I DUE MATTEO IN SALSA GRECA - SE SUL REFERENDUM IN GRECIA RENZI SI È APPECORONATO ALLA MERKEL, SALVINI CAVALCA IL FRONTE ANTIEUROPEO: “PER DARE UN SEGNALE ALL’EUROPA, RITIREREI I SOLDI DALLE BANCHE ITALIANE. FOSSI AD ATENE VOTEREI NO”
Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
renzi su chi e salvini su oggi
Il referendum greco è una lama affilata e senza manico: in qualsiasi modo la si impugni c’è il rischio di ferirsi. Perché se è vero che la chiamata alle urne di Tsipras evoca il riscatto contro «l’Europa matrigna», è altrettanto vero che i suoi effetti — la chiusura della Borsa di Atene e le file ai bancomat — preoccupano l’opinione pubblica italiana e allarmano il ceto produttivo, che sull’euro continua a puntare.
L’arma a doppio taglio impone però una scelta, ed era scontato da quale parte si sarebbe posto Renzi. Nonostante la minoranza del Pd lo esortasse ad appoggiare Syriza, il premier si è collocato sulla linea istituzionale di Bruxelles. E alla vigilia del vertice con la Merkel ha spiegato che il popolo greco è chiamato a scegliere tra la permanenza nel consesso europeo e la fuga verso l’ignoto rappresentato dal ritorno alla dracma.
Ma non c’è dubbio che la mossa di Tsipras lo abbia colto di sorpresa. Di ritorno dal vertice dell’Unione, Renzi aveva infatti spiegato ai suoi ministri che «dopo un week end di terrore» si sarebbe giunti a un compromesso. Non è andata così. Forse anche per questo ieri ha preferito esprimersi solo con un tweet, mentre nel resto d’Europa — da Hollande alla Merkel — i capi di Stato e di governo riunivano i propri esecutivi o consultavano le forze di opposizione, come a voler attenuare a livello nazionale l’impatto del crash europeo. Perché il colpo è stato pesante, e già in mattinata a Roma — nella maggioranza — aleggiava il timore per le ripercussioni: nonostante Draghi si fosse posto «come scudo», erano considerati «inevitabili i contraccolpi politici ed economici».
Lo si è visto subito in Borsa e in Parlamento, dove l’esecutivo è finito sotto assedio. A Palazzo Chigi la tesi è che l’offensiva si infrangerà sui cavalli di frisia delle riforme, poste a difesa dell’economia nazionale: «E siccome noi le abbiamo fatte e stiamo continuando a farle — sostiene Renzi — è ora che le facciano anche gli altri», cioè i greci, verso i quali «la mano d’aiuto è ancora tesa».
È un modo per far capire che la vertenza a Bruxelles non è chiusa, ma è anche — per dirla con Alfano — un segnale al Paese per avvisare che «l’unica linea possibile è la linea di realismo attuata dal governo»: «Tsipras invece è la dimostrazione di come certe campagne elettorali impostate sui sogni, alla prova dei fatti si trasformino in incubi. E il prezzo lo sta pagando il popolo greco».
Il referendum di Atene, dunque, non è solo una trincea dove si consuma il braccio di ferro europeo ma è anche il terreno di scontro politico nei singoli Stati, sebbene in Italia si registri una spinta trasversale per porre fine alla stagione del rigore a Bruxelles. È una sorta di unità nazionale che va dal forzista Gasparri al democratico Damiano, un appello rivolto al governo che ha il sapore dell’accerchiamento. E con i Cinquestelle che sfruttano la mossa di Syriza per rivendicare l’uscita dall’euro e il ritorno alla sovranità nazionale, era attesa la mossa di Salvini.
Il «Matteo» di opposizione — che secondo lo studio pubblicato sul Corriere da Pagnoncelli ha raggiunto negli indici di gradimento il «Matteo» di governo — sembrava stesse maturando una svolta. Ieri mattina a L’aria d’estate , trasmissione di La7, il segretario del Carroccio era parso molto prudente sul referendum greco, fino al punto da marcarne le distanze.
Impressione confermata a telecamere spente: «Io non tifo Tsipras», diceva Salvini, che nella mossa del premier greco intravvedeva «un’azione da exit strategy più che una volontà di affidarsi al popolo con uno strumento democratico. Perché se un partito si candida a governare con un programma, poi con quel programma deve andare fino in fondo».
In un colpo il leader leghista sembrava differenziarsi a Roma da Forza Italia (che con Brunetta si era schierata a fianco di Tsipras), e a Bruxelles dalla Le Pen (che aveva inneggiato al referendum greco). Era come se, in una prospettiva di governo, si preparasse a competere con Renzi per il primato sull’elettorato di centro, pur partendo da una posizione opposta.
Perché, sia chiaro, Salvini resta convinto che l’Italia debba uscire dall’euro, ma già in campagna elettorale per le Regionali aveva smesso di parlarne, un po’ per «non spaventare» gli imprenditori del Nord, un po’ perché ritiene che «comunque la storia della moneta unica sia ormai ai titoli di coda». Poi però in serata, alla Zanzara su Radio 24, ha sferrato un colpo pesantissimo e allarmante, dicendo che «per dare un segnale all’Europa, ritirerei i soldi dalle banche italiane. Fossi ad Atene voterei no: potrebbe essere l’inizio di una nuova era». Il referendum greco è una lama affilata. E senza manico.