gomez minzo napoletano

COMMENTO UNDERSTATMENT DI GOMEZ SUL FATTO: “CHI HA VOTATO A FAVORE DI MINZOLINI E’ UN MAIALE” – E SUGGERISCE UN TANDEM CON “I BONUS MILIONARI DI ROBERTO NAPOLETANO AL SOLE 24 ORE” – “IL PESCE PUZZA DALLA TESTA… E CONFINDUSTRIA E SENATO SONO FACCE DELLA STESSA IPOCRITA MEDAGLIA”

 

Peter Gomez per il Fatto Quotidiano

 

MINZOLINI FESTEGGIATO DOPO IL VOTO CHE HA EVITATO LA SUA DECADENZAMINZOLINI FESTEGGIATO DOPO IL VOTO CHE HA EVITATO LA SUA DECADENZA

Politicamente parlando i senatori che si sono rifiutati di applicare una legge dello Stato nei confronti di un pregiudicato loro collega sono dei maiali. Del resto era stato proprio George Orwell a insegnarci che tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri. Dal punto di vista antropologico, invece, il voto contro la decadenza da Palazzo Madama dell' ex direttore del Tg1 Rai, Augusto Minzolini, condannato per aver rubato grazie alle note spese decine di migliaia di euro, dice molto sulla sconcia psicologia della classi dirigenti italiane.

 

giacomo caliendogiacomo caliendo

E spiega perché, al contrario del resto d' Europa, questo Paese non riesca a risollevarsi da una lunghissima crisi economica e morale. Sarebbe però sbagliato pensare che questo fenomeno riguardi esclusivamente il ceto politico. Certo in Parlamento tutto è più evidente. Quando si calpesta la Costituzione, ci si sostituisce alla Corte di Cassazione e ci si rifiuta di rispettare una norma che viene invece imposta a ogni altro cittadino, diventano subito chiari gli scambi di favori (Lotti contro Minzolini), le strategie (l' aiuto a Berlusconi che se vedrà la legge Severino bocciata dai giudici di Strasburgo potrà forse candidarsi già nel 2018) e le miserie umane di chi è disposto a perdere la faccia pur di essere riconfermato su uno scranno.

 

BOCCIA NAPOLETANOBOCCIA NAPOLETANO

In Senato gli abusi di potere e i deliri di onnipotenza della Casta saltano subito all' occhio. Per percepirli basta ascoltare la frase del forzista Giacomo Caliendo che in aula confessa: "Questo voto non è per Minzolini, ma per tutti noi". E quella del capogruppo dem, Luigi Zanda, che pur avendo votato per la decadenza s' inalbera, inventa la neolingua e dice "Usi le parole adatte!" a chi chiede "Avete salvato un pregiudicato?".

 

Fuori dalle aule delle istituzioni parlamentari il tragico declino dell' establishment corre però in parallelo. Forse meno evidente, ma altrettanto dirompente. Se la politica con il voto su Minzolini dimostra di essere lei stessa l' anti-politica, con quello che accade nel sindaco padronale della Confindustria, l' impresa, anzi gli imprenditori, si dimostrano essere i veri alleati della crisi.

 

luigi zandaluigi zanda

Il caso del Sole 24 Ore, il giornale che per anni ha domandato (a volte giustamente) moralità nella gestione della cosa pubblica, velocità negli interventi e riforme, sta lì a raccontarlo. Mentre s' incitavano i governi a chiedere agli italiani di stringere la cinghia, i sedicenti migliori campioni del nostro capitalismo o non si rendevano conto che nel loro quotidiano si truffavano gli inserzionisti e gli azionisti o erano complici. Per questo oggi le faraoniche note spese di Minzolini, condonate dal voto del Senato, vanno in coppia con quelle del direttore sospeso del Sole, Roberto Napoletano, e con i suoi bonus milionari.

 

AULA SENATOAULA SENATO

Se siano un reato o meno, ovviamente lo stabiliranno i giudici. Ma l' indecenza già ora è evidente. E ci dice che il problema italiano, come nel pesce, sta nella testa. Sta in chi decide e comanda. Perché Confindustria e Senato sono due facce della stessa ipocrita medaglia. Ovvio, sappiamo bene che in Parlamento e tra gli industriali italiani vi sono pure molti uomini e donne di valore. Ma ormai ci stiamo avviando all' ultimo miglio.

 

Chi siede in cabina di comando sta mandando velocemente la nave verso la scogliera. Se si può ancora fare qualcosa il momento è questo. Perché quando il Titanic affonda anche chi viaggia in prima classe non si salva.

