macri erdogan

DON’T CRAC FOR ME ARGENTINA - MONETA A PICCO, A BUENOS AIRES SI TEME UN ALTRO DEFAULT: I TASSI DI INTERESSE ARRIVANO AL 40% PER FERMARE LA FUGA VERSO IL DOLLARO. LA RICETTA MACRÌ HA GIÀ DELUSO I MERCATI? - LA TURCHIA INVECE PIANGE INSIEME ALLA LIRA CHE CROLLA, VIENE DECLASSATA DA S&P E L’INFLAZIONE VOLA. E DIETRO C’È ANCHE LO ZAMPINO DI TRUMP…

1. MONETA A PICCO L' ARGENTINA TEME UN ALTRO DEFAULT

Rocco Cotroneo per il “Corriere della Sera”

 

MAURICIO MACRI

L'idea che bastasse mandare a casa il solito populismo peronista per rimettere in sesto l' Argentina e cancellare le abitudini del passato non è durata molto. A due anni dalla vittoria di Mauricio Macri - primo liberale dichiarato dopo decenni - il Paese sudamericano è di nuovo sull' orlo di una crisi finanziaria. In una situazione non drammatica come quella che portò al crac del 2001-2002, ma che rende difficile non evocarlo. Tutto ruota attorno alla più classica delle tradizioni argentine - più del tango e dell' asado di carne - e cioè la corsa a liberarsi del peso e accumulare dollari ai primi segnali di crisi.

 

In pochi giorni la moneta locale ha subìto un collasso, spingendo la banca centrale ad aumentare per tre volte i tassi di interesse. La stretta è arrivata al 40 per cento e gli interventi delle autorità monetarie per fermare la domanda hanno toccato i 5 miliardi di dollari. Ormai per comprare un biglietto verde servono 23 pesos, il livello più alto da quando saltò la convertibilità, il rapporto 1 a 1 tra le due monete negli anni Novanta. Stavolta in soli quattro mesi il peso ha perso quasi un quarto del suo valore. L' altra misura di Macri è stato tagliare la previsione di deficit pubblico dal 3,2 al 2,7 per cento del Pil, sempre con l' obiettivo di calmare i mercati.

MAURICIO MACRI

 

Quando sostituì Cristina Kirchner, il presidente di origini calabresi promise di liberare l' Argentina dagli effetti nefasti del populismo con una politica di rigore finanziario che avrebbe riportato il Paese alla crescita. Vennero eliminati i controlli sul cambio e quelli sulle importazioni, favorite le esportazioni e eliminate le tariffe pubbliche a prezzi calmierati. È stata chiusa definitivamente la lunga vertenza sui tango bonds con i fondi che ancora ne avevano in portafoglio da 15 anni.

La fiducia dei mercati è venuta via via diminuendo quando ci si è resi conto che la ricetta non funzionava granché.

 

MAURICIO MACRI

L' inflazione in Argentina è ancora molto alta (attorno al 25 per cento all' anno, con un obiettivo ufficiale di portarla al 15), la crescita incerta mentre gli indici di disoccupazione e povertà restano alti. L' aumento dei tassi a livello internazionale, a partire da quelli Usa, ha accelerato la crisi. Infine una nuova tassa sui capital gain degli investitori stranieri voluta dal governo per ridurre il deficit ha fatto scattare la corsa a vendere pesos e comprare dollari. Sta succedendo anche nel vicino Brasile, ma in Argentina la fragilità dei conti pubblici ha effetti assai più evidenti.

 

cristina kirchner

«È tutto sotto controllo - assicura il capo di gabinetto Marcos Peña -. Una situazione di volatilità come quella che stiamo attraversando può accadere con il cambio flessibile, con il quale stiamo imparando a vivere». La popolarità di Macri è in calo, perché i sacrifici chiesti alla gente per normalizzare un' economia drogata dai precedenti governi si stanno rivelando assai più pesanti del previsto. In tutto questo c' è chi vede il desiderio di Macri di arrivare alla rielezione (alla fine del prossimo anno) con un' economia più vigorosa come una delle cause di alcune mosse false degli ultimi tempi.

 

Le stime del governo tuttora parlano per quest' anno di una crescita attorno al 3 per cento, nonostante la siccità che ha creato problemi all' agricoltura. Ma non c' è nulla che possa distruggere un politico in Argentina come il crollo della moneta, la storia lo insegna tra le pampas da due secoli.

