Umberto Rapetto per www.startmag.it
I sistemi di telecomunicazioni 5G fanno sognare gli utenti, ma l’esperienza onirica potrebbe rapidamente trasformarsi in incubo. Le preoccupazioni affiorano nel contesto militare, là dove una guerra – magari dai contorni tecnologici – è sempre dietro l’angolo.
Mentre si decantano le mirabolanti prestazioni per la mobilità del futuro e per la possibilità di sfruttare l’Internet delle cose, la Nato concentra le proprie risorse per scendere a fondo sui rischi delle tecnologie tlc, per identificare le minacce alla sicurezza, per contribuire all’analisi del dilemma Huawei-sì/Huawei-no al cui proposito molte “terre dei cachi” continuano a rinviare qualsivoglia decisione.
I pericoli in ambito Difesa sono agevolmente individuabili e l’apprensione degli esperti delle Forze Armate si profilano ragionevoli e comprensibili ai più. Le reti 5G sono caratterizzate anzitutto dalla elevata velocità di trasmissione dati in grado di insidiare persino le connessioni in fibra ottica e capace di soddisfare i dispositivi maggiormente “assetati” di informazioni per il loro regolare funzionamento.
Questa tecnologia, ad esempio, si profila come la panacea per i collegamenti clinico-sanitari consentendo l’istantaneo trasferimento di dati, immagini, voci e comandi per operazioni chirurgiche a distanza. Cosa succede, però, se quel bisturi perde la connessione nel momento più delicato dell’intervento? La stessa riflessione può essere mutuata in qualunque altro contesto, dall’energia ai trasporti, dalla finanza alla guerra.
Se fino a qualche tempo fa il principale timore si incentrava su possibili hacker senza scrupoli, oggi (e sempre di più ogni giorno che passa) la paura si dilata guardando a chi realizza l’infrastruttura di connessione. Chi progetta e costruisce gli apparati ha potenzialmente il dominio assoluto. Quasi esistesse un interruttore generale, potrebbe “tranciare” qualunque collegamento. Le infinite funzioni esposte commercialmente potrebbero essere affiancate da azioni maligne invisibili per chi se ne serve, alimentando lo spionaggio o introducendo informazioni fuorvianti confezionate ad hoc.
Il roseo orizzonte del progresso – visto attraverso la lente di tattiche e strategie militari – diventa rapidamente cupo. Le reti sono il tessuto connettivo del vivere quotidiano, ma sono anche il sistema nervoso delle attività di “comando e controllo” su cui la Difesa fa perno dai processi decisionali fino all’ultima operazione sul campo di battaglia. Se gli “ingranaggi” di questo immaginario motore di telecomunicazione lasciano trasparire dubbi e sospetti in ordine alla loro affidabilità, è d’obbligo far scattare ogni iniziativa volta a eviscerare ogni dettaglio tecnico e organizzativo e a prevenire sgradevoli sorprese.
La tecnologia 5G permette di manovrare i mezzi di trasporto il cui sistema “vascolare” è garantito dal dialogo istantaneo tra i sensori e i computer remoti e dalle conseguenti decisioni (movimenti o altre azioni) assunte grazie alle applicazioni di intelligenza artificiale. Se il veicolo è un drone (aereo, terrestre o navale) in missione militare cosa succede in caso di interferenza?
Il 5G porta con sé una sorta di network-dipendenza: il venir meno del collegamento genera “crisi di astinenza” che portano all’immediata paralisi di ogni attività condizionata dalla costante e continua disponibilità di dati e di riscontri.
Il fatto che la supremazia tecnologica sia in mano alle aziende cinesi impone analisi tecniche e controlli operativi per sincerarsi dell’effettiva affidabilità: non bastano dotazioni dalle prestazioni eccellenti, ma occorre la garanzia che quei sofisticati dispositivi non facciano qualche impercettibile “marachella” che può pregiudicare le sorti di una Nazione o addirittura dell’Alleanza atlantica.
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