ARCHEO - QUANDO WASHINGTON PUNTO’ SU MARINI PER IMPEDIRE LA FUSIONE DELLA TRIPLICE CGIL, CISL E UIL

Stefania Maurizi per Espresso.it

Franco Marini, il "lupo marsicano", è un vecchio amico degli americani? Di sicuro in una stagione cupa e complessa come gli anni Settanta, il candidato del Pd alla presidenza della Repubblica, che però è appena saltato, ha fatto molto comodo agli Stati Uniti. A rivelarlo sono i "Kissinger Cables" di WikiLeaks, che "l'Espresso" pubblica in esclusiva per l'Italia in collaborazione con "Repubblica".

Sono gli anni tra il 1973 e il 1976, una stagione di trame, scandali e del rischio del "sorpasso storico" del Partito comunista di Enrico Berlinguer sulla Dc degli Amintore Fanfani, di Giulio Andreotti e di Aldo Moro. Gli Stati Uniti guardano con grandissima preoccupazione a quel Pci che s'ingrossa, cresce in voti e accettazione sociale, mentre la Dc, unico sbarramento contro la vittoria del comunismo in Italia, perde colpi, dilaniata da lotte interne, corruzione e inazione. Ogni piccola variazione dello scenario politico italiano è monitorata dalla diplomazia americana, che la riferisce prontamente al Dipartimento di Stato.

Uno dei tanti sviluppi che inquieta gli Stati Uniti è la possibilità che i tre grandi sindacati italiani, Cgil, Cisl e Uil, possano fondersi dando il via a un'unità sindacale ben più vincolante di quella della semplice confederazione tra organizzazioni profondamente diverse. L'unione tra le forze che difendono i diritti dei lavoratori sembrerebbe una scelta logica, peraltro appoggiata dagli stessi lavoratori e da molti leader, ma agli americani l'idea non piace minimamente: rischierebbe di rafforzare ulteriormente la già fortissima Cgil dei comunisti, schiacciando la Cisl della Democrazia cristiana.

Quando nel dicembre del 1973 appare sulla scena una frangia della Cisl che si oppone all'unità, la diplomazia Usa è subito interessata a capire la natura, le risorse e gli uomini su cui può contare quella minoranza «riluttante a perdere la propria identità, diluendosi in un unico sindacato, preoccupata dal rischio di un dominio dei comunisti nella nuova formazione unica».

«E' una minoranza tutt'altro che coesa», scrive l'ambasciatore John Volpe, che segue ogni passaggio dello scontro, raccontando a Washington anche il grande peso della Chiesa cattolica nella Cisl. Come quando l'esperto del Vaticano sulle questioni del lavoro, il vescovo Bartolomeo Santo Quadri, convoca un meeting spirituale con i leader della Cisl per «sottolineare il fatto che la leadership di un sindacato cattolico necessita dell'approvazione della Chiesa per ogni passo che intende intraprendere. In breve, la Chiesa fissa i parametri per l'azione».

Gli americani tifano per quella minoranza che si oppone all'unità sindacale. A dare battaglia è, in particolare, il leader cislino Vito Scalia, che bussa alle porte di via Veneto chiedendo aiuto. «Il punto più importante del discorso di Scalia è che c'è bisogno di un'azione tempestiva contro l'unità sindacale», scrive la diplomazia Usa, «quello di cui c'è bisogno per la creazione di un'alternativa alla Cgil è di alcuni leader con un sufficiente appoggio nei posti giusti».

A quali leader e a quali appoggi giusti si riferisce, Scalia? Ma a lui stesso ovviamente e all'appoggio dell'ambasciata di via Veneto, come concludono gli stessi americani, comunicando a Washington i suoi «poco velati appelli per un supporto finanziario e per l'assistenza diplomatica». I "Kissinger Cables" lasciano emergere che la porta a cui bussare per l'aiuto economico è l' "Afl-Cio": la più grande confederazione di sindacati americani. Ma sebbene gli Usa siano dalla parte della minoranza Cisl che si oppone all'unità sindacale, temono lo scontro aperto che Scalia porta avanti all'interno della Cisl.

Hanno paura che un confronto troppo aspro possa portare a una spaccatura del più importante sindacato non comunista, indebolendo ulteriormente la Dc in una fase storica in cui gli americani non si possono permettere di avere una Dc ulteriormente indebolita, perché il Pci di Berlinguer incalza e il rischio compromesso storico è alle porte. E allora la simpatia Usa va a quel Franco Marini, contrario sì all'unità come Scalia, ma molto più abile nelle trattative, grande tessitore che gode anche del sostegno della Democrazia cristiana «finora riluttante ad appoggiare una spaccatura della Cisl e favorevole all'approccio della mediazione scelto dal gruppo di Marini».

