AMMUCCHIATA AL CENTRO – D’ALIMONTE, UNO DEI PADRI DELL’ITALICUM: “IL BALLOTTAGGIO COSTRINGERÀ I PARTITI A CERCARE CANDIDATI TRASVERSALI PERCHÉ AL SECONDO TURNO SI VINCE AL CENTRO” – “IN QUESTO MOMENTO AL BALLOTTAGGIO ANDREBBERO RENZI E GRILLO. SALVINI TROPPO ESTREMISTA E DEBOLE AL SUD”
1.D’ALIMONTE: L’ANTI RENZI NON PUÒ ESSERE SALVINI
Ilario Lombardo per “la Stampa”
Professor Roberto D’Alimonte, nel 2018 si andrà al voto con l’Italicum, che rende possibile il ballottaggio. Quale avversario consegnano a Renzi queste elezioni regionali?
«Se il centrodestra riuscirà a trovare una formula credibile per presentarsi unito, il secondo posto potrebbe tornare in discussione. Se, invece, si presenterà diviso, sulla base dei dati di oggi è banale dire che lo sfidante di Renzi con molta probabilità sarà il Movimento di Grillo».
Quale formula dovrebbe trovare il centrodestra?
«Non è facile, perché nell’Italicum il premio va alla lista e non alla coalizione. È un vincolo con cui devono fare i conti due partiti, Lega e Forza Italia. Saranno costretti a presentare i candidati in un’unica lista. Certo, una lista potrà essere pluripartitica, ma il coordinamento sarà comunque più complicato».
Berlusconi sogna il miracolo del 1994, quando riuscì a far convivere Bossi e Fini.
«Fu il suo merito storico: prendere pezzi di una destra frammentata e fonderli in una coalizione vincente. Ma aveva risorse economiche, mediatiche e di carisma».
Che Salvini non ha?
BEPPE GRILLO E VALERIA CIARAMBINO
«Non lo vedo capace di una fusione di queste proporzioni. Il ballottaggio costringe i partiti a scegliere candidati con un appeal più trasversale, che non piacciano, cioè, solo alla loro parte. Le faccio un esempio: sono convinto che in Umbria, se ci fosse stato il ballottaggio, non avrebbe vinto Catiuscia Marini, ma Claudio Ricci, proprio perché piaceva trasversalmente».
Dunque non potrà essere Salvini lo sfidante di Renzi?
«Non ha quell’appeal. Salvini presenta due handicap: ha posizioni politiche troppo estreme e al Sud non ha ancora sfondato. La Lega Nord è al massimo un partito di Centro-Nord, in Puglia ha preso il 2%. A oggi Salvini non sarebbe un candidato nazionale. Piuttosto è il M5S ad avere una distribuzione del consenso più omogenea in tutta Italia».
È immaginabile una sfida Renzi-Di Maio al secondo turno?
matteo renzi e agnese landini al voto a pontassieve 9
«Tutto è possibile. Luigi Di Maio si mantiene fedele alla linea ma al momento la sua immagine pubblica non è quella di un grillino estremista».
Non scatterebbe una conventio ad excludendum contro il M5S, come avviene in Francia contro la Le Pen?
«I sistemi con il secondo turno portano a tagliare le ali estreme. L’offerta elettorale punta al centro, si concentra sul voto dei moderati».
Nessuna speranza per un partito a sinistra del Pd?
«Lo spazio c’è. Ma quanto è ampio? Le Regionali non ce lo hanno chiarito e la Liguria non può fare testo da sola».
Renzi potrebbe fare una lista con la sinistra per vincere contro destra e M5S?
«Non credo lo farà. Diverso è il discorso se non dovesse vincere al primo turno. A quel punto vedremo se la sinistra, che intanto si è assicurata i suoi seggi, dirà ai suoi elettori di astenersi al ballottaggio. O se darà indicazione di andare a votare Renzi turandosi il naso».
matteo renzi e agnese landini al voto a pontassieve 6
Alle Regionali: hanno senso 7 sistemi elettorali diversi ?
«Effettivamente c’è troppa diversità e i meccanismi, in certi casi troppo arzigogolati, sembrano servire più agli interessi locali che ad altro. Va detto però che tutti i sistemi hanno funzionato, anche se con un grado diverso di disproporzionalità. Per capirci: con il 34% dei voti Giovani Toti in Liguria si è assicurato il 51%».
2. LA DESTRA HA PIU’ VOTI
Carlo Di Foggia e Marco Palombi per il “Fatto Quotidiano”
I l centro-destra non è un polo unitario mentre il centrosinistra, pur con le divisioni interne al Pd, lo è. E lo è anche il M5S. Per questo non è affatto prevedibile oggi quale sarà lo sfidante di Renzi alle prossime politiche”. Così Roberto D’Alimonte - politologo e padre (con Denis Verdini) dell’Italicum- ieri sul Sole 24 Ore . Le cose stanno più o meno così, ma solo per ora. È vero che non si trattava di elezioni nazionali, ma i numeri delle sette regioni che hanno votato domenica possono comunque spiegare cosa succederebbe votando con la legge elettorale voluta da Renzi.
