Andrea Montanari per il Venerdì-la Repubblica
Umberto Bossi sembra un leone ferito, ma per nulla rassegnato, ora che il partito che ha fondato ha scelto la linea sovranista di Matteo Salvini. Il leader che ha riportato la Lega al governo gli ha concesso l' onore delle armi ricandidandolo al Senato, ma ha mandato in soffitta la Lega dei popoli cara alla vecchia guardia e cancellato la parola Nord dal simbolo.
Il Senatùr ora passa la maggior parte del suo tempo tra il Senato, la sua casa di Gemonio, nel varesotto, che presto sarà sequestrata dalla magistratura per l' inchiesta sulla maxi truffa ai danni dello Stato sui rimborsi elettorali, e Laveno, sulla sponda lombarda del lago Maggiore, dove lo abbiamo incontrato.
Il prossimo primo luglio, a Pontida, Salvini potrebbe lanciare la nuova Lega Italia. Lei cosa si aspetta?
«Non penso che sarà così, sarà tutto sfumato. La partita si giocherà sul piano degli equivoci e dell' ambiguità. Per far trovare la gente davanti al fatto compiuto. Altrimenti, penso che qualcuno potrebbe tirarlo giù dal palco. Pontida l' ho inventata io, anzi sono io che ho recuperato la storia di Pontida. Se c' è qualcosa da fare è allontanarsi il più possibile dal nazionalismo che è la causa di tutti i mali di questo Paese. Noi abbiamo ereditato uno Stato dal fascismo e i nostri padri della Patria lo hanno lasciato centralista».
La Lega, però, è stata al governo diversi anni.
«Il Nord non contava niente e da Roma facevano tutto quello che volevano. Se avesse contato il territorio, il Sud avrebbe chiesto lo sviluppo industriale e non l' assistenzialismo. Oggi il dramma del Paese è che c' è poca gente che lavora. Ci sono 23 milioni di pensionati che pesano su 22 milioni di lavoratori. Questa è la conseguenza del centralismo dello Stato. Il mio federalismo fiscale avrebbe aiutato, ma il sistema lo ha bloccato».
Sull' immigrazione, Salvini ribadisce che la linea dura paga ed è ancora in vigore la legge Bossi-Fini che molti dicono che non ha funzionato. Lei cosa farebbe?
«Serve un accordo per aiutare i Paesi poveri. Quelle sui respingimenti sono solo chiacchiere: non è possibile se non li rivogliono indietro. Perché i problemi non si risolvono dicendo "rimandiamoli a casa". Continueranno a venire perché il vero problema è stata la globalizzazione, che ha distrutto le piccole imprese artigiane africane. Sono stati i Paesi ricchi a uccidere quelli poveri, perciò la gente scappa».
Il nuovo governo giallo-verde punta sul reddito di cittadinanza: lei è d' accordo?
«Temo che sarà solo un tampone. La vera soluzione è il lavoro. È chiaro che siamo arrivati al tutto e subito, cioè al populismo. Per anni la politica non ha dato nulla e la gente si è stancata. Questo mi sembra che stia avvenendo».
Lei predicava la secessione, cosa prova oggi che la Lega è diventata sovranista?
«Non sarà cosi, perché altrimenti andranno tutti via dalla Lega. Resteranno solo Salvini e i nuovi che verranno».
LA CANOTTIERA DI BOSSI E I BOXER DI SALVINI
Salvini, però, ha ereditato il partito al 4 per cento e lo ha portato al 24.
«È successo per insipienza della sinistra e della sua classe politica. Avrebbero dovuto opporsi alla legge Fornero che oggi va corretta. Questo sarebbe il segno incontrovertibile del cambiamento».
Cioé?
«Dopo il federalismo è arrivato il momento dell' autonomia. Iniziando dal Veneto e dalla Lombardia per allargarlo al Paese, sapendo che il Sud non potrà mai risolvere il suo problema, se non avrà voce in capitolo. Quella tra Salvini e Di Maio diventa una battaglia personale. Per realizzare quello che hanno promesso servirà tempo».
