IL VIDEO DI PROJECT VERITAS CON IL PRODUCER DELLA CNN: ‘RUSSIAGATE? TUTTE CAZZATE, BULLSHIT’
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Il New York Times, la signora in grigio dell'informazione che guarda un po' tutti dall'alto in basso, querelata per diffamazione, e già costretta a umilianti scuse, da quella burina di Sarah Palin, già governatore dell'Alaska, già candidato alla vicepresidenza per i repubblicani, conservatrice col fucile in mano e passionaria insopportabile? Si, e basterebbe questa notizia, basterebbe rileggere la faziosità e la stupidità dell'editoriale del 14 giugno per capire che la Palin avrà facilmente ragione.
In quell’ editoriale, subito dopo il ferimento del repubblicano Scalise e di altri da parte di un pazzo che urlava voglio uccidere tutti i repubblicani, il Times praticamente ha scritto che la Palin è responsabile morale della sparatoria anni fa nel 2011 contro la democratica Gabby Giffords. Serve altro per capire che l'informazione americana è malata seriamente, non si tratta di un raffreddore?
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Donald Trump si aspetta scuse che non arriveranno e affonda giustificatamente il dito nella piaga imperversando con i tweet dopo lo scivolone spaventoso della Cnn, e non solo. Tre giornalisti laureati licenziati, o se preferite costretti a dimettersi, una stretta sui controlli che evidentemente non venivano fatti a verifica della veridicità delle inchieste, un amministratore delegato , Jeff Zucker, in difficoltà, che appena schivata la querela da 100 milioni di dollari del collaboratore di Donald Trump chiamato in causa scorrettamente nell'inchiesta, si è ritrovato sputtanato durante un briefing alla Casa Bianca in un bel video nel quale un producer dell'emittente raccontava a una telecamera nascosta come l'affare Russia sia un'ossessione del capo, e che qualunque menzogna sia buona pur di tenerlo vivo.
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CNN in hell, titola non senza una bella dose di faccia tosta il Washington Post, e Trump subito lo infilza dicendo che assieme a New York Times, ABC, NBC e CBS non è da meno della Cnn quanto a bugie.
Smetteranno? No, non per ora, è una guerra civile, è una lotta senza quartiere, qualcuno si deve fare veramente male. Sono ragioni nobili, è la resistenza al tiranno, come teorizza l'attore che a New York a Central Park impersona con Shakespeare un Giulio Cesare/ Trump da assassinare? Certo che no.
Ma gli argomenti della lotta senza quartiere contro il quarantacinquesimo presidente, e il tentativo esplicito condotto dai media assieme a Silicon Valley, all'establishment di Washington, al Partito Democratico legato a Obama e ai Clinton, di sostituire una feroce opposizione legittima con un illegittimo progetto di eliminazione attraverso impeachment, potrebbero deragliare, cambiare direzione, e finire loro addosso.
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Andiamo per ordine. Ci sono stati negli ultimi giorni numerosi e interessanti sviluppi sul cosiddetto Russiagate , solo che non coinvolgono ulteriormente Donald Trump, al contrario svelano per quella che è una campagna di fango.
Un dossier fasullo, diffuso in campagna elettorale per dimostrare che la Russia aveva materiale scottante per ricattare Trump, proviene da tale Fusion GPS, una compagnia a proposito della quale da qualche tempo la Commissione Giustizia del Senato tenta inutilmente di ricevere informazioni su chi la finanzia e in che modo è stata in contatto con il governo e le agenzie di governo. Uno dei soci della fusion, Peter Fritsch, ha partecipato alla campagna di Hillary Clinton e se il dossier finito in mano a un ex agente inglese, Christopher Steele, si è rivelato presto fasullo, per qualche misteriosa ragione è diventato la base per tutta una serie di indagini, come ha accuratamente documentato il New York Post. Come mai?
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Fasullo pure il servizione della Cnn sugli incontri indiscreti con i russi di Anthony Scaramucci. Il quale non ha fatto una piega e ha inviato denuncia per diffamazione con ampia facoltà di prova e richiesta di risarcimento per 100 milioni di dollari. Servizio cancellato, poi riconosciuto falso, frutto delle informazioni di una sola non verificata fonte anonima (ma va!), con tanto di scuse, licenziamento dei tre autori, furiosa nota interna del direttore responsabile, Rich Barbieri, che ordina di non pubblicare mai più nulla che riguardi il dossier Russia senza aver prima sottoposto il materiale a lui o al suo vice.
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La furia di Barbieri non deve essere diminuita e quando il giorno dopo ancora Project veritas –un sito di controinformazione super conservatore, diretto da John O’Keefe – ha pubblicato una lunga intervista rubata a un producer della Cnn che raccontava l'ordine diffuso a tutti i dipendenti di trovare materiale contro Trump e sull'affare Russia a qualunque costo, senza preoccuparsi di prendere cose false con cose vere, perché così aumentano gli ascolti.
