Lorenzo Salvia per il “Corriere della Sera”
SINDACATI IN PIAZZA A ROMA CONTRO LA RIFORMA FORNERO jpeg
Si sapeva da tempo ma adesso c' è il bollino ufficiale. Le pensioni dei sindacalisti, a parità di altre condizioni, sono mediamente più alte di quelle dei lavoratori dipendenti. Il verdetto arriva dall' Inps, l' Istituto nazionale di previdenza che con il nuovo presidente Tito Boeri ha iniziato da qualche settimana a fare i conti in tasca ai pensionati di tutta Italia, professione per professione.
Perché i sindacalisti hanno in media un assegno più alto? Il rapporto pubblicato ieri dall' Inps ricorda un decreto del 1996, promosso dall' allora ministro del Lavoro Tiziano Treu, che fino a pochi mesi fa è stato commissario proprio dell' Inps.
Dice quella norma che i sindacalisti possono di fatto cumulare due pensioni. Se sono in aspettativa senza stipendio oppure in distacco sindacale, hanno diritto nel periodo di assenza dal lavoro a vedersi versare sia i contributi del sindacato sia quelli dell' azienda di provenienza, i cosiddetti contributi figurativi che possono essere pagati da chi momentaneamente non lavora ma non vuole che questo pesi sulla sua pensione futura.
Una specie di doppio binario, insomma. Se poi i sindacalisti provengono non da un' impresa privata ma da un ufficio pubblico, i loro contributi vengono calcolati secondo regole più generose, quelle in vigore fino al 1993 che prevedono il conteggio della pensione sulla base dell' ultimo stipendio. Un vantaggio, cancellato nel 2012, che spiega la vecchia pratica degli aumenti negli ultimi mesi di lavoro, simile alla cosiddetta promozione alla vigilia un tempo diffusa tra i militari.
Eliminando solo quest' ultimo vantaggio, l' Inps conclude che «da alcune simulazioni fatte si avrebbe una riduzione media» dell' assegno previdenziale «intorno al 27%, con punte anche del 66%». Quanti sono i sindacalisti che hanno approfittato di questi meccanismi, del tutto legittimi ma forse non altrettanto opportuni, specie dopo anni in cui abbiamo visto blocchi degli aumenti legati all' inflazione, contributi di solidarietà vari e altre forme di contenimento della spesa?
sacconi poletti jobs act in senato
In tutto sono stati 17.319, secondo i numeri forniti poche settimane fa al Parlamento dal ministro del Welfare, Giuliano Poletti. Il ministro ha anche osservato, però, che quelle pensioni più ricche non pesano sulla collettività. «L' incremento dell' importo delle pensioni - ha detto alla Camera - corrisponde a un effettivo versamento di contributi. E quindi non è rilavabile uno specifico onere a carico del sistema previdenziale». Ma nel suo studio l' Inps dice una cosa diversa. In alcuni casi i cosiddetti contributi figurativi sono a «carico della gestione previdenziale di appartenenza», cioè della stessa Inps, e quindi «della collettività dei lavoratori contribuenti».
IOLE CISNETTO E RAFFAELE BONANNI
I sindacati respingono tutte le accuse. Secondo la Cgil «non vi è nessuna condizione di privilegio per chi svolge attività sindacale» ed è bene «ricordare che i lavoratori distaccati rinunciano a sviluppi di carriera e ad altre forme di retribuzione legate all' effettiva presenza in servizio», come ad esempio i buoni pasto. La Uil, con il segretario confederale Domenico Proietti, parla di «notizie imprecise» e di «fatto grave» perché l' Inps «esprime una valutazione così generica e sommaria da far sospettare che l' intento sia quello di ingenerare discredito e non di fare chiarezza».
Le tabelle dell' Inps sono uscite il giorno dopo che Pier Paolo Baretta, ex sindacalista oggi sottosegretario all' Economia, aveva criticato il presidente dell' Inps per aver giudicato troppo costosa una sua proposta di modifica alle regole sulle pensioni, non dei sindacalisti ma di tutti, la famosa flessibilità in uscita di cui si parla in questi giorni. La stessa critica era arrivata da un altro ex sindacalista passato alla politica, Cesare Damiano. Forse è un caso. Forse no.