DI COSA SONO STATI CAPACI? - ORE 17, 56 MINUTI E 48 SECONDI DEL 23 MAGGIO 1992: IL SISMOGRAFO SU MONTE CAMMARATA IMPAZZISCE. MA NON È UN TERREMOTO. È MEZZA TONNELLATA DI TRITOLO - GLI SCATTI INEDITI: LA CROMA BIANCA TAGLIATA IN DUE, L’ASFALTO ACCARTOCCIATO, L’AUTO DELLA SCORTA SCARAVENTATA A 60 METRI - GLI INTERROGATIVI A 20 ANNI DALLA MORTE DI FALCONE: QUELL’AGENTE DEL SISDE CHE SPUNTA NELLE INCHIESTE SULLE BOMBE DI CAPACI E VIA FAURO…

Attilio Bolzoni e Francesco Viviano per "la Repubblica"

il sismografo su monte Cammarata registra «oscillazioni» nella Sicilia occidentale, sui computer dell´Istituto nazionale di Geofisica compare un tracciato. È allarme, sta per partire l´avviso per la Protezione civile. Sono le 17, 56 minuti e 48 secondi del 23 maggio 1992. Ma non è un terremoto. È mezza tonnellata di tritolo che fa saltare in aria Giovanni Falcone.

L´autostrada che da Punta Raisi porta verso Palermo prima sussulta, si solleva di qualche metro, si muove come un serpente. E poi si apre. Un tuono, un altro tuono, le fiamme, il fumo. Fra il mare e il costone di roccia delle colline che circondano la città sembra che ci sia un vulcano in eruzione. Butta fuoco in cielo.

E scaraventa massi, sradica alberi, vomita blocchi di asfalto. «Ho visto all´improvviso un muro di pietre cadermi addosso e poi non ricordo più niente», racconta Giuseppe Costanza, l´autista di Falcone, l´unico sopravvissuto su quell´auto dopo l´esplosione. C´è solo un grande cratere in mezzo alla campagna. Quando le folate di vento trascinano via la foschia e la polvere scura precipita, al km. 5 dell´autostrada un centinaio di testimoni sta dentro uno scenario di guerra, un bombardamento dall´alto.

È morto Giovanni Falcone. È morta sua moglie Francesca Morvillo. Sono morti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo. Tre poliziotti della sua scorta, nome in codice Quarto Savona 15.

Quello che è conosciuto in tutto il mondo come "l´attentato di Capaci" in realtà è avvenuto nel territorio del comune di Isola delle Femmine, una grande cementeria, uno svincolo, case basse in riva al mare e uno scoglio disabitato che la leggenda vuole abitato in antichità da tredici fanciulle turche abbandonate lì per essersi macchiate di gravi colpe.

Il giudice più amato e più odiato d´Italia non c´è più. Mafia e non solo mafia dietro il massacro. Il capo della Cupola Totò Riina e misteriosi «mandanti altri» che nessuno ha mai trovato. Vent´anni dopo la strage si sa tutto e niente.

Quelle che vedete in queste pagine sono le prime foto dopo l´esplosione consegnate alla procura della repubblica di Caltanissetta. Pensavamo di conoscere tutto e di avere visto tutto. Ma questi scatti ci fanno scoprire altro. Sono i dettagli di una strage.

La Croma blindata bianca è tagliata in due, non ha più il muso. Disintegrato. Il motore è liquefatto dal calore del tritolo. Lo sportello lato guida è staccato, l´altro è rimasto lì. La parte anteriore dell´auto sembra infossata, è la terra che si è aperta, un cratere dal diametro di 14 metri e 30 centimetri. Una parte del cofano è volata via, un´altra parte è ancora appoggiata in posizione verticale su uno spigolo dove una volta c´era il paraurti. Il tetto dell´auto è coperto dai detriti. Intorno lamiere, pezzi di ferro. All´interno ancora pietre, vetri. E due scarpe da donna. Appiccicata al retro della Croma bianca c´è la Croma azzurra, dove c´erano altri tre poliziotti. è stata risparmiata.

