1.SIRINGHE E PROVETTE RICICLATE NIENTE STRAORDINARI AI MEDICI IN GRECIA VIETATO AMMALARSI AUSTERITY DEL 94% NELLA SANITÀ
Ettore Livini per “la Repubblica”
Parola d’ordine: vietato ammalarsi. La crisi greca, cifre alla mano, ha tante chiavi di lettura. A Bruxelles e Berlino ci si occupa di Pil, avanzo primario e debiti. Nelle corsie degli ospedali di Atene i numeri che contano sono altri: «Ho appena dato un’occhiata nel magazzino della nostra farmacia. Com’è la situazione? Disperata!», dice Eva Zakaropoulou, seduta con il suo abito blu da infermiera davanti alla “resuscitation room” (c’è scritto proprio così) nel Pronto soccorso dell’Evangelismos, la più grande clinica di Atene. Il Paese non ha più un euro in cassa.
Il governo ha grattato il fondo del barile per pagare creditori, stipendi e pensioni. Risultato: soldi per la sanità pubblica non ce ne sono quasi più. Nei primi quattro mesi del 2014 le 140 strutture nazionali avevano ricevuto 670 milioni dallo Stato. Quest’anno i finanziamenti sono crollati a 43 milioni, il 94% in meno. Ed Eva, fatti i suoi conti, non sa più che pesci pigliare. «Abbiamo solo due scatoloni di guanti in plastica, ci dovrebbero bastare per una settimana — calcola sconsolata — Tavor non ce n’è più, come gli aghi per le iniezioni e i bisturi. Ma questo pomeriggio dovrebbe arrivarci una piccola fornitura da un’altra clinica qui vicino».
L’austerity senza fine della Grecia, per chi lavora in medicina, ha il veleno della coda. «Noi abbiamo pagato un prezzo carissimo. Il budget del nostro ospedale, per dire, è stato tagliato del 25% dal 2009 – racconta Aris Ekonomou, stetoscopio al collo, nel reparto radiologia al Gennimata – A fine 2014 l’economia era ripartita e tutti eravamo convinti che l’inferno fosse finito».
Invece no. L’impasse tra creditori e il governo di Alexis Tsipras ha prosciugato le entrate del Gennimata. «I soldi arrivano con il contagocce – spiega Aris – Come lavoriamo? Facciamo di necessità virtù. Fino ad oggi non abbiamo mandato a casa nessunpaziente: ricicliamo siringhe e provette, sterilizzandole. Compriamo solo farmaci generici. Ma non ce la facciamo più». Anche perché, non lo dice lui ma lo racconta Helena, studentessa di Medicina tirocinante nella struttura, «ai medici non pagano da mesi straordinari e notti».
Non sono i soli. In attesa di un accordo con l’ex Troika (e per raggiungere gli obiettivi di avanzo primario imposti da Bce, Ue e Fmi), l’esecutivo ha congelato i pagamenti ai creditori. Tutti. «Noi siamo al verde - ride Giorgos dal finestrino della ambulanza gialla e arancione della Ekab, appena arrivata per un’emergenza dallo Zografou -- Mi sembra di essere tornato ai tempi del motorino al liceo: nel serbatoio del nostro Citroen Jumper facciamo al massimo 5 euro di benzina alla volta. Autonomia: 35 chilometri... ».
Anche i ricchi, per par condicio, piangono. Richard Bergstrom, direttore dell’Associazione delle aziende farmaceutiche europee, fa i conti della sua personalissima Caporetto: «Atene non ci paga più da dicembre 2014 - calcola – e le fatture arretrate sono arrivate ormai a 1,1 miliardi». Le forniture, grazie alla moral suasion di Bruxelles e alla garanzia pubblica, continuano. Ma il rischio dello stop, con conseguente collasso del sistemasanitario nazionale, è dietro l’angolo. «Siamo all’asfissia finanziaria », sintetizza cruda l’Unione dei medici ellenici.
