DIES IRAQ – ECCO COME IL CALIFFO APPLICA IL MANUALE DI GUERRA SCRITTO DA AL QAEDA – E L’OBIETTIVO FINALE SONO GLI STATI DI EBREI E CRISTIANI, GLI ETERNI NEMICI DELLA RELIGIONE MUSULMANA
Paolo Mastrolilli per “La Stampa”
Forse il presidente Obama non ha ancora una strategia chiara contro l’Isis, come ha detto nella conferenza stampa di giovedì che ha fatto tanto discutere, spingendo il «Washington Post» a chiedergli di spiegare non solo quello che gli Stati Uniti non possono fare, ma anche le iniziative che potrebbero prendere per ristabilire una qualche forma di ordine globale. Sull’altro fronte, invece, lo Stato islamico ha una strategia ben delineata, che secondo l’allarme lanciato sabato dal re saudita Abdullah lo porterà a colpire l’Europa entro un mese, e l’America entro due.
Il fatto sorprendente è che questa strategia sembra presa da un testo scritto proprio in Arabia, dopo l’11 settembre, almeno a giudicare dalle pagine del «Corso pratico di guerriglia» che aveva pubblicato Abd al Aziz al Muqrin. Questo manuale è stato tradotto negli Stati Uniti da Norman Cigar della Marine Corps University, nel 2008, e la coincidenza con quanto poi è accaduto in Iraq e Siria è agghiacciante.
Muqrin era il capo di al Qaeda in Arabia, era stato ucciso nel 2004, dopo diverse azioni sanguinose portate a termine. Il suo «Corso pratico» nasceva con l’obiettivo di delineare una strategia per rovesciare l’odiato regno saudita, colpevole di aver dirottato il wahhabismo lontano dall’ortodossia musulmana, ma è stato letto da molti militanti islamici estremisti e si può applicare a tutti i paesi della regione.
La prima fase della guerriglia è quella dell’attrition, o della «difesa strategica». Questo è il momento in cui i terroristi lanciano «operazioni spettacolari, che creano un impatto positivo». Lo scopo è far conoscere la propria organizzazione, per alzare il morale dei membri e facilitare il reclutamento. Gli attentati dell’11 settembre rientrano chiaramente in questo quadro.
La seconda fase è quella della «relative strategic balance», in cui si sfruttano i successi della prima per costruire un vero esercito e strappare territori al governo nemico: «I mujaheddin stabiliranno campi, ospedali, corti basate sulla sharia, stazioni media, e punti di lancio per azioni militari e politiche». Sembrano proprio i suggerimenti su cui l’Isis ha basato l’offensiva prima in Siria, e poi in Iraq.
La terza fase, che forse preannuncia le prossime mosse dello Stato islamico, è quella in cui ci si approfitta delle divisioni create tra i «collaborazionisti» dei regimi attaccati, per lanciare assalti drammatici e decisivi, finalizzati ad ottenere il controllo completo dello stato. Si comincia dalle città più piccole, perché sono più facili da prendere, ma la loro caduta dà subito un’impressione di invincibilità che abbatte il morale dei nemici. Quindi si usa la massima violenza, per intimidirli.
È quello che sta avvenendo in Iraq e Siria, e potrebbe ripetersi in Libano, Giordania, e magari nella stessa Arabia Saudita. Muqrin però avvertiva che i regimi musulmani erano i primi ad essere colpiti, per punirli delle loro deviazioni tipo la democrazia, e costruire il nuovo stato islamico puro, ma i veri obiettivi finali erano altri. Ebrei e cristiani, cioè gli autentici infedeli nemici della religione musulmana, che vanno eliminati ovunque sia possibile per far trionfare davvero la visione islamica della vita e del mondo.