Ecco la foto «del tratto di terreno con il punto in cui è stata proiettata l´autovettura su cui viaggiavano i tre agenti deceduti». Una freccia rossa indica il luogo dove è atterrata, fra alberi di ulivi e un capannone. È a 62 metri da dove si trovava al momento dell´esplosione. La Croma marrone è accartocciata a ridosso di un tronco senza più il suo albero, spazzato via dall´urto. L´auto blindata è un groviglio di ferraglia, un copertone lì vicino, gli altri tre sparsi a decine di metri. Un´altra immagine mostra il volante deformato, il cruscotto tutto intero, la lancetta del contachilometri sui 160 all´ora, quella del contagiri sui 6000.

Il punto dove i sicari hanno attivato il dispositivo radiocomandato per far esplodere il tritolo è segnalato da una freccia gialla e il cratere dell´esplosione da un rettangolo rosso. Il rettangolo rosso è esattamente al km. 5 dell´autostrada che dall´aeroporto va verso Palermo. L´esplosione è stata attivata da un radiocomando, il ricevitore e l´antenna sono stati disintegrati dallo scoppio. A poche decine di metri dal cratere sono stati ritrovati i resti di un frigorifero bianco, piazzato dai mafiosi dietro il guardrail come «punto di riferimento» per azionare il radiocomando al passaggio del corteo blindato.

Per avere una migliore visuale di quel tratto di autostrada, nei giorni precedenti all´attentato, i mafiosi avevano tagliato i rami di alcuni alberi sulla pendice occidentale della collina. Giovanni Brusca ha premuto il pulsante un attimo prima - proprio in quel momento la Croma bianca di Giovanni Falcone ha rallentato - e l´esplosione ha preso in pieno la Croma marrone in testa al corteo blindato, mancando in parte la Croma di Falcone e totalmente la Croma azzura in coda. Falcone è morto perché era alla guida. E anche Francesca Morvillo che era seduta accanto lui.

L´autista Giuseppe Costanza si è salvato perché era dietro. Tenendo conto che la velocità di crociera di quelle blindate era di 170 km all´ora - 47 metri al secondo - è stato calcolato che due delle tre auto, proprio nel punto dell´esplosione, hanno frenato la loro corsa. La velocità della Croma bianca guidata da Falcone è scesa da 170 a 120 km all´ora. E così anche la Croma che seguiva, quella azzurra, distanziata di dodici metri dall´auto del giudice. Se la Croma bianca fosse arrivata 33 centesimi di secondo dopo all´altezza del frigorifero bianco, probabilmente Falcone si sarebbe salvato. Il destino che è toccato ai tre agenti che sull´altra blindata stavano 12 metri più indietro.

L´odore di bruciato si spande nell´aria per chilometri. E nelle due corsie d´autostrada non c´è più asfalto ma solo terra rivoltata. I primi soccorritori camminano fra buche e montagnette, improvvisi avvallamenti, fosse, piccole frane. I primi investigatori perlustrano palmo a palmo «la scena del crimine». Prima intorno alla carcassa della Croma bianca di Falcone, poi fino alle colline più lontane dal mare.


A pochi metri dal cratere la polizia scientifica trova un biglietto. È quasi coperto dal terriccio. C´è scritto: «Guasto numero 2 portare assistenza settore numero 2. Gus, via Selci numero 26, via Pacinotti. 0377-8061**». Le indagini scoprono chi l´ha perso quel biglietto, lì, sul luogo della strage. La Gus, Gestione Unificata Servizi, è una società di copertura del Sisde, il servizio segreto civile. «Via Selci», è in realtà via In Selci, a Roma, il quartiere generale delle spie.