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Che per la verità non vanno male, ma neanche straordinariamente bene, tanto è vero che la Cnn è saldamente dietro la Fox di Rupert Murdoch, che accusa di essere una tv di Stato, termine veramente offensivo negli Stati Uniti, da non raccontare ai consiglieri di amministrazione della nostrana Rai.
Il vero risultato, come scrive perfidamente Michael Goodwin, editorialista del New York Post, è che la Cnn è sempre stata noiosa ma affidabile, ora è noiosa e inaffidabile. Amen. .
Ma c'è di più. Negli ultimi giorni l'aria è cambiata, e critiche e indagini sono state costrette a rivolgersi verso l'operato della passata amministrazione di Barack Obama e compagni.
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Proprio il Washington Post, messo sull’avviso, pubblica con prove e dettagli una storia già nota, che per esempio io avevo scritto in numerosi articoli per Dagospia durante l'estate e l'autunno della campagna elettorale, ovvero che la Casa Bianca nel 2016 era stata messa al corrente dai vertici delle agenzie di servizi di alcuni tentativi di disinformazione e pressioni sulle elezioni messe in atto dalla Russia, e aveva deciso di non far nulla.
Le ragioni sono semplici e poco pulite. Obama era certo che Hillary Clinton avrebbe vinto comunque le elezioni, le rivelazioni degli hacker russi si rivolgevano prevalentemente a malefatte nel Comitato nazionale democratico a favore della Clinton, e di molte licenze nella sua campagna a partire dal capo, John Podesta, e quindi non era il caso di metterle troppo in risalto.
Solo dopo l'imprevista sconfitta, Obama e la sua amministrazione prima di lasciare hanno giocato la carta russa, deciso l'espulsione di diplomatici e funzionari di quel paese dagli Stati Uniti, indirizzato verso una mai dimostrata collusione fra la campagna di Trump e il Cremlino le indagini sulla “Disinformatia”.
sparatoria al centro sportivo dei deputati usa 6
Non lasciano adito a dubbi le recenti testimonianze dell’ ex capo della Homeland Security, dell’ ex capo della NSA e chissà cosa avrà detto nelle lunghe ore di interrogatorio a porte chiuse John Podesta. Forse si comincerà anche a capire meglio i giochetti di James Comey, l'ex direttore dell' FBI, che deve aver pensato di poter trarre gran vantaggio e probabilmente un futuro politico da questo gran casino del quale conosceva qualche retroscena. Gli è andata male grazie a Trump.
E forse gli è andata male perché il sistema alla fine regge in quel fortunato paese sono gli Stati Uniti, è il Congresso che nelle commissioni finisce col fare il proprio lavoro, sono i deputati che devono rispondere ogni due anni agli elettori che a un certo punto si ribellano almeno in parte ai diktat dell'establishment, e infatti in questi giorni esponenti del Partito Democratico cominciano a sbottare.
Figuratevi che comincia a venire fuori anche che quella contro l'ex consigliere nominato alla sicurezza nazionale, il generale Michael Flynn, finito per primo sulla graticola del Russia gate, sia stata una vendetta ordita dal numero 2 del FBI,Andrew Mc Cabe, il quale ce l’aveva a morte con Flynn per avere ufficialmente preso le parti di un agente di controterrorismo ex militare in una brutta storia di discriminazione sessuale.
Se la storia finirà così, e sarà dimostrato che la campagna di fango deriva da omissioni e ostruzioni ordite dall'amministrazione Obama, a Donald Trump sarà stato fatto un gran piacere, molto tempo sarà stato perso a non fare opposizione su argomenti validi, la Russia avrà raggiunto il suo obiettivo politico principale di far succedere casino nella superpotenza avversaria.
La stampa e la tv che hanno trasformato la tradizione professionale in faziosità politica ne usciranno con le ossa rotte anche perché, come dimostra la vicenda della Cnn, i padroni quando si vedono messi alle strette licenziano anche I più brillanti giornalisti che prima avevano sguinzagliato come sicari .
Uno studio appena pubblicato del Media Research Center mostra che il 55% delle informazioni sulla nuova presidenza riguarda il Russiagate, come ormai viene chiamato: 353 minuti dedicati in un mese, contro 47 dedicati alla decisione di ritirarsi dall'accordo di Parigi sul clima, 29 al terrorismo, 17 alla riforma della sanità, e 47 secondi alla riforma delle tasse.
Su Intercept, Glenn Greenwald, che certo trumpiano non è, scrive in modo ficcante e definitivo che gli errori commessi dall'informazione stampa e tv in questi mesi sono sempre nella direzione di esagerare la minaccia o inventare legami incriminanti fra Trump e la Russia, e che tutte le false storie riguardano affermazioni prive di qualsiasi prova, provenienti da fonti anonime, che vengono trattate acriticamente come fatti certi.
Ovvero hanno fatto sempre quel che solo ora i tre della Cnn hanno pagato carissimo. Complimenti. Un velo pietoso su informazione europea e segnatamente italiana, che questa schifezza qui per mesi l'ha entusiasticamente copiata e raccontata come strepitosa opposizione all’ impostore.
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