COME IN GUERRA - IN GRECIA GIÀ SI VEDONO CODE IN FARMACIA PER FAR SCORTA DI MEDICINE, VISTO CHE ALCUNE SONO GIÀ RAZIONATE - I GROSSISTI E GLI IMPORTATORI NON CONSEGNANO SE NON VEDONO IL CASH
Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
PROTESTE IN GRECIA CONTRO L AUSTERITY
Dall’esterno della farmacia arrivano urla e odore di costolette di maiale alla griglia. Sono le otto di sera e Piazza Syntagma si sta riempiendo metro dopo metro della prima manifestazione di questa campagna referendaria, quella organizzata dal fronte del «no». Tra ventiquattro ore toccherà al «sì». Ma stasera i cartelli su centinaia di spalle chiedono lo «stop al memorandum vecchio e nuovo», e i dimostranti sono ovunque, sempre più fitti sul selciato di Syntagma.
Dentro la porta della farmacia Venice, una specialista di estetica con il botox, scivola via con un sacchetto in mano. È appena uscita dal lavoro e si è fermata a comprare una scatola in più di un medicinale contro la pressione alta, per sua madre. Non serviva, riconosce la 49enne Venice (che chiede di omettere il cognome), ma ha deciso che avrebbe comprato delle riserve di farmaci non appena ha sentito che ci sarebbe stato il referendum.
Non è la sola, ad Atene. Papharm, il più grande grossista privato di medicine nella capitale greca, ha registrato un incremento della domanda di forniture dalle farmacie fino al 50%. A quel punto l’azienda si è comportata un po’ come la Banca di Grecia, quando due giorni fa ha raccomandato la chiusura delle banche e i controlli sui capitali: anche Papharm ha imposto limiti alla distribuzione di medicine agli esercizi al dettaglio, per non trovarsi con i magazzini vuoti.
I suoi fattorini hanno fatto tre o quattro ore di straordinario portando in centinaia di farmacie sacchi pieni di scatole di medicinali importati dalla Germania, dalla Svizzera o dalla Francia. Solo per il latte in polvere da neonati, Papharm ieri ha registrato il raddoppio delle richieste e ha distribuito 1.500 confezioni in più.
In questo, Atene è cambiata in poche ore più che durante cinque anni di recessione. I residenti di una capitale europea piena di caffè, musei, metropolitane moderne e pulite, e di laureati, per la prima volta da decenni si sono rituffati nell’accaparramento. Riempirsi la casa di cibo, benzina o medicine era un’abitudine da tempo di guerra, che gli anziani ricordano di aver rispolverato durante il colpo di Stato dei colonnelli nel 1967.
Era una memoria cancellata dalle teste dei più giovani ma ieri è riaffiorata di colpo, irrazionale e prepotente. «In molti hanno comprato il doppio o il triplo delle quantità abituali di cardiovascolari, antibiotici, antinfiammatori», nota Loukas Arnaoutakis, titolare di una farmacia in via Solone 92, non lontano da piazza Omonia. Durante la giornata la situazione è arrivata a un punto tale che l’Associazione ellenica delle aziende farmaceutiche ha dovuto emettere un comunicato: «Non si registrano carenze di farmaci».
Come in Italia si ascoltano le radio dedicate a ogni singola squadra di calcio, in questi giorni ad Atene chiunque nei taxi o nei bar segue le emittenti che parlano ossessivamente del referendum, di Syriza o del premier. Ieri gli ateniesi hanno sentito che Alexis Tsipras aveva scritto ai suoi colleghi europei per chiedere un’estensione del programma — respinta — e ciò non ha fatto che acuire il senso di incertezza.
Non aiuta il fatto che la corsa ai medicinali presenti una complicazione in più: specie le farmacie più piccole si sono viste chiedere dai grossisti il saldo dei medicinali tre volte al giorno e solo in denaro liquido. Gli importatori di prodotti della tedesca Bayer o della svizzera Novartis non consegnano più dietro bonifico o pagamento elettronico.
Il loro rifiuto non si deve ai vincoli bancari, ma alle loro stesse paure: da quando l’annuncio del referendum ha rimesso in dubbio il futuro della Grecia nell’euro, i grossisti di farmaci temono che i produttori esteri chiedano loro di saldare gli ordini solo in contante. Dunque a loro volta essi stessi esigono solo contante dalle farmacie minori, che a cascata spesso esigono solo contante dai clienti. Maria, un’esercente di 34 anni in Odos Benaki, su questo è diventata irremovibile. In un’economia dove ormai non si ritira più di 60 euro al giorno, tutto dipende dal denaro liquido. Il diaframma fra lo standard occidentale di normalità e una crisi umanitaria non era mai stato tanto sottile.
Questo non basta però a far decidere Venice, l’operatrice estetica corsa a rifornirsi nella farmacia di Piazza Syntagma. Con 1.200 euro al mese guadagna più di tanti altri, ammette. «Ma nel referendum non sono sicura di optare per il “sì”. Secondo me ci mentono tutti».