Via Pacinotti è la sede palermitana della Telecom. «Guasto numero 2» è il codice di errore di un cellulare, quello che segnala una probabile clonazione in atto. Il numero del telefonino appartiene al funzionario del Sisde Lorenzo Narraci. Lo 007 dice che l´ha smarrito durante il sopralluogo, qualche ora dopo l´esplosione. Gli credono. Il nome di Narraci però affiora un´altra volta nelle inchieste sulle stragi neanche un anno dopo, il 14 maggio 1993, quando Cosa Nostra prova a far fuori il giornalista Maurizio Costanzo a Roma. È l´attentato di via Fauro. In quella strada abita anche lo stesso funzionario del Sisde che ha perduto il biglietto sull´autostrada. L´esplosione ha danneggiato una sessantina di auto, fra le quali una Y 10 intestata alla Gattel srl. Era l´auto di servizio di Narraci. Solo una coincidenza.

Dopo Capaci via Fauro, prima di via Fauro la strage di via D´Amelio e un´altra coincidenza ancora. Il mafioso Gaspare Spatuzza in un primo momento pensava di avere riconosciuto Lorenzo Narraci in un garage dove stavano «caricando» d´esplosivo la Fiat 126 dell´attentato a Paolo Borsellino. Poi ha fatto marcia indietro.

Il giorno dopo la bomba di Capaci i poliziotti della scientifica si arrampicano sulle colline. Fino in cima, fino a una costruzione bianca a forma di cubo proprio ai piedi di una colata di cemento per «tenere» la roccia. Dietro un muretto di cemento alto 70 centimetri - dove era appostato il commando di sicari guidati da Giovanni Brusca - sequestrano 4 pacchetti vuoti di sigarette Merit più 43 mozziconi di sigarette Merit, 7 mozziconi di Ms e il mozzicone di una Muratti. Dalle ricerche sul Dna sui mozziconi, gli investigatori della Scientifica accertano che tutte quelle sigarette sono state fumate «come minimo da tre differenti individui...o da più di tre individui, alcuni con lo stesso genotipo».

Lì erano appostati Antonino Gioè e Giovanni Battaglia. E lì c´era pure Giovanni Brusca con in mano un radiocomando collegato a una trasmittente piazzata su 500 chilogrammi di tritolo e di nitrato di ammonio miscelato con un combustibile liquido. Qualche giorno prima l´avevano infilato in un canalone sotto l´autostrada. Tutto era pronto. E tutti aspettavano Giovanni Falcone.

La giornata del 23 maggio di vent´anni fa era cominciata come tante altre, il primo sole caldo, il mare appena increspato. Un sabato mattina, tranquillo, le spiagge con gli ombrelloni e i pedalò, qualche nuvola. Giovanni Falcone e sua moglie Francesca che tornavano a Palermo, i ragazzi della Quarto Savona 15 che si erano già organizzati per andarli a prendere a Punta Raisi, l´autista Giuseppe Costanza che aveva chiamato il giudice di mattina e a metà pomeriggio era già in aeroporto per accompagnarlo nella sua casa di Palermo. Sette minuti dall´uscita di Punta Raisi al km. 5 dell´autostrada.

E poi l´inferno. Il mafioso Giovanbattista Ferrante che ha visto atterrare Falcone e avvisa Gioacchino La Barbera. Lui è al volante di una Lancia Delta, sulla Provinciale che costeggia l´autostrada. La Barbera parla con Giovanni Brusca per 325 secondi. Quando i due chiudono i cellulari il simsografo su monte Cammarata comincia a muoversi. Gli esperti pensano al terremoto. E pensano al terremoto anche nei palazzi del potere. A Roma - la stessa sera del 23 maggio 1992 - saltano tutte le trattative per l´elezione del Presidente della Repubblica. Dopo due settimane di veti incrociati, poche ore dopo la strage di Capaci viene eletto Capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro. Il tritolo di Capaci ha messo tutti d´accordo.

 

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