 

 

2. LA TURCHIA RISCHIA DI FALLIRE E IL MERITO VA TUTTO A TRUMP - GRAZIE AL RIALZO DEI TASSI AMERICANI, IL GOVERNO ERDOGAN PUÒ CADERE

Ugo Bertone per ‘Libero Quotidiano

 

Un soffio di vento, mica una tempesta. Eppure è bastato che i rendimenti delle obbligazioni decennali Usa salissero di poco oltre il 3% per meno di una settimana per far crollare la finanza di due Paesi tanto importanti quanto indebitati. Il caso più clamoroso è quella dell' Argentina, costretta venerdì a far salire il costo del denaro fino al 40% per tamponare la fuga dal peso.

erdogan lira turca

 

La misura ha recato un sollievo temporaneo, ma sono in pochi a pensare che i mercati concedano grande credito al presidente Macrì che chiede tempo per realizzare le sue «riforme graduali», una ricetta che a Buenos Aires non ha mai funzionato.

 

Ma la situazione più esplosiva riguarda un Paese ben più vicino ed importante per le nostre relazioni economiche: la Turchia. Venerdì è stato un venerdì nero per la lira turca, che in una sola settimana, la peggiore dal 2008, ha lasciato sul terreno più del 5% del suo valore (addirittura il 10% da gennaio). Un bel guaio per un Paese fortemente indebitato in dollari che ha in cassa riserve valutarie in sufficienti per sostenere una fuga di capitali.

Una situazione di emergenza esasperata dalla congiuntura politica, estremamente delicata.

 

BIVIO ELETTORALE

erdogan macron

 Il presidente Erdogan, infatti, ha indetto le elezioni anticipate per il prossimo 24 giugno, con l' obiettivo dichiarato di prendere possesso dei poteri che la nuova Costituzione da lui voluta garantisce al capo dello Stato e poter così prendere, parole sue, «decisioni importanti per l' economia». La reazione della grande finanza però non è stata quella che il Sultano si attendeva.

 

A sorpresa l' agenzia Standard & Poor' s ha abbassato il rating della Turchia, nel timore di nuove regalie fiscali prima del voto, nonostante una congiuntura economica in rapido deterioramento. In settimana, infatti, l' allarme è stato confermato da alcuni segnali, tra cui l' aumento dell' inflazione al 10,85% che la banca centrale non è in grado di contenere nonostante i numerosi rialzi del costo del denaro (finora cinque dall' inizio del 2017).

ERDOGAN TRUMP

 

L' economia, già sicuro puntello e àncora di salvezza di Erdogan, minaccia così di trasformarsi in una mina per la sua affermazione elettorale comunque probabile contro il rivale Muharrem Ince, che si richiama all' eredità laica di Atatürk, e Demirtas, il candidato del Pkk curdo, oggi in prigione. Il mercato si sta rendendo conto che il lucido calcolo politico del Sultano potrebbe proprio essere quello di congelare la sua posizione politicamente dominante senza aspettare la fine naturale del mandato (2019) prima che la congiuntura economica possa prendere una piega davvero spiacevole.

 

FUTURO INCERTO

Si spiega così il pessimismo che ha fatto volare alle stelle il rischio Turchia, ai massimi dal 2008 a giudicare dall' andamento dei cds, mentre la stima delle banche è scivolata ai minimi tra i Paesi emergenti.

 

Secondo una stima di Bloomberg oggi gli istituti di Ankara valgono circa un quarto di quelli dell' India, un Paese che, come la Turchia, deve fare i conti con l' aumento del prezzo del greggio. Non è una bella notizia per le nostre imprese, come Astaldi o Unicredit.

STANDARD AND POOR'S

L' unica nota positiva è che il rialzo dei tassi Usa, per ora, sembra sotto controllo. E la fuga dei capitali dai mercati emergenti, confermata dal calo dei fondi (-4,2% da inizio anno) potrebbe essere sospesa, così come sperano i Paesi nel mirino, dal Sud Africa al Messico, dove presto si andrà a votare. Ma non sarà comunque facile rimettere in sesto il castello di carta dell' Argentina.

 

O il tesoro del Sultano di Istanbul, schiacciato dai debiti nonostante i tributi pagati dall' Unione Europea.

