1. LA FEDELI NON RISPONDE, E SULLA SUA LAUREA FARLOCCA FA PARLARE ''FONTI VICINE ALLA MINISTRA''
Estratto da www.repubblica.it
Fedeli: "Nulla contro la famiglia". Valeria Fedeli replica alle accuse. "Il titolo di studio - fanno sapere fonti vicine alla Ministra - è un diploma di laurea, si chiamava così negli anni Settanta. Non si tratta di una laurea e non ha nulla a che vedere con le lauree brevi di oggi". A proposito degli attacchi sul ddl per 'l'educazione di genere', Fedeli (fanno ancora sapere dal suo entourage) "non ha nulla contro la famiglia. Le posizioni che ha sempre avuto sono quelle delle attenzioni ai diritti e alla parità di genere. Quelle della lotta contro le discriminazioni e le violenze, in linea con le convenzioni internazionali che attribuiscono alla scuola un ruolo educativo su queste tematiche".
VALERIA FEDELI CANCELLA LA LAUREA DAL CURRICULUM DOPO ESSERE STATA BECCATA
2. LAUREA FANTASMA DELLA MINISTRA DELL' ISTRUZIONE
Fausto Carioti per ''Libero Quotdiano''
Valeria Fedeli, nuovo ministro per l' Istruzione, l' Università e la Ricerca scientifica, non ha la laurea.
Eppure, nel curriculum che pubblica sul proprio sito, la senatrice del Pd, femminista ed ex cigiellina, racconta una storia diversa: «Finite le scuole mi sono trasferita a Milano per iscrivermi dove ho conseguito il diploma di laurea in Scienze Sociali, presso Unsas», che sarebbe la scuola per assistenti sociali.
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Il problema è che la laurea in Scienze sociali è stata istituita nel 2000, quando la Fedeli aveva 51 anni: quello che tiene nel cassetto, dunque, con ogni probabilità è un semplice diploma di scuola professionale. Ad accorgersene è stato un anonimo lettore del sito Dagospia. Libero ieri pomeriggio ha contattato più volte gli uffici della Fedeli per conoscere la sua versione: nonostante fosse stata promessa una spiegazione «chiara e definitiva», alle ore 22.05 non era ancora arrivato nulla.
Insomma, la neoministra è già un caso. E non solo per il suo titolo di studio, ma anche per come intende cambiare la scuola italiana. Indottrinamento di maschietti e femminucce «sin dalla più tenera età», per convincerli che il pisellino e certe altre apparenti differenze fisiologiche sono il retaggio di una cultura discriminante? Nel suo programma c' è. Corsi di formazione obbligatori per rieducare gli insegnanti alle nuove regole? La Fedeli li ha, come ha tutto quello che ci si può immaginare da una che nel 1968 aveva 19 anni e marciava nei cortei col pugno chiuso.
Nata a Treviglio, sino al 2012 si è divisa tra militanza sindacale, con la Cgil, di cui è stata segretario dei tessili, e attivismo femminista, culminato nel movimento antiberlusconiano "Se non ora quando", che ha contribuito a fondare. Per le associazioni cattoliche la sua nomina a ministro è «una dichiarazione di guerra totale al popolo del Family Day». Non si tratta di ostilità preconcetta: la Fedeli se l' è guadagnata presentando un disegno di legge che già nel titolo è la quintessenza di tutto ciò che i nostalgici di Joseph Ratzinger aborrono: «Introduzione dell' educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole».
Prevede di cambiare libri di testo e programmi per rimuovere dalle teste di studenti e insegnanti gli «stereotipi di genere» e «instillare la nozione di uguaglianza nei bambini sin dalla più tenera età», alla modica spesa di 200 milioni l' anno. Se le famiglie cattoliche hanno annunciato subito «una manifestazione popolare per ribadire che sulla loro libertà educativa i genitori non faranno sconti», qualche motivo c' è.
Il primo giorno in Parlamento si è presentata in vestito rosso e giacca rossa, che facevano pendant con la tintura dei capelli. Ma prenderla per un' idealista ingenua sarebbe sbagliato: arrivata a 67 anni, ha capito da tempo che la poltrona conta più dei principi e delle ideologie.
Eletta, anzi nominata senatrice in Toscana dopo che il marito, Achille Passoni, era stato "trombato" alle primarie, ai giornali locali nel gennaio del 2013 raccontava così l' emozione di essere stata paracadutata capolista in una regione che non è la sua: «Mi ha chiamata Pier Luigi Bersani alle 10.06 di lunedì scorso, non lo dimenticherò. La mia è una candidatura di Pier Luigi».
L' ha dimenticato presto, invece. E nell' ottobre del 2014, quando Renzi ha fatto la kermesse alla Leopolda nello stesso giorno in cui la Cgil organizzava la manifestazione di Roma, lei, ex cigiellina ed ormai anche ex bersaniana, si è buttata sull' autostrada in direzione Firenze. «Sono una che riconosce il suo segretario», spiegò. Di recente, ha dimenticato pure l' impegno che aveva preso prima del referendum: «Il giorno dopo, se ha vinto il No, ne devi prendere atto. È giusto rimettere il mandato. Io non penso alla mia sedia». Infatti se ne è presa un' altra, più grossa.
PIERLUIGI BERSANI VALERIA FEDELI
In realtà la sua vera colpa, più che la laurea che non c' è, le idee che ne fanno una sorta di Laura Boldrini elevata al cubo e la disinvoltura nel cambiare referente politico, è un' altra: la prosa. Nel testo che accompagna il suo disegno di legge, il nuovo ministro dell' Istruzione si esprime così: «La consapevole prospettiva di genere nei processi educativi importa primariamente la decostruzione critica delle forme irrigidite e stereotipate attraverso cui le identità di genere sono culturalmente e socialmente plasmate, stimolando al contempo l' auto-apprendimento della e nelle complessità». Ora, affidereste i vostri figli a una che parla così? Paolo Gentiloni lo ha appena fatto per voi. Povere creature.