Marco Zatterin per “la Stampa”
La morte sopraggiungerà per mancanza di ossigeno», sintetizza a denti stretti un pezzo grosso della Commissione Ue. Vuol dire che un eventuale addio della Grecia dall’Eurozona non sarebbe sancito da una decisione del Consiglio, né da un voto parlamentare, del resto non ci sono regole che lo prevedano.
Lo scenario che i giuristi di Bruxelles stanno valutando, con la speranza che il loro lavoro si riveli inutile, prevede che in mancanza di intese su riforme e tagli la repubblica ellenica scivoli via dalla moneta unica per esaurimento di valuta europea.
«Accertato il default nei confronti della Bce - spiega la fonte -, sarebbe automatica la decisione di Francoforte di chiudere il rubinetto della liquidità. Senza interventi esterni, le banche fallirebbero». Gli euro uscirebbero dal mercato e il mercato dall’euro. Detta così, è drammaticamente semplice.
L’apparenza non inganni. L’assenza di regole e l’irreversibilità dell’Eurozona prescritta dai Trattati sono armi a doppio taglio. «Ho uno scenario preciso per l’uscita della Grecia dall’euro», ha assicurato martedì il presidente della Commissione, Jean Claude Juncker. Ha detto scenario, non piano.
draghi tsipras merkel lagarde hollande
I piani sono quasi impossibili, soprattutto perché si vorrebbe evitare che l’addio all’Eurozona di Atene portasse anche all’uscita dall’Ue che, invece, è prevista dall’art. 50 della costituzione europea attraverso un processo complesso e ratificato da tutti i parlamenti nazionali. Si potrebbe ricorrere all’art. 352, norma che consente di fare qualsiasi cosa dia beneficio all’Unione se tutti sono d’accordo per estromettere chi disturba la stabilità comune. Ma è una ipotesi vaga.
Il pensatoio di Juncker studia gli aspetti legali di «Grexit» e, per il momento, ritiene che la soluzione migliore consista nel farli andar via per impossibilità di restare dentro. Funziona così. Il 20 luglio la Grecia non rimborsa i 3,5 miliardi alla Bce. L’evento creditizio elimina automaticamente la possibilità che la Francoforte possa immettere soldi nelle banche elleniche che resterebbero a secco molto in fretta.
Per mantenere in vita l’economia, Atene dovrebbe a quel punto dotarsi d’una moneta diversa: potrebbe essere la dracma, anche se richiederebbe tempo; oppure si potrebbe stabilire un sistema di «pagherò» non dissimile dai miniassegni italiani degli Anni 70, che avrebbe però solo valore interno. Per le transazioni internazionali bisognerebbe acquistare (a prezzo maggiorato) euro, dollari o quel che serve.
renzi tsipras rutte juncker all eurogruppo
L’Europa dovrebbe a quel punto istruire un pacchetto di emergenza per contenere gli effetti sul mercato comune a dodici stelle e sulla Grecia stessa. Si richiederebbe un riorientamento virtuoso dei fondi strutturali, un piano di aiuti di prima necessità per i cittadini (farmaci ecc.) e un’azione parallela della Bce per evitare il contagio finanziario sui Paesi deboli e ad alto debito: «Con la Qe di Draghi non dovrebbero esserci grossi incidenti», si stima a Bruxelles. Quanto ad Atene, una volta rinunciato all’euro, dovrebbe comunque rinegoziare il debito col Fmi e l’Eurotower, che terrebbero conto della probabile recessione e della svalutazione, oltremodo dannosa per un paese che esporta poco. Un dramma. Restano quattro giorni per evitarlo.