 

 

Ultimi Dagoreport

patrizia scurti giorgia meloni giuseppe napoli emilio scalfarotto giovanbattista fazzolari

QUANDO C’È LA FIAMMA, LA COMPETENZA NON SERVE NÉ APPARECCHIA. ET VOILÀ!, CHI SBUCA CONSIGLIERE NEL CDA DI FINCANTIERI? EMILIO SCALFAROTTO! L’EX “GABBIANO” DI COLLE OPPIO VOLATO NEL 2018 A FIUMICINO COME ASSESSORE ALLA GIOVENTÙ, NON VI DIRÀ NULLA. MA DAL 2022 SCALFAROTTO HA FATTO IL BOTTO, DIVENTANDO CAPO SEGRETERIA DI FAZZOLARI. “È L’UNICO DI CUI SI FIDA” NELLA GESTIONE DI DOSSIER E NOMINE IL DOMINUS DI PALAZZO CHIGI CHE RISOLVE (“ME LA VEDO IO!”) PROBLEMI E INSIDIE DELLA DUCETTA - IL POTERE ALLA FIAMMA SI TIENE TUTTO IN FAMIGLIA: OLTRE A SCALFAROTTO, LAVORA PER FAZZO COME SEGRETARIA PARTICOLARE, LA NIPOTE DI PATRIZIA SCURTI, MENTRE IL MARITO DELLA POTENTISSIMA SEGRETARIA-OMBRA, GIUSEPPE NAPOLI, È UN AGENTE AISI CHE PRESIEDE ALLA SCORTA DELLA PREMIER…

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DEL PIÙ GRANDE RISIKO BANCARIO D’ITALIA? L’ASSEMBLEA DI GENERALI DEL 24 APRILE È SOLO LA PRIMA BATTAGLIA. LA GUERRA AVRÀ INIZIO DA MAGGIO, QUANDO SCENDERANNO IN CAMPO I CAVALIERI BIANCHI MENEGHINI - RIUSCIRANNO UNICREDIT E BANCA INTESA A SBARRARE IL PASSO ALLA SCALATA DI MEDIOBANCA-GENERALI DA PARTE DELL’”USURPATORE ROMANO” CALTAGIRONE IN SELLA AL CAVALLO DI TROIA DEI PASCHI DI SIENA (SCUDERIA PALAZZO CHIGI)? - QUALI MOSSE FARÀ INTESA PER ARGINARE IL DINAMISMO ACCHIAPPATUTTO DI UNICREDIT? LA “BANCA DI SISTEMA” SI METTERÀ DI TRAVERSO A UN’OPERAZIONE BENEDETTA DAL GOVERNO MELONI? O, MAGARI, MESSINA TROVERÀ UN ACCORDO CON CALTARICCONE? (INTESA HA PRIMA SPINTO ASSOGESTIONI A PRESENTARE UNA LISTA PER IL CDA GENERALI, POI HA PRESTATO 500 MILIONI A CALTAGIRONE…)

donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT - LA DUCETTA IN VERSIONE COMBAT, DIMENTICATELA: LA GIORGIA CHE VOLERA' DOMANI A WASHINGTON E' UNA PREMIER IMPAURITA, INTENTA A PARARSI IL SEDERINO PIGOLANDO DI ''INSIDIE'' E "MOMENTI DIFFICILI" - IL SOGNO DI FAR IL SUO INGRESSO ALLA CASA BIANCA COME PONTIERE TRA USA-UE SI E' TRASFORMATO IN UN INCUBO IL 2 APRILE QUANDO IL CALIGOLA AMERICANO HA MOSTRATO IL TABELLONE DEI DAZI GLOBALI - PRIMA DELLE TARIFFE, IL VIAGGIO AVEVA UN SENSO, MA ORA CHE PUÒ OTTENERE DA UN MEGALOMANE IN PIENO DECLINO COGNITIVO? DALL’UCRAINA ALLE SPESE PER LA DIFESA DELLA NATO, DA PUTIN ALLA CINA, I CONFLITTI TRA EUROPA E STATI UNITI SONO TALMENTE ENORMI CHE IL CAMALEONTISMO DI MELONI E' DIVENTATO OGGI INSOSTENIBILE (ANCHE PERCHE' IL DAZISMO VA A SVUOTARE LE TASCHE ANCHE DEI SUOI ELETTORI) - L'INCONTRO CON TRUMP E' UN'INCOGNITA 1-2-X, DOVE PUO' SUCCEDERE TUTTO: PUO' TORNARE CON UN PUGNO DI MOSCHE IN MANO, OPPURE LEGNATA COME ZELENSKY O MAGARI  RICOPERTA DI BACI E LODI...