Nel marzo del 1974, il "lupo marsicano" si reca negli Usa con un viaggio finanziato (grant) da Washington, la diplomazia americana preannuncia al Dipartimento di Stato quella visita, facendo presente che Marini «punta a rafforzare e modellare la Cisl dall'interno per competere con la Cgil. Questo è in contrasto con Scalia che spesso minaccia uno scisma». I cablo non raccontano se negli Usa Marini riceve effettivamente aiuto finanziario dai sindacati americani dell'Afl-Cio, come sperava Scalia, ma la diplomazia Usa scrive di sperare che «le sue conversazioni a Washington con i funzionari dell'Afl-Cio possano portare a un dialogo costruttivo e fruttuoso».

Nel luglio del 1975, via Veneto è molto più rilassata: la spaccatura dentro la Cisl è stata scongiurata, l'unità sindacale con la Cgil è un progetto lontano e in altomare, mentre la Cisl è uscita rafforzata dallo scontro interno. Merito di Franco Marini che «ha giocato un ruolo instancabile di mediatore tra le forze».

 

FRANCO MARINI ESCE DI CASA FRANCO MARINI FOTO LA PRESSE berlinguer moroAndreottimoro,kissingerkissinger

Ultimi Dagoreport

cecilia sala mohammad abedini donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT - INTASCATO IL TRIONFO SALA, SUL TAVOLO DI MELONI  RIMANEVA L’ALTRA PATATA BOLLENTE: IL RILASCIO DEL “TERRORISTA” IRANIANO ABEDINI - SI RIUSCIRÀ A CHIUDERE L’OPERAZIONE ENTRO IL 20 GENNAIO, GIORNO DELL’INSEDIAMENTO DEL NUOVO PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI, COME DA ACCORDO CON TRUMP? - ALTRO DUBBIO: LA SENTENZA DELLA CORTE DI APPELLO, ATTESA PER IL 15 GENNAIO, SARÀ PRIVA DI RILIEVI SUL “TERRORISTA DEI PASDARAN’’? - E NEL DUBBIO, ARRIVA LA DECISIONE POLITICA: PROCEDERE SUBITO ALLA REVOCA DELL’ARRESTO – TUTTI FELICI E CONTENTI? DI SICURO, IL DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA DI WASHINGTON, CHE SI È SOBBARCATO UN LUNGO LAVORO DI INDAGINE PER PORTARSI A CASA “UNO SPREGIUDICATO TRAFFICANTE DI STRUMENTI DI MORTE”, NON AVRÀ PER NULLA GRADITO (IL TROLLEY DI ABEDINI PIENO DI CHIP E SCHEDE ELETTRONICHE COME CONTROPARTITA AGLI USA PER IL “NO” ALL'ESTRADIZIONE, È UNA EMERITA CAZZATA...)

marco giusti marcello dell utri franco maresco

"CHIESI A DELL'UTRI SE FOSSE PREOCCUPATO PER IL PROCESSO?' MI RISPOSE: 'HO UN CERTO TIMORE E NON… TREMORE'" - FRANCO MARESCO, INTERVISTATO DA MARCO GIUSTI, RACCONTA DEL SUO COLLOQUIO CON MARCELLO DELL'UTRI - LA CONVERSAZIONE VENNE REGISTRATA E IN, PICCOLA PARTE, UTILIZZATA NEL SUO FILM "BELLUSCONE. UNA STORIA SICILIANA": DOMANI SERA "REPORT" TRASMETTERÀ ALCUNI PEZZI INEDITI DELL'INTERVISTA - MARESCO: "UN FILM COME 'IDDU' DI PIAZZA E GRASSADONIA OFFENDE LA SICILIA. NON SERVE A NIENTE. CAMILLERI? NON HO MAI RITENUTO CHE FOSSE UN GRANDE SCRITTORE..." - VIDEO