 

Ultimi Dagoreport

donald trump zelensky putin

DAGOREPORT - UCRAINA, LA TRATTATIVA SEGRETA TRA PUTIN E TRUMP È GIA' INIZIATA (KIEV E UE NON SONO STATI NEANCHE COINVOLTI) - “MAD VLAD” GODE E ELOGIA IN MANIERA SMACCATA IL TYCOON A CUI DELL'UCRAINA FREGA SOLO PER LE RISORSE DEL SOTTOSUOLO – IL PIANO DI TRUMP: CHIUDERE L’ACCORDO PER IL CESSATE IL FUOCO E POI PROCEDERE CON I DAZI PER L'EUROPA. MA NON SARA' FACILE - PER LA PACE, PUTIN PONE COME CONDIZIONE LA RIMOZIONE DI ZELENSKY, CONSIDERATO UN PRESIDENTE ILLEGITTIMO (IL SUO MANDATO, SCADUTO NEL 2024, E' STATO PROROGATO GRAZIE ALLA LEGGE MARZIALE) - MA LA CASA BIANCA NON PUO' FORZARE GLI UCRAINI A SFANCULARLO: L’EX COMICO È ANCORA MOLTO POPOLARE IN PATRIA (52% DI CONSENSI), E L'UNICO CANDIDATO ALTERNATIVO È IL GENERALE ZALUZHNY, IDOLO DELLA RESISTENZA ALL'INVASIONE RUSSA...

donnet, caltagirone, milleri, orcel

DAGOREPORT - COSA POTREBBE SUCCEDERE DOPO LA MOSSA DI ANDREA ORCEL CHE SI È MESSO IN TASCA IL 4,1% DI GENERALI? ALL’INIZIO IL CEO DI UNICREDIT SI POSIZIONERÀ IN MEZZO AL CAMPO NEL RUOLO DI ARBITRO. DOPODICHÉ DECIDERÀ DA CHE PARTE STARE TRA I DUE DUELLANTI: CON IL CEO DI GENERALI, PHILIPPE DONNET, OPPURE CON IL DUPLEX CALTAGIRONE-MILLERI? DIPENDERÀ DA CHI POTRÀ DARE PIÙ VANTAGGI A ORCEL - UNICREDIT HA IN BALLO DUE CAMPAGNE DI CONQUISTA: COMMERBANK E BANCO BPM. SE LA PRIMA HA FATTO INCAZZARE IL GOVERNO TEDESCO, LA SECONDA HA FATTO GIRARE LE PALLE A PALAZZO CHIGI CHE SUPPORTA CALTA-MILLERI PER UN TERZO POLO BANCARIO FORMATO DA BPM-MPS. E LA RISPOSTA DEL GOVERNO, PER OSTACOLARE L’OPERAZIONE, È STATA L'AVVIO DELLA PROCEDURA DI GOLDEN POWER - CHI FARÀ FELICE ORCEL: DONNET O CALTA?

giorgia meloni daniela santanche

DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA ALLA DIREZIONE DI FRATELLI D’ITALIA PERCHÉ VUOLE AVERE L’AURA DEL CAPO DEL GOVERNO DALLO STANDING INTERNAZIONALE CHE INCONTRA TRUMP, PARLA CON MUSK E CENA CON BIN SALMAN, E NON VA A IMMISCHIARSI CON LA POLITICA DOMESTICA DEL PARTITO - MA SE LA “PITONESSA” AZZOPPATA NON SI DIMETTERÀ NEI PROSSIMI GIORNI RISCHIA DI ESSERE DAVVERO CACCIATA DALLA DUCETTA. E BASTA POCO: CHE LA PREMIER ESPRIMA A VOCE ALTA CHE LA FIDUCIA NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DEL TURISMO È VENUTA A MANCARE - IL RUOLO DEL "GARANTE" LA RUSSA…

barbara marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

L’AMBIZIOSA E INCONTROLLABILE BARBARA BERLUSCONI HA FATTO INCAZZARE MARINA E PIER SILVIO CON LA DICHIARAZIONE AL TG1 CONTRO I MAGISTRATI E A FAVORE DI GIORGIA MELONI, PARLANDO DI “GIUSTIZIA A OROLOGERIA” DOPO L’AVVISO DI GARANZIA ALLA PREMIER PER IL CASO ALMASRI - PRIMA DI QUESTA DICHIARAZIONE, LA 40ENNE INEBRIATA DAL MELONISMO SENZA LIMITISMO NE AVEVA RILASCIATA UN’ALTRA, SEMPRE AL TG1, SULLA LEGGE PER LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE TRA GIUDICI E PM (“È SOLO UN PRIMO PASSO”) - E NELL’IMMAGINARIO DI MARINA E PIER SILVIO HA FATTO CAPOLINO UNA CERTA PREOCCUPAZIONE SU UNA SUA POSSIBILE DISCESA IN POLITICA. E A MILANO SI MORMORA CHE, PER SCONGIURARE IL "PERICOLO" DELLA MELONIANA BARBARA (“POTREBBE ESSERE UN’OTTIMA CANDIDATA SINDACA PER IL CENTRODESTRA NELLA MILANO’’, SCRIVE IL “CORRIERE”), PIER SILVIO POTREBBE ANCHE MOLLARE MEDIASET E GUIDARE FORZA ITALIA (PARTITO CHE VIVE CON LE FIDEJUSSIONI FIRMATE DA BABBO SILVIO...) - VIDEO