agostino scornajenchi stefano venier giovanbattista fazzolari snam

SNAM! SNAM! LA COMPETENZA NON SERVE - ALLA GUIDA DELLA SOCIETÀ DI CDP, CHE SI OCCUPA DI STOCCAGGIO E RIGASSIFICAZIONE DEL GAS NATURALE, SARÀ UN MANAGER CHE HA SEMPRE RICOPERTO IL RUOLO DI DIRETTORE FINANZIARIO, AGOSTINO SCORNAJENCHI – MA DAL GAS ALLA FIAMMA, SI SA, IL PASSO È BREVE: A PROMUOVERE LA NOMINA È INTERVENUTO QUELLO ZOCCOLO DURO E PURO DI FRATELLI D’ITALIA, GIÀ MSI E AN, CHE FA RIFERIMENTO A FAZZOLARI. E A NULLA È VALSO IL NO DELLA LEGA - LA MANCATA RICONFERMA DI STEFANO VENIER, NOMINATO 3 ANNI FA DAL GOVERNO DRAGHI, È ARRIVATA PROPRIO NEL GIORNO IN CUI STANDARD & POOR HA PROMOSSO IL RATING DELLA SNAM…

veneto luca zaia matteo salvini giorgia meloni elly schlein giuseppe conte

DAGOREPORT – SCAZZO DOPO SCAZZO, IL BIG BANG PER IL CENTRODESTRA SARÀ IN AUTUNNO, CON LE REGIONALI IN VENETO, CAMPANIA, TOSCANA, PUGLIA E MARCHE – SE ZAIA E LA SUA LIGA VENETA SI PRESENTASSERO DA SOLI, SPACCHETTEREBBERO IL VOTO DI DESTRA RENDENDO LA REGIONE CONTENDIBILE: BASTEREBBE SOLO CHE PD E M5S SMETTESSERO DI FARE GLI EGO-STRONZI E CONVERGESSERO SU UN CANDIDATO “CIVICO” (COME DAMIANO TOMMASI A VERONA NEL 2022) – LA PROPOSTA DI MELONI AL "TRUCE" MATTEO: FDI È DISPOSTA A LASCIARE IL VENETO ALLA LEGA, MA A QUEL PUNTO LA REGIONE LOMBARDIA TOCCA A NOI (A FORZA ITALIA, IL SINDACO DI MILANO) - SE SALVINI SI IMPUNTA? S'ATTACCA! E FRATELLI D'ITALIA SI PRENDE TUTTO (MA LE CONSEGUENZE SULLA MAGGIORANZA POTREBBERO ESSERE FATALI PER IL PRIMO GOVERNO MELONI…)

donald trump dazi tadazi

DAGOREPORT – LO STOP DI TRE MESI AI DAZI NON SALVERA' IL CULONE DI TRUMP: PER I MERCATI FINANZIARI L’INSTABILITÀ ECONOMICA È PEGGIO DELLA PESTE, E DONALD HA ORMAI ADDOSSO IL MARCHIO DELL’AGENTE DEL CAOS – I FONDI ISTITUZIONALI EUROPEI ABBANDONANO GLI INVESTIMENTI IN SOCIETA' AMERICANE, IL DOLLARO SCENDE, IL RENDIMENTO DEI BOND USA SI IMPENNA, LE AZIENDE CHE PRODUCONO TRA CINA E VIETNAM RISCHIANO DI SALTARE (TRUMP HA SALVATO APPLE MA NON NIKE) - PER QUESTO IL CALIGOLA COL CIUFFO HA RINCULATO SUI DAZI (CINA ESCLUSA) - MA LO STOP DI TRE MESI NON È SERVITO A TRANQUILLIZZARE I POTERI FORTI GLOBALI, CON IL DRAGONE DI XI JINPING CHE RISPONDE DURO ALLE TARIFFE USA A COLPI DI "DUMPING": ABBASSANDO IL COSTO DEI PRODOTTI CHE NON ESPORTA PIU' IN USA (COMPRESO L'EXPORT DELLE RISORSE DELLE TERRE RARE, STRATEGICO PER LE MULTINAZIONALI HI-TECH) – SONDAGGI IN PICCHIATA PER TRUMP: IL 60% DEGLI AMERICANI POSSIEDE AZIONI TRAMITE I FONDI PENSIONE...