COFFI-BREAKS - L’EX SINDACALISTA CGIL, SERGIO COFFERATI (OGGI EUROPARLAMENTARE PD) RICHIAMA ALLA “LUCIDITÀ” I NO TAV: “NON SI PUÒ MORIRE PER UNA FERROVIA. L’OPERA È UTILE PER IL RILANCIO DELL’ECONOMIA” (INFATTI LE COMMESSE SONO IN MANO ALLE COOP DI RAVENNA) - “LA STRADA IMBOCCATA LI PORTERÀ ALL’ISOLAMENTO” - CASELLI HA FATTO BENE: “NON HO MAI APPREZZATO L’USO DELL’ALLARME CIRCA INFILTRAZIONI TERRORISTICHE NEL MOVIMENTO”…

Federico Geremicca per "la Stampa"

Lui, che qualche movimento lo ha organizzato - e anche qualche manifestazione: per esempio quella dei tre milioni radunati al Circo Massimo - comincia ricordando, prima di tutto, la regola numero uno: «Il modo con il quale cerchi di dar peso alle tue opinioni - le forme di lotta che usi, insomma - non è mai irrilevante rispetto al consenso e al risultato finale». Che è un modo per dire che anche la più giusta delle cause può esser mandata in malora da metodi di protesta sbagliati. Sergio Cofferati la pensa così: ed è per questo che è quanto mai severo con i fatti che vanno in scena in Val di Susa. Tanto da voler rivolgere un appello al popolo dei No-Tav.

Un appello alla calma?
«Alla lucidità, più che alla calma. Io non chiedo al movimento di rinunciare alle sue ragioni, ma di capire che la strada imboccata li porterà rapidamente all'isolamento».

Hanno alternative?
«I valligiani che manifestano da anni contro l'alta velocità possono fare un passo di lato - non indietro, ma di lato - per evitare che il loro legittimo dissenso vanga utilizzato da elementi esterni per altri fini. Ne guadagnerebbero certamente in attenzione e rispetto».

Altrimenti nessuna comprensione è possibile, intende questo?
«Già ora ci sono cose che non hanno alcuna giustificazione possibile: per esempio, l'uso della violenza per impedire all'informazione di fare il suo lavoro. O l'incomprensibile attacco a Gian Carlo Caselli».

Cosa l'ha colpita?
«Il fatto che ne ignorino il rigore professionale e l'onestà intellettuale. E perfino la modalità con cui ha operato ed è intervenuto».

Cioè?
«Provvedimenti individuali, nessuna aggravante associativa. Non era scontato, per altro. In passato, infatti, gli interventi della magistratura non di rado avevano configurato un rapporto tra comportamenti individuali. Si tratta di fatti - insisto: fatti - che un movimento d'opinione non può assolutamente valutare con approssimazione».

Al di là delle non condivisibili forme di lotta, lei concorda con i motivi della protesta in Val di Susa?
«L'opera di cui si parla è importante. Come tutti gli interventi di infrastrutturazione pesante, comporta difficoltà oggettive e anche cambiamenti del territorio. Ma in Europa il completamento di quel corridoio è utile, e rappresenta un contributo efficace per il rilancio dell'economia».

Non vede alternative possibili?
«Credo che la ricerca di soluzioni diverse, alternative appunto, fosse ipotesi realistica qualche anno fa... Oggettivamente, al punto in cui siamo, mi pare che la scelta secca sia tra un sì e un no».

Lei sa che lì in Val di Susa non tutti la pensano così...
«Ed ho il massimo rispetto per quelle opinioni. Ma c'è troppa enfasi, sia da una parte che dall'altra. Ed uno scarto evidente e drammatico tra certi gesti e gli obiettivi che si intendono raggiungere».

A cosa pensa, in particolare?
«A quanto accaduto a Luca Abbà. È incomprensibile e preoccupante che per difendere le proprie convinzioni si metta a rischio la vita: e non di fronte a violazioni della libertà o alla negazione di diritti democratici, ma per un atto materiale come la costruzione di una ferrovia. Io mi auguro che Luca Abbà possa tornare presto a manifestare contro la Tav: ma non con i metodi e forme di lotta utilizzate fino ad ora».

Il ministro dell'Interno si è detto pronto al confronto ma fermo nella difesa delle scelte fatte. È una posizione che la convince?
«La disponibilità all'ascolto annunciata dal ministro Cancellieri è importante e utile. Naturalmente occorre che il tutto avvenga nella massima trasparenza e non si lasci il confronto a questa o quella interpretazione: come, ad esempio, al fatto che siano possibili modifiche dell'opera, che a mio avviso oggi sono impensabili. E un'ultima cosa, poi».

Dica.
«Personalmente non ho mai apprezzato l'uso dell'allarme: intendo allarme circa infiltrazioni terroristiche nel movimento e via discorrendo. Perché se ci sono problemi davvero, allora la strada maestra è agire, non denunciare. E agire nel silenzio: perché la riservatezza favorisce il lavoro di inquirenti e forze dell'ordine e soprattutto allontana ogni sospetto di un uso strumentale dell'allarme stesso...».

 

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