terzo mandato vincenzo de luca luca zaia giorgia meloni matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER TUTTO CON LA DUCETTA CHE INSISTE PER UN CANDIDATO IN VENETO DI FRATELLI D'ITALIA - PER SALVARE IL CULO, A SALVINI NON RESTA CHE BATTERSI FINO ALL'ULTIMO PER IMPORRE UN CANDIDATO LEGHISTA DESIGNATO DA LUCA ZAIA, VISTO IL CONSENSO SU CUI IL DOGE PUÒ ANCORA CONTARE (4 ANNI FA LA SUA LISTA TOCCO' IL 44,57%, POTEVA VINCERE ANCHE DA SOLO) - ANCHE PER ELLY SCHLEIN SONO DOLORI: SE IL PD VUOLE MANTENERE IL GOVERNO DELLA REGIONE CAMPANA DEVE CONCEDERE A DE LUCA LA SCELTA DEL SUO SUCCESSORE (LA SOLUZIONE POTREBBE ESSERE CANDIDARE IL FIGLIO DI DON VINCENZO, PIERO, DEPUTATO PD)

elisabetta belloni giorgia meloni giovanni caravelli alfredo mantovano

DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE IMPRONTE PORTANO A “FONTI DI INTELLIGENCE A LEI OSTILI” - L'ADDIO DELLA CAPA DEGLI SPIONI NON HA NULLA A CHE FARE COL CASO SALA. LEI AVREBBE PREFERITO ATTENDERE LA SOLUZIONE DELLE TRATTATIVE CON TRUMP E L'IRAN PER RENDERLO PUBBLICO, EVITANDO DI APPARIRE COME UNA FUNZIONARIA IN FUGA - IL CONFLITTO CON MANTOVANO E IL DIRETTORE DELL'AISE, GIANNI CARAVELLI, VIENE DA LONTANO. ALLA FINE, SENTENDOSI MESSA AI MARGINI, HA GIRATO I TACCHI   L'ULTIMO SCHIAFFO L'HA RICEVUTO QUANDO IL FEDELISSIMO NICOLA BOERI, CHE LEI AVEVA PIAZZATO COME VICE ALLE SPALLE DELL'"INGOVERNABILE" CARAVELLI, È STATO FATTO FUORI - I BUONI RAPPORTI CON L’AISI DI PARENTE FINO A QUANDO IL SUO VICE GIUSEPPE DEL DEO, GRAZIE A GIANMARCO CHIOCCI, E' ENTRATO NELL'INNER CIRCLE DELLA STATISTA DELLA GARBATELLA

cecilia sala abedini donald trump

DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL MEDIO ORIENTE - CON IL POPOLO IRANIANO INCAZZATO NERO PER LA CRISI ECONOMICA A CAUSA DELLE SANZIONI USA E L’''ASSE DELLA RESISTENZA" (HAMAS, HEZBOLLAH, ASSAD) DISTRUTTO DA NETANYAHU, MENTRE L'ALLEATO PUTIN E' INFOGNATO IN UCRAINA, IL PRESIDENTE “MODERATO” PEZESHKIAN TEME LA CADUTA DEL REGIME DI TEHERAN. E IL CASO CECILIA SALA SI È TRASFORMATO IN UN'OCCASIONE PER FAR ALLENTARE LA MORSA DELL'OCCIDENTE SUGLI AYATOLLAH - CON TRUMP E ISRAELE CHE MINACCIANO DI “OCCUPARSI” DEI SITI NUCLEARI IRANIANI, L’UNICA SPERANZA È L’EUROPA. E MELONI PUÒ DIVENTARE UNA SPONDA NELLA MORAL SUASION PRO-TEHERAN...

elon musk donald trump alice weidel

DAGOREPORT - GRAZIE ANCHE ALL’ENDORSEMENT DI ELON MUSK, I NEONAZISTI TEDESCHI DI AFD SONO ARRIVATI AL 21%, SECONDO PARTITO DEL PAESE DIETRO I POPOLARI DELLA CDU-CSU (29%) - SECONDO GLI ANALISTI LA “SPINTA” DI MR. TESLA VALE ALMENO L’1,5% - TRUMP STA ALLA FINESTRA: PRIMA DI FAR FUORI IL "PRESIDENTE VIRTUALE" DEGLI STATI UNITI VUOLE VEDERE L'EFFETTO ''X'' DI MUSK ALLE ELEZIONI POLITICHE IN GERMANIA (OGGI SU "X" L'INTERVISTA ALLA CAPA DI AFD, ALICE WEIDEL) - IL TYCOON NON VEDE L’ORA DI VEDERE L’UNIONE EUROPEA PRIVATA DEL SUO PRINCIPALE PILASTRO ECONOMICO…