1 - DIVERSI DA CHI?
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La lunga lettera pubblicata da Repubblica con la quale Don Carron, successore di Don Giussani alla guida di Cl, disserta sui mali mondani del movimento e' un po' stucchevole e con la sua impostazione mette, temo, i semi per nuovi errori.
Ci spiace, anche perché di solito un sacerdote dovrebbe parlare con saggezza. Ed anche la lettera di Don Carron pare saggia, ad una prima lettura. Ma se ci fate caso, la profonda presunzione che anima tutti gli appartenenti a Cl trabocca abbastanza da ogni riga della sua lettera, ancorché trattenuta ed ammantata di compunzione.
Forse era giusto cercare di volare alto, ma una predica così distaccata dai nomi e dai fatti rischia di essere paradossalmente comoda. Se per quasi un ventennio centinaia di esponenti ciellini - oltre che la base - hanno sorretto ed alimentato il mito di Formigoni, il suo sistema di potere, deve esserci una ragione più profonda che non la devianza di alcune pecorelle. Il fulcro del ragionamento del Don e' che, in fondo, i ciellini non pensano di essere normali cristiani, mentre vorremmo osservare che se lo fossero sarebbe forse un gran bene per tutti...
ROBERTO FORMIGONILe uniche parole di fuoco a ben vedere il successore di Don Giussani le riserva - all'inizio della sua epistola - alle modalità con cui certe notizie sono uscite sui giornali. Forse e' al corrente di reati commessi da cancellieri, procuratori e giornalisti? Speriamo abbia fatto denunce come ogni normale cittadino dovrebbe fare.
Per il resto una predica su Cristo, che tuttavia e grazie a Dio pervade il mondo da duemila anni anche senza i ciellini, una allusiva critica per non si sa chi del suo movimento per aver ceduto alle lusinghe del potere. Un continuo reclamare la diversità che deve costituire l'essenza del movimento.
Jullian Carron - Foto PizziMa "de che'?" direbbero a Roma. I movimenti sono il sale della cristianità quando mantengono il sale in zucca. Quando parlano chiaro, quando aiutano la Chiesa e magari il mondo a seguire l'essere e non l'avere.
Dite voi se la lettera di Don Carron vi pare chiara. Dietro la apparente voglia di volare alto, la scelta di non fare nomi e cognomi, per certi versi accettabile, la evidente amarezza, comprensibile, resta irrisolto un nodo: quello della vera laicità della politica, senza troppo incenso a renderla apparentemente migliore. Perché se vuole Don Carron anche noi sappiamo volare alto ed abbiamo letto libri e frequentato persone. Continuiamo a preferire il senso dello Stato di De Gasperi e di Einaudi.
Tanto ostentare cristianesimo, e cristianesimo diverso, accostandolo poi di fatto e senza pudore all'organizzazione degli affari e del potere non porta bene. Don Verze', certo non era un mediocre, ma proprio su questo e' scivolato. Speriamo che su questo Cl mediti, tornando ad essere un movimento cristiano, non uno circolo di potere.
Tuttavia non possiamo negare la buona fede a priori alla lettera di Don Carron, piena di ragionamenti anche condivisibili ed oggettivamente amareggiata per i fatti comparsi sui giornali. Resta il dubbio che la vera amarezza sia per il fatto che siano comparsi, non per il metodo che li ha consentiti. Ma qui siamo cattivi.
FORMIGONICl e la predica autocritica di Don Carron non possono essere riassunti e rappresentati solo da Formigoni, Simone, e Dacco'. Vedremo nei fatti le scelte che deriveranno dalla lettera odierna. Lo vedremo nei nomi e cognomi degli amici e degli esponenti di Cl che occuperanno poltrone, nei padrinati politici che saranno accettati e forniti (su questo da sempre scivola CL), nella impostazione del prossimo meeting di Rimini.