Syriza, da quando è al potere, ha provato a fare qualcosa di sinistra. «La salute è un diritto universale e non una merce», ha detto Tsipras appena eletto. E alle parole ha fatto seguire i fatti: è stato cancellato il ticket di ingresso di 5 euro imposto dalla Troika, è stato varato (tra i mugugni dei creditori) un piano per l’assunzione di 4.500 persone nel settore sanitario. E soprattutto è stata eliminata la norma che escludeva dal servizio di assistenza gratuito chi aveva perso il lavoro da più di un anno (più di un milione di persone a fine 2014). In pratica chi ne aveva più bisogno.
«I risultati di questi interventi si vedono – assicura Christos Sideris della Metropolitan Community Clinic di Helleniko, uno dei tanti centri di volontariato spuntati dal nulla per tappare i buchi di un welfare che fa acqua da tutte le parti - Lo scorso anno qui da noi facevamo 1.400 visite al mese, ora siamo scesi a 1.100. Segno che molta gente ha potuto tornare a farsi curare tra le mura di un ospedale».
tsipras con un poster della merkel
Fuori dalla porta c’è una lunga coda. Chi viene a cercare un paio di occhiali - in un cestone ce ne sono un centinaio – chi a prendere costosi farmaci anti-cancro che lo Stato non passa più. Il Parlamento Europeo una settimana fa ha premiato questa struttura spartana nel cuore dell’ex base militare americana a due passi dal Pireo con il “Citizen Prize” per il suo lavoro. «Una decisione ipocrita – dice Christos –. Andremo a ritirare il premio. Ma spiegheremo a Bruxelles che senza la loro assurda austerità, di gente come noi in Grecia non ci sarebbe mai stato bisogno».
2.GRECIA: FASSINA, NON FIRMEREI ACCORDO. VAROUFAKIS LO TWITTA
(ANSA) - Il ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis cita, nel suo profilo twitter, l'esponente della minoranza del Pd Stefano Fassina che lo invita a non firmare l'accordo con i creditori. Nel tweet non c'è nessun commento del ministro ma solo un link al sito scenarieconomici.it dove si fa il resoconto della presentazione, avvenuta ieri, del libro "Non chiamatelo Euro" di Angelo Polimeno e dello stesso Stefano Fassina.
Lì Fassina, alla domanda di cosa farebbe se fosse Varoufakis, ha risposto: "Resisterei, non firmerei il memorandum che prevede il taglio delle pensioni ad esempio, anche perché loro lo sanno che se non c'è una ristrutturazione del debito, tra sei mesi massimo un anno, la Grecia si ritroverà nelle stesse medesime condizioni".
3.UE: GUTGELD, DA ATENE RICHIESTE INSOSTENIBILI
(ANSA) - "Vorrei ricordare, casomai qualcuno l'avesse dimenticato, che la Grecia oggi vive grazie ai soldi prestati dai contribuenti europei e italiani. Non i soldi delle banche: i nostri soldi. Ricordo che ancora per qualche anno la restituzione del suo debito è congelata. E ricordo che il costo per onorare quel debito è pari a circa due punti di prodotto interno lordo. Meno della Germania, meno della metà di quello che spende ogni anno l'Italia. Di fronte a questi numeri viene da chiedersi se Tsipras ha compreso l'esistenza di un problema di sostenibilità politica delle sue richieste".
Lo dice alla Stampa Yoram Gutgeld, deputato Pd e commissario per la Revisione della spesa. "La solidarietà c'è già - sottolinea - quando i partner europei sono subentrati alle banche esposte in debito greco, non lo hanno fatto a condizioni di mercato ma con quello spirito di solidarietà che tanto viene invocato".
Se anche la Grecia uscisse dall'area Euro, aggiunge, "oggi c'è il piano di acquisti della Bce, e l'economia italiana ha iniziato a girare dalla parte giusta. Qualche turbolenza ci sarebbe, ma non vedo all'orizzonte scenari catastrofici". Quanto alla revisione della spesa italiana, Gutgeld afferma che il lavoro procede bene con "15 cantieri aperti", "in ogni settore ci sono aree di eccellenza e di spreco. Puntiamo ad estendere le eccellenze".