Ci riusciranno?
«La priorità è il lavoro e non può crearlo lo Stato. Servono nuove imprese. Inoltre con l' Europa si tratta, non si devono sforare i limiti dei conti pubblici. Altrimenti torniamo sempre nella logica del tutto e subito».
Con la nascita del governo Lega-Cinque Stelle, la coalizione di centrodestra esiste ancora?
«Bisognerebbe chiederlo a Salvini. Penso che sia molto lesionato. Ed è un peccato perché Berlusconi poteva servire. Con le sue conoscenze e le amicizie internazionali: per esempio per mettere mano ad un piano Marshall per l' Africa».
Maroni dice che entro un anno la Lega potrebbe assorbire Forza Italia e l' altro polo sarà rappresentato dai grillini. È verosimile?
«Non me lo auguro. Forza Italia non pensa le stesse cose della Lega e deve avere la sua autonomia. Non dobbiamo pensare di assorbire qualcuno».
E l' alleanza con Forza Italia?
«Quello è solo un fatto elettorale».
Quanto durerà quella gialloverde?
«È presto per dirlo».
Il governo?
«Servirebbe un mago»
Maroni sostiene anche che Salvini non può pensare di fare insieme il leader del partito e il ministro dell' Interno.
Condivide?
«Lo penso anch' io. Secondo me dovrà scegliere. ».
Farebbe meglio a continuare a fare il segretario o il ministro?
«Questo lo deve decidere lui. Io, nonostante tutto quello che si è scritto, ho lasciato un partito che era un fiore».
C' è qualcuno nella Lega che oggi potrebbe sostituirlo alla guida del partito?
«Se serve, io sono a disposizione. Lo farei per i giovani».
Berlusconi è finito politicamente?
«Penso di no. Lui mi dice sempre che uscirà dalla politica quando uscirò io. Io dico lo stesso di lui e quindi resterò finché resterà lui. Per Silvio c' è ancora uno spazio nel Paese».
E la sinistra? Ha ancora un futuro?
«È sopravvissuta alla fine delle ideologie. Al crollo del muro di Berlino, ma è evidente che doveva fare i conti con il suo passato. Sta pagando quelle cose lì».
Oggi ha più rimpianti o nostalgie?
«Io ho pagato prima con la salute e poi con i soldi. Quando ho fondato la Lega non avevamo il finanziamento pubblico. Abbiamo dato voce a quello che al Nord la gente diceva da tanto tempo. Oggi ci rendiamo conto che non hanno capito e continuano a non capire. Che, se non cambia il centralismo romano, il lavoro al Sud non lo avranno mai».
Gli elettori sembrano comunque premiare la linea di Salvini.
«Gli elettori non sono Dio. Uno può prendere i voti, ma anche sbagliare».
Come passa la sua vita, a parte il Senato?
«Mi hanno estromesso, ma io ci sono sempre. Mi sto preparando a scrivere un libro sulle mie montagne. Voglio percorrere la statale 42, da Bergamo e arrivare fino a Bolzano. Un viaggio per raccontare quello che si vede e anche i miei ricordi».
La sua Lega era partita dal Monviso con l' ampolla del Po.
«Le Alpi Orobie sono bellissime. Così come la cima del Resegone e tutta la Lombardia Occidentale».
Quando ripensa a quell' epoca e poi vede la Lega di oggi, cosa pensa?
«Mi hanno colpito, ma qualcuno doveva sacrificarsi per tentare di cambiare le cose».
Andrà al raduno di Pontida?
«Sì. L' ultima volta non mi hanno fatto nemmeno parlare. Mi auguro che alla fine non si voglia azzerare tutto quello che abbiamo fatto in passato. La Lega è un punto di riferimento. Roma quando distrusse Cartagine si accorse che, via l' oppositore, morì anche lei».
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