IL CINGUETTIO DELL’ORRORE - IL KILLER DI SOUSSE E L’ANNUNCIO DELLA CARNEFICINA SU TWITTER: “LO GIURO, OGGI COMINCIA IL TERRORE” - CACCIA AI COMPLICI, AL SETACCIO I SUOI 2 TELEFONINI - IL VIDEO IN CUI IL TERRORISTA BALLA LA BREAKDANCE
1. IL TERRORISTA BALLA LA BREAKDANCE IN UN VIDEO - VIDEO
2. SU TWITTER L’ANNUNCIO DELLA STRAGE
Andrea Galli per il “Corriere della Sera”
SOUSSE TERRORISTA BREAKDANCE 5
La sua striscia di sangue, che da venerdì nessuno ha lavato via, è sul marciapiede. In fondo alla strada: sterrata e stretta, fiancheggiata da negozietti ai confini dei resort, porta alla spiaggia della strage.
Seiffedine Rezgui l’avrebbe percorsa con il kalashnikov abbassato, pronto per l’attesa fucilazione, l’inevitabile fine. Non cercava la fuga, aveva già fatto tutto. Le raffiche esplose contro la sabbia, non per un errore di mira ma per spingere ad alzarsi in piedi le vittime poi colpite mentre correvano; e ancora prima, al mattino, l’annuncio dell’azione. Su Twitter. Alle 6.40. Con l’hashtag «conquista di Sousse». Poche parole: «Noi lupi solitari non siamo come gli altri. Io giuro, per Dio, che questo è l’inizio del terrore».
Un unico esecutore e niente complici, ci confermano dal ministero dell’Interno, impegnato in riunioni con i tre capi dell’inchiesta; appartengono all’Antiterrorismo e sono stati scelti direttamente dal capo di Stato. Vero, il 23enne Rezgui, studente d’Ingegneria informatica, non aveva al fianco nessuno. Ma qualcuno, a Sousse, l’ha portato. E qualcuno gli ha procurato il kalashnikov. I tre compagni d’affitto nella casa di Kairouan, base dei salafiti (ala dura dell’Islam), sono spariti dalla notte successiva alla carneficina.
Alle diciannove di ieri non li avevano trovati. L’intero nucleo famigliare allargato di Rezgui è stato prelevato da Gaafour, nel nord della Tunisia, e trasferito negli uffici della polizia per essere ascoltato. Con i giornalisti del Tg3 , il padre del ragazzo ha incolpato l’università: «Me l’hanno indottrinato». Gli investigatori vogliono sentire anche i vertici del centro salafita di studi forensi a Tunisi dell’imam Malik, che alleva all’osservanza religiosa e alla militanza, e del quale il killer era discepolo.
In spiaggia Rezgui aveva due telefonini, uno forse «innocuo» e tenuto addosso, e un secondo lanciato in mare. La polizia l’ha recuperato ed è convinta di estrarre elementi utili. Nelle strade di Sousse non c’è abbondanza di telecamere, non è facile ricostruire le manovre d’avvicinamento al resort né intercettare sopralluoghi alla vigilia.
Ci sono, questo sì, parecchi testimoni che raccontano, che collaborano con la polizia. L’ex presidente Ben Ali, al potere dal 1987 alla Primavera araba del 2011 e con costante nostalgia rimpianto nei Palazzi e nei salotti di Tunisi, specie per l’«efficienza dei servizi di sicurezza», è di Sousse. Ma a Sousse, città più vicina ai soldi dei turisti, già colpita nel 2013 da un attacco kamikaze, venerdì sfigurata da Rezgui e ora minacciata dal suo hashtag, sono obbligati a pensare all’immediato presente.
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