni 90 comincia a essere un finanziatore regolare dei Clinton, seguendo con grande attenzione la rielezione del 96’ Il legame politico ed economico si fa così stretto che non c'è evento politico di Bill e Hillary Clinton o del Senatore Chuck Schumer al quale Weistein non prenda parte e non sia immortalato. Assieme all'amico Matt Damon e’ con Al Gore nella campagna poi perduta del 2000, ma della quale viene eletta Hillary Clinton senatore. Decine di migliaia di dollari li stanzia del 2002 per le elezioni di midterm contro Bush al Comitato Nazionale Democratico.
Ma Harvey Weinstein è pronto al passo ulteriore, a occuparsi attivamente delle lobby e dell'agenda legislativa democratica. Così finanzia numerosi PACs, comitati di azione politica, e gruppi benefici. Nel 2008 è naturalmente con Hillary alle primarie da candidato presidenziale, ma quando viene eletto Barack Obama è a lui che rivolge le sue attenzioni, pur senza dimenticare i finanziamenti alla fondazione Clinton.
Con gli Obama è una vera amicizia e comincia a comparire in loro compagnia a eventi pubblici di ogni tipo, mentre non fa mancare denaro ad amici senatori come Chris Dodd, Cory Booker, Kirsten Gillibrand, e la più femminista di tutte, la pasionaria Elizabeth Warren.
Weinstein sostiene personalmente gli amici politici, Il comitato democratico, e cause che lo rafforzano nel mondo del cinema per esempio nel 2014 sostiene la campagna per il taglio delle tasse a quelli che fanno teatro. Costruisce la sua influenza politica in un sapiente triangolo tra Hollywood, Washington e New York.
L'apposito centro for Responsive Politics fornisce una serie di cifre che ora perseguitano i democratici incalzati a restituirle. Voglio proprio vedere.
Non sono solo e tanto le cifre dirette sborsate da Weinstein,che sono oltretutto sottoposte a limiti di legge, è l'indotto, per capirci. Ma anche le prime non scherzano, siamo sui 400mila dollari al Comitato nazionale democratico, più donazioni non calcolate ufficialmente ma ricostruibili negli anni a Chuck Schumer, D-N.Y., Kirsten Gillibrand, D-N.Y., Al Franken, D-Minn., Elizabeth Warren, D-Mass., Dianne Feinstein, D-Calif.
Ma i pezzi da novanta sono i Clinton e gli Obama. Dal 1995 il produttore ha fatto una decina di donazioni sia a Bill che a Hillary, solo nell'ultima elezione, giugno 2016, un ricevimento nella sua casa di Manhattan ha fruttato 1 milione 800mila dollari alla campagna della Clinton; per forza, c'erano tutti gli amici di Weinstein come Leonardo DiCaprio, Jennifer Lopez, Sarah Jessica Parker. Intanto alcuni milioni di dollari andavano alla fondazione Clinton.
Veniamo a Obama. Nel 1912 Weistein per la campagna di rielezione ha contribuito con 679.275 dollari, ed è solo un esempio. Grande l'amicizia tra gli Obama marito e moglie e Weinstein con sua moglie, Georgina Chapman, famosa designer di abiti da sera per Oscar e Golden globe, o da matrimonio per miliardari, col marchio Marchesa. Anche lei nulla sapeva fino alla settimana scorsa, niente trapelava nei salotti e nei camerini del suo atelier, ora ha già chiesto il divorzio.
Alla Casa Bianca Harvey Weinstein è andato per tredici volte dal 2012 al 2016, nove di queste visite erano per incontri privati col presidente. Una delle figlie, Malia Obama, ha fatto uno stage di recente agli Studios Weinstein di Hollywood.
Dopo sei giorni di silenzio, l'ex presidente più loquace della storia d'America insieme alla moglie fa emettere uno scarno comunicato sulla sua sorpresa e sul suo disgusto. Ora, i presidenti sono regolarmente informati delle frequentazioni e abitudini dei loro amici che potrebbero danneggiarli virgola la figlia di un presidente o di un ex presidente gode di controllo e scorta.
È inutile aggiungere altro, è che erano troppo intenti ad essere schifati per una frase sulla facilità, per uno che fa il produttore ed è ricco e potente, di acchiappare, pronunciata da Donald Trump in una situazione privata 12 anni fa.
Tutte le forsennate indagini fatte da allora per trovare prove che Trump fosse passato dalla teoria alla pratica, magari scambiando un no per un sì, sono andate a vuoto. Ma ora si capisce quanto avesse ragione.
harvey weinstein e georgina chapman