Tutti hanno finora pensato al Pd del 40,8% delle Europee, ora però la situazione non sembra più quella e pare che il premier abbia parecchie cose di cui preoccuparsi. Ricordiamo le regole base utili nel nostro caso: nessuna coalizione; la soglia di sbarramento è al 3%; il premio di maggioranza va alla singola lista che prende di più e raccoglie oltre il 40% dei voti o che vince il ballottaggio tra i primi due classificati.
Primo scenario: tutti corrono da soli e il M5S ci guadagna La frammentazione del centrodestra non conviene solo al Pd. Pure il Movimento 5 Stelle dovrebbe tifare per l’Italicum com’è ora (cioè senza coalizioni e senza la possibilità di apparentamento al ballottaggio) visto che pare l’unico modo in cui potrebbe arrivare a sfidare il Pd nel secondo turno.
Ecco un riassunto complessivo del voto di domenica: quelli alle liste sono 8,47 milioni in tutto e la “classifica”dei partiti italiani (cui abbiamo “regalato” anche i voti presi dalle liste civiche col nome dei candidati presidenti) sarebbe questa: il Pd vince con oltre due milioni e mezzo di voti e il 29,6% dei consensi (le sole liste Pd sono al 25 e dispari per cento); secondo si piazza il M5S con il 16,06% di consensi (1,327 milioni totali); terza la Lega, che raccoglie il 14% e 1,237 milioni di voti nonostante non corresse in Campania. Segue Forza Italia (13,6% e 1,158 milioni di voti), mentre Area Popolare di Angelino Alfano si salva appena dalla soglia di sbarramento col 3,7% e 321.892 voti (in qualche regione, però, non si è presentato col suo simbolo).
Risultato: con l’Italicum, ballottaggio tra Pd e M5S. In questo caso è evidente una delle peggiori distorsioni dell’Italicum: al ballottaggio vanno due partiti che non raccolgono nemmeno la metà dei voti validi. Se ci si aggiunge l’astensione non è un bel biglietto da visita quanto a legittimazione democratica.
Lo stesso D’Alimonte ha ribadito spesso che il problema italiano è la governabilità, ma la Consulta nel Porcellum ravvisò qualche problema di eccessiva compressione della rappresentanza. Non sarà che governo e Costituzione hanno priorità diverse?
silvio berlusconi fotografato da bruno vespa
Secondo scenario: l’alleanza Lega-FI-FdI supera il Pd Ovviamente, la faccenda cambia se gli stessi numeri usati sopra vengono combinati in modo diverso. Se Matteo Salvini e Giorgia Meloni (Lega e Fratelli d’Italia) - sempre insieme in queste elezioni e che vedono Alfano come il fumo negli occhi - riescono a allearsi con Silvio Berlusconi (Forza Italia), la situazione cambia di segno: il Pd con le sue liste dei presidenti resta sempre al 29,6%, come il M5S al 16 e spiccioli, mentre l’area della destra-centro con 2,731 milioni di voti complessivi s’attesta al 32,2%. Tradotto: Salvini, Meloni e Berlusconi hanno preso (contando anche le liste dei presidenti, compresa quella Zaia) 200mila voti in più dei democratici e andrebbero al ballottaggio col Pd in testa.
Terzo scenario: centrodestra e centrosinistra old style Potrebbe anche succedere che l’Italicum, in cui chi vince anche di un voto prende tutto, spinga alla lista onnicomprensiva, all’ammucchiata finale. Sempre usando i voti alle liste, allora, abbiamo fatto un calcolo come se, in sostanza, esistessero ancora il vecchio centrosinistra e il vecchio centrodestra: a quelli del Pd, dunque, vengono sommati i voti della sinistra non troppo radicale come ad esempio quella dello “scissionista” ligure Luca Pastorino o di Sel laddove era presente; nel campo di Forza Italia tornano i voti di Raffaele Fitto in Puglia e pure quelli raccolti da Angelino Alfano e soci (Ncd+Udc).
Il risultato, anche se si allarga la platea, è più o meno lo stesso: centrosinistra con 2,768 milioni di voti e il 32,6%, centrodestra 2,989 milioni di voti e il 35,2%. Quarto scenario: la destra può vincere al primo turno. L’ultimo scenario è diverso dagli altri, nel senso che prende in considerazioni i voti validi presi da tutti i candidati presidente e la platea dunque si estende: si tratta di 9 milioni e trecentomila consensi, quasi un milione in più di quelli dati alle liste su cui abbiamo lavorato finora. Ebbene se li raggruppiamo per macro-aree politiche - all’ingrosso destra, sinistra e M5S - i risultati sono sorprendenti.
Ovviamente questo non riguarda il Movimento di Grillo, per cui non cambia molto visto che si è presentato da solo ovunque, ma per gli altri si intravvede una possibilità davvero paradossale: i candidati di centrosinistra/sinistra e quelli di centrodestra/destra hanno infatti raccolto più o meno entrambi il 38% (leggermente in vantaggio i secondi, per la verità) e con questo scenario politico saremmo molto vicini alla soglia del 40% dopo la quale basta un voto in più per prendersi il premio di maggioranza monstre da 340 deputati su 600 voluto da Renzi.
Salvini e Berlusconi insomma, se questo è il trend, possono giocarsi la partita alla pari e puntare sulla pancia dell’elettorato italiano, tradizionalmente conservatore. Al momento, quel che gli manca per dare fastidio al premier è un candidato credibile. Se lo trovano, però...