DONNA ONESTA A CASA RESTA – NELLA POLITICA ITALIANA IL MASCHILISMO UNISCE DESTRA E SINISTRA – TOGLIATTI E DE GASPERI STIMAVANO LE DONNE PURCHÈ CASALINGHE – ROSY BINDI E MARA CARFAGNA INSULTATE IN OGNI MODO E BERSANI CHIAMAVA “BAMBOLE” LE PARLAMENTARI BERLUSCONIANE
Mattia Feltri per “la Stampa”
La tradizione, poco gloriosa, è però consolidata: due monumenti come Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi stimavano la donna purché casalinga. Il primo: «Noi non pretendiamo che le donne comuniste si stacchino dalla loro vita quotidiana (...) che perdano in qualsiasi modo gli attributi e le grazie della loro femminilità». Il secondo: «Abbiamo bisogno di voi soprattutto come spose e madri».
È fine anni Quaranta, il suffragio universale consegna alle donne il diritto di voto e l’Avanti!, quotidiano socialista - e l’aggettivo aveva un peso - precisa: la donna non va allontanata «dalla casa che è il suo regno», ma bisogna «persuaderla che per difendere la sua casa essa deve concorrere alla lotta per la democrazia...».
«L’essenziale funzione familiare» della donna sostenuta da un altro santo repubblicano, Giorgio La Pira, era argomento di discussione di quel sacro simposio dell’Assemblea costituente, dove per poco saltò l’emendamento in cui si dichiarava che «il capo della famiglia è il marito». E siccome si tracciavano i confini dei diritti, il dibattito impegnò qualche giorno sull’opportunità di aprire alle donne la carriera in magistratura.
Dibattito vivace con tentativo di mediazione del futuro presidente della Repubblica, Giovanni Leone, non ostile alla donna in toga ma solo «per le qualità che le derivano dalla sua femminilità e dalla sua sensibilità». Cioè, non oltre il tribunale dei minori: quella era una Dc in cui era solida l’idea che certe rivendicazioni fossero «astratte eguaglianze contro natura».
Se qualcuno pensa che grettezza parlamentare e maschilismo d’abbordaggio siano stati introdotti da Lucio Barani e Vincenzo D’Anna, acquisti Sta zitta e va’ in cucina, irresistibile libro e irresistibile campionario fallocratico di Filippo Maria Battaglia (giornalista Sky) che sarà in libreria per Bollati Boringhieri dopodomani, 8 ottobre.
Si va da Togliatti a Beppe Grillo, e pagina dopo pagina è una raffica di considerazioni da birreria, ma dopo molte birre. Si arriva al grillino che in commissione alla Camera accusa le colleghe del Pd di essersi guadagnate il posto «perché siete brave a fare i pompini» (e la deputata Giuditta Pini compie il capolavoro: «Ho preso 7 mila e 100 preferenze, mi fa ancora male la mascella»).
Naturalmente i fatti più recenti sono nelle nostre memorie ma così, infilati uno via l’altro, fanno impressione, ci si chiede come siano passate in cavalleria le gentilezze riservate a Rosi Bindi, «non è neppure una donna» per Francesco Storace, «problemi di convivenza con il vero amore non ne ha mai avuti» per Beppe Grillo, «più bella che intelligente» per Silvio Berlusconi. O l’ossessione per Mara Carfagna e tutte le parlamentari berlusconiane, «bambole» nella progressista illustrazione di Pierluigi Bersani. Per non dire di Sabina Guzzanti.
In effetti non è mai stata una questione di destra o sinistra: come abbiamo visto, qui le larghe intese sono incrollabili. Magari con sintassi più appropriata, e con contegno da grisaglia, ma non c’è astro del cielo senza lampo. La medaglia d’oro noi la daremmo a Renato Guttuso: «È l’Urss, se Dio vuole, il Paese dove le giovani donne vanno ancora vergini al matrimonio».
Ma ognuno cercherà nelle stupefacenti pagine di Battaglia il suo personalissimo campione, magari Aldo Moro («La donna ha un compito primario e irrinunciabile, quello di garantire il buon funzionamento della comunità familiare»), magari il senatore socialista Giovanni Pieraccini per il quale «le prostitute sono per lo più delle minorate intellettuali o morali», magari l’intera direzione del Pci in cui non si nomina Nilde Jotti in quanto concubina del Migliore.
Ma sarebbe cosa buona premiare l’intera istituzione di cui degnamente fa parte Barani, e cioè il Senato e tutti i senatori che nel 1952, all’arrivo della prima stenografa, una ragazza sulla trentina, scendono dai banchi verso le prime file, sbavanti, e all’ingresso della seconda stenografa s’accalcano, uno «cade rovinosamente», si commentano le delicate manine bianche delle «care figliuole», è tutto un brusio, un chiacchiericcio. E la seduta si perde come nemmeno per gli emendamenti di Roberto Calderoli.
nilde iotti e sergio mattarella