DELIRIO TREMONS – PER LA PROCURA DI MULANO, TANGENTI E RICICLAGGIO MASCHERATI DA PARCELLE – VISTO DA DESTRA, L’E MINISTRO E’ SOLO FINITO NELLA ZONA GRIGIA DELLA GUERRA TRA PM DI MILANO
Sandro De Riccardis per “la Repubblica”
«È ragionevole ipotizzare che possa essere stata utilizzata la pratica di formalizzare contratti e rapporti al solo scopo di coprire pagamenti di natura illecita, la cui provenienza doveva essere occultata ». Per i pm di Milano, Roberto Pellicano e Giovanni Polizzi, la presunta tangente mascherata in una consulenza da 2,4 milioni, pagata nel 2009 allo studio di Tremonti, è solo uno dei casi di presunta corruzione che coinvolge lo studio dove Tremonti è socio. «Non ho mai chiesto o sollecitato nulla e in nessun modo da Finmeccanica », ha commentato ieri Tremonti.
Ma le perquisizioni del Nucleo investigativo dei Carabinieri, guidato dal colonnello Alessio Carparelli, a Dario Romagnoli ed Enrico Vitali, indagati per riciclaggio, soci con Tremonti dello studio “Tremonti-Vitali-Romagnoli”, puntano a individuare «contratti simulati e incarichi professionali aventi oggetto simulato», che hanno replicato nel tempo — attraverso il braccio destro di Tremonti, Marco Milanese — il meccanismo della presunta tangente pagata da Finmeccanica.
Pagamento che per l’accusa serviva a sbloccare l’acquisto da 3,4 miliardi dell’americana Drs, fornitrice del Pentagono. «Un’attività formalmente lecita dello studio — scrivono i pm nel decreto di perquisizione — servita a dare copertura a un pagamento illecito». Che costa l’iscrizione nel registro degli indagati per corruzione di Tremonti, il socio Enrico Vitali, l’ex presidente di Finmeccanica Pierfrancesco Guarguaglini, l’ex direttore finanziario Alessandro Pansa.
UN MILIONE IN CONTANTI
A raccontare il ruolo dello studio, è Paolo Viscione, imprenditore con guai col fisco, grande accusatore di Marco Milanese. Viscione dichiara in procura di «aver remunerato » Milanese, «in relazione alle informazioni che costui gli aveva fornito su iniziative giudiziarie riservate a suo carico».
Parla delle «frequentazioni assidue, tra il 2004 e il 2011, con Milanese, il generale della Gdf Emilio Spaziante (arrestato nell’inchiesta sul Mose, ndr.) e Alfonso Gallo, altro imprenditore che beneficiava delle rivelazioni che Milanese traeva dall’appartenenza alla Gdf, in rapporti di amicizia con Spaziante, nonché collaboratore dell’onorevole Tremonti».
Le sue dichiarazioni aveva portato all’incriminazione di Milanese. Poi — racconta Viscione — Gallo, «per conto di Milanese, gli offre una grossa somma di denaro per ritrattare ». È Gallo a spiegare che «per fargli arrivare un milione, dopo le riserve di Milanese a emettere assegni, si è parlato di contanti. Ricordo che Milanese ha fatto riferimento allo studio Vitali-Romagnoli per tranquillizzare Viscione ».
LA TRATTATIVA SULLO YACHT
Viscione racconta ai pm di Napoli, il 10 maggio 2013, «di aver pagato 4500 euro per noleggiare uno yacht che Milanese aveva chiesto in modo pressante “per condurre a bordo una trattativa riservata”». Milanese avrebbe raccontato a Viscione che «lo studio Tremonti stava seguendo Palladio nell’acquisto di Hopa, che aveva un contenzioso tributario dopo l’acquisto di Bell (veicolo della scalata Telecom, ndr. ).
Milanese si stava occupando degli aspetti tecnico-legislativi che potevano risolvere il problema. A bordo vi erano, oltre a Milanese», ricorda Viscione, «i due titolari di Palladio, Giorgio Drago e Roberto Meneguzzo». Concludono i pm che «lo stesso Milanese mostra di essere perfettamente a conoscenza di certe attività dello studio che, per come le descrive, appaiono a volte intrecciate con le attività politiche del ministro».
