CANCELLIERA D’ACCIAIO E PREMIER DI BURRO - DOPO LA FIGURACCIA DELLE MANGANELLATE, RENZI È PRONTO A CHIAMARE LA MERKEL PER FARLA INTERESSARE DELL’ACCIAIERIA DI TERNI
Fabio Martini per "La Stampa"
Di prima mattina, letti i giornali e gli ultimi tweet, Matteo Renzi ha capito il rischio: quello di passare alla «storia» come il governo che manganella gli operai. E così, nel giro di pochi minuti il presidente del Consiglio ha organizzato un incontro con i sindacalisti «caricati» due giorni fa in piazza. E più tardi, una volta che tutti si erano seduti al tavolo di Palazzo Chigi, Filippo Sensi, il portavoce del presidente del Consiglio, ha fatto tre «scatti», tre foto finite subito su Instagram.
Una (volutamente?) sfocata, quasi fosse «rubata» e altre due che ritraggono Matteo Renzi e Maurizio Landini. Immagini riprese anche dalle telecamere, rilanciate dai Tg e che, nelle intenzioni di Palazzo Chigi, restituiscono il messaggio di un presidente del Consiglio vicino - anche fisicamente - agli operai feriti.
Tanto più che il governo in queste ore si sta dando da fare per «governare» la vertenza delle acciaierie di Terni. Una disponibilità del governo che, in una irrituale conferenza stampa governo-Fiom, veniva confermata anche da Maurizio Landini, con il sottosegretario Graziano Delrio seduto al suo fianco: entrambi annunciavano una ripresa delle trattative e qualche spiraglio.
E l’indizio di un protagonismo del governo arriva dalla voce (non confermata) di un contatto diretto, cercato da Matteo Renzi, con la Cancelliera Angela Merkel, per spingere il governo tedesco ad interessarsi della vicenda, direttamente con la Thyssen. E se il contatto dovesse invece concretizzarsi nei prossimi giorni, potrebbe avere comunque risvolti importanti. Anche se la disponibilità espressa nelle ultime ore dell’azienda potrebbe rendere non necessario un contatto tra governi.
Sono state 48 ore difficili per il governo e la gestione poco felice della manifestazione di due giorni fa (implicitamente riconosciuta nella relazione del ministro dell’Interno Angelino Alfano in Parlamento) ha impedito a Matteo Renzi di insistere (come avrebbe voluto) nella polemica frontale contro la Cgil, così come l’aveva impostata lunedì nella intervista a Lilli Gruber: sulle leggi ordinarie il governo non tratta con le parti sociali, che invece devono trattare tra di loro sulle questioni che gli competono.
Una traccia di questa frustrazione si legge nelle parole pronunciate ieri dal presidente del Consiglio: la vertenza della Ast di Terni «va separata dal confronto politico», l’imperativo morale «è chiudere la vicenda» dell’acciaieria umbra e «le discussioni politiche le lasciamo fuori da qui». Come dire, senza dirlo: sulle cariche probabilmente la polizia ha sbagliato, il governo è impegnato a risolvere le questioni concrete. E qui parla Renzi, «la Cgil sbaglia a giocare una partita politica».
Ma nell’atteggiamento prudente di Renzi e di Alfano gioca anche una preoccupazione non espressa pubblicamente e che da due giorni ha preso a circolare nei piani alti del governo: quella di possibili infiltrazioni di malintenzionati (dai black bloc fino alla criminalità organizzata) in tutte quelle manifestazioni nelle quali l’esasperazione sociale è destinata a manifestarsi nelle prossime settimane. Un pericolo che potrebbe essere incoraggiato indirettamente da un atteggiamento «aggressivo» delle forze dell’ordine.
Dice Emanuele Fiano, Pd, già membro del Copasir, il comitato per i servizi segreti: «A chi, in queste ore, tenta di strumentalizzare la vicenda, soffiando sul fuoco, diciamo che non troverà una spalla nel nostro partito, nel nostro campo». E, intervenendo alla Camera, un personaggio esperto come Fabrizio Cicchitto ha richiamato il pericolo: «Noi dobbiamo avere il senso di responsabilità, se siamo un Parlamento degno di questo nome, non di incendiare la prateria, ma di misurarci con questa drammatica realtà sociale, che avrà dei risvolti anche sul terreno dell’ordine pubblico».