DIS-UNESCO! - L’INGRESSO DELLA PALESTINA NELL’ENTE ONU PER I BENI STORICO-CULTURALI FA IMBUFALIRE IL PREMIER ISRAELIANO NETANYAHU CHE SI VENDICA: 2000 NUOVE CASE PER COLONI A GERUSALEMME EST E STOP AI FONDI ALL’ANP - I PALESTINESI: “DISTRUGGE LA PACE” - PRESTO IL VOTO DEL CONSIGLIO SUL RICONOSCIMENTO: SE IL BUON SCORNO SI VEDE DAL MATTINO GLI USA DOVRANNO PORRE IL VETO CON BUONA PACE PER OBAMA LIBERAL E BELLO…
Francesca Paci per "la Stampa"
E adesso? Cosa s'inventerà il presidente palestinese Abu Mazen nelle ansiogene settimane da far passare tra l'appena incassato riconoscimento dell'Unesco e l'atteso pronunciamento del Consiglio di Sicurezza Onu? La risposta israeliana all'abile mossa dell'avversario è stata tempestiva e spiazzante.
Ieri sera, al termine della riunione d'emergenza con i sette ministri principali della coalizione al potere, il premier Bibi Netanyahu ha annunciato che il suo governo fermerà temporaneamente il trasferimento di fondi all'Autorità di Ramallah. Scacco matto o quasi. Almeno finché non sarà chiaro quanto avanti i palestinesi della Cisgiordania possano spingersi nel puntare sulla vittoria diplomatica (e simbolica) tutti i concreti traguardi economici raggiunti negli ultimi anni.
Israele insomma contrattacca. E non solo con la minaccia di bloccare all'aeroporto Ben Gurion le prossime delegazioni Unesco e con le ruspe che, nella consueta logica locale dell'occhio per occhio, sono appena state autorizzate a spianare la costruzione di 2000 nuove abitazioni per coloni a Gerusalemme Est, la parte araba della Città Santa. Ora, su suggerimento del ministro delle Finanze israeliano Yuval Steinitz, si passa direttamente al portafoglio, penultima scialuppa di salvataggio per l'eternamente sotto esame Abu Mazen prima del riconoscimento internazionale.
Netanyahu è consapevole del successo d'immagine incassato dalla metà del fronte nemico votatosi al soft power. Nonostante il recupero di Hamas, beneficiato dallo scambio tra la libertà del caporale Shalit e quella di oltre mille connazionali, il presidente palestinese resta in vetta agli indici di popolarità .
Tanto che, si mormora, starebbe pianificando l'assalto diplomatico ad altre 16 agenzie delle Nazioni Unite tra cui l'International labour organization, l'Organizzazione mondiale della Sanità , l'Alto Commissariato per i rifugiati, l'Unione internazionale delle telecomunicazioni. Secondo la prestigiosa rivista Foreign Policy se la promozione dell'Unesco dovesse rispecchiare percentualmente il voto prossimo venturo del Consiglio di Sicurezza il risultato sarebbe pressappoco di 9 Paesi favorevoli, 2 contrari e 4 astenuti, uno scenario che costringerebbe Washington a porre il veto sacrificando l'immagine americana tanto faticosamente recuperata (almeno in parte) nel mondo arabo.
Una decisione che, a detta dell'ex senatore democratico Tim Wirth, potrebbe minare seriamente il soft power del presidente Obama con conseguenze pratiche, per esempio, sull'influenza statunitense sull'International Atomic Energy Agency o sulla World Intellectual Property Organization.
«Israele lavora per la distruzione del processo di pace» attacca ora Ramallah rovesciando sull'avversario l'accusa di infrangere lo spirito bilaterale degli accordi di Olso mossale dallo stesso premier Bibi Netanyahu all'indomani del ricorso all'Onu. Sullo sfondo delle reciproche recriminazioni si profila lo spettro di una nuova guerra a bassa intensità che, sostengono i più dietrologi tra i palestinesi, potrebbe essere cominciata ieri mattina con il blackout del network telefonico Paltel, un presunto attacco hackeristico contro la rete Internet e i cellulari di Cisgiordania e Gaza.
Nessuna delle due parti sembra al momento intenzionata alla retromarcia. Di fronte al discorso newyorchese di Abu Mazen, il 23 settembre scorso, il ministro della Difesa israeliano Barak aveva vaticinato «uno tsunami diplomatico», una sorta di cataclisma incombente sul proprio Paese nel caso non fossero ripartiti i negoziati. Gli sviluppi delle ultime ore sembrano confermare le peggiori previsioni con un campo di battaglia insanguinato e senza vincitori.
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