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LE CENE CON LA FINANZA
Ai pm milanesi, Viscione racconta le sue frequentazioni col gruppo. «A Capri, frequentemente incontravo Gallo con Milanese e Spaziante. Ricordo diverse cene pagate a metà da me e Gallo, al ristorante “La canzone del Mare”, all’hotel Palma, al locale “Anema e core”, dove loro partecipavano con le mogli, dal 2004 al 2007, quando Milanese era consigliere giuridico di Tremonti, allora vicepresidente del Consiglio. Io in quel periodo pagavo Milanese in contanti e con varie regalie. Il mio interesse era di mantenere buoni i contatti».
2. TREMONTI NELLA ZONA GRIGIA DELLA GUERRA TRA PM DI MILANO
Luca Fazzo per "il Giornale"
Nella Procura dei veleni, un sussulto di concordia tra magistrati di diversi schieramenti mette nel mirino Giulio Tremonti, ex ministro dell'Economia nei governi Berlusconi, oggi senatore del gruppo «Grandi autonomie e libertà». Su Tremonti si abbatte un uno-due giudiziario.
Nell'arco di poche ore, prima trapela la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati per corruzione; e subito dopo i carabinieri vanno a fare irruzione nel suo studio da commercialista, incriminando per riciclaggio i suoi colleghi: e se formalmente in questo secondo capitolo l'ex ministro non è indagato, dalle carte dell'inchiesta si capisce che comunque i pm scavano vicino a lui.
Ad accusare Tremonti di corruzione la magistratura milanese arriva sulla base di carte in parte già note da tempo, perché emerse nell'indagine su Finmeccanica della procura di Roma, quando quattro anni fa il pubblico ministero Paolo Ielo raccolse le confessioni e le accuse di Lorenzo Cola, faccendiere e lobbista, che aveva seguito la trattativa per l'acquisto di una società americana di elettronica militare, la Drs.
Finmeccanica sborsò un assegno da 3,4 miliardi, e Cola per il suo ruolo si vide riconoscere una «mediazione» da 16 milioni di euro. Non fu un affarone, visto che negli anni successivi il valore di Drs si è quasi dimezzato. Ma il mediatore Cola raccontò anche qualcos'altro: che l'operazione aveva rischiato di inabissarsi per l'opposizione di Tremonti, e che il parere del ministro cambiò solo quando Finmeccanica stipulò un ricco contratto di consulenza con lo studio «Vitali, Romagnoli, Picardi», fondato proprio da Tremonti. Nel momento in cui assunse responsabilità di governo, Tremonti ha interrotto i rapporti con lo studio. Ciò non ha impedito che in varie occasioni le attività dei suoi ex colleghi venissero messe in relazione al ministro e ai suoi potenziali conflitti di interessi.
Roberto Meneguzzo Giorgio Drago
Eppure quando Ielo raccoglie la testimonianza di Cola sull'affare Drs, non iscrive Tremonti nel registro degli indagati ma si limita a spedire per competenza territoriale le carte alla procura di Milano. A Milano le carte vengono assegnate al pool anticorruzione, diretto allora dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo. Tremonti viene indagato per corruzione, ma gli atti devono cambiare di nuovo titolare, perché sui reati dei ministri è competente una sezione speciale del tribunale.
Ma nel frattempo Robledo viene esautorato, la guida del pool viene assunta dal procuratore Edmondo Bruti Liberati: e il fascicolo viene trasmesso al Tribunale dei Ministri solo ieri, quando la notizia dell'inchiesta è già su un paio di organi di stampa. «Mai chiesto niente a Finmeccanica», reagisce Tremonti con un comunicato: «L'operazione Drs-Finmeccanica ha interessato e coinvolto la politica industriale e militare di due Stati e non era da parte mia né influenzabile, né strumentalizzabile».
E in contemporanea i carabinieri vengono spediti in tutta fretta nello studio «Vitali, Romagnoli, Picardi», sempre quello di Tremonti. Due dei soci sono accusati di riciclaggio per avere aiutato a nascondere i soldi Marco Milanese, ex ufficiale della Finanza e ex braccio destro di Tremonti.