CL, ma don Carron non lo dice, sul territorio ha spesso accettato il padrinato degli esponenti democristiani più chiacchierati, come l'ala andreottiana negli anno ottanta. Perché? La diversità , se verrà , sarà nei fatti, non nelle omelie un po' generiche, allusive ed evocative che forse tanto piacciono in certi ambienti proprio perché poi consentono ai fatti di andare bellamente per altre strade
2 - CARRÓN: DA CHI HA SBAGLIATO UN'UMILIAZIONE PER CL
Lettera di Don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, a "la Repubblica"
Caro Direttore, leggendo in questi giorni i giornali sono stato invaso da un dolore indicibile nel vedere cosa abbiamo fatto della grazia che abbiamo ricevuto. Se il movimento di Comunione e Liberazione è continuamente identificato con l'attrattiva del potere, dei soldi, di stili di vita che nulla hanno a che vedere con quello che abbiamo incontrato, qualche pretesto dobbiamo averlo dato.
E questo sebbene Cl sia estranea a qualunque malversazione e non abbia mai dato vita a un "sistema" di potere. Né valgono le pur legittime considerazioni sulla modalità sconcertante con cui queste notizie vengono diffuse, attraverso una violazione, ormai accettata da tutti, delle procedure e delle garanzie pur previste dalla Costituzione.
L'incontro con don Giussani ha significato per noi la possibilità di scoprire il cristianesimo come una realtà tanto attraente quanto desiderabile. Per questo è una grande umiliazione costatare che a volte per noi non è bastato il fascino dell'inizio per renderci liberi dalla tentazione di una riuscita puramente umana. La nostra presunzione di pensare che quel fascino iniziale bastasse da solo, senza doversi impegnare in una vera sequela di lui, ha portato a conseguenze che ci riempiono di costernazione.
Luigi GiussaniIl fatto che don Giussani ci abbia testimoniato fino alla morte che cosa può essere la vita quando essa è afferrata da Cristo mostra che non manca nulla alla sua proposta cristiana. Tanti che lo hanno conosciuto confermano quello di cui noi, suoi figli, abbiamo potuto godere in una convivenza più o meno stretta con lui: che la sua persona traboccava Cristo. Questa convinzione ci ha portato a chiedere l'apertura della causa di canonizzazione, certi del bene che è stato ed è don Giussani per la Chiesa, per rispondere alle sfide che il cristianesimo ha oggi davanti a sé.
Chiediamo perdono se abbiamo recato danno alla memoria di don Giussani con la nostra superficialità e mancanza di sequela. Spetterà ai giudici determinare se alcuni errori commessi da taluni costituiscano anche reati. D'altra parte, ciascuno potrà giudicare se, tra tanti sbagli, siamo riusciti a dare un qualche contributo al bene comune.
Quando un membro soffre, tutto il corpo soffre con lui, ci ha insegnato san Paolo. Noi, i membri di questo corpo che è Comunione e Liberazione, soffriamo con coloro che sono alla ribalta dei media, memori della nostra debolezza per non essere stati abbastanza testimoni nei loro confronti; e questo ci rende più consapevoli del bisogno che abbiamo anche noi della misericordia di Cristo.
Tuttavia, con la stessa lealtà con cui riconosciamo i nostri sbagli, dobbiamo anche ammettere che non possiamo strappare via dalle fibre del nostro essere l'incontro che abbiamo fatto e che ci ha plasmato per sempre. Tutto il male nostro e dei nostri amici non riesce a cancellare la passione per Cristo che l'incontro con il carisma di don Giussani ci ha inoculato. La febbre di vita che lui ci ha comunicato è così grande che nessun limite riesce a eliminare e ci consente di guardare tutto il nostro male senza legittimarlo o giustificarlo.
Roberto Formigoni ospite a bordo dello yacht di Piero DaccoL'avvenimento dell'incontro con Cristo ci ha segnato così potentemente che ci consente di ricominciare sempre, dopo qualsiasi errore, più umili e più consapevoli della nostra debolezza. Come il popolo di Israele, possiamo essere spogliati di tutto, andare perfino in esilio, ma Cristo, che ci ha affascinato, rimane per sempre.
Non è sconfitto dalle nostre sconfitte. Come gli israeliti, dovremo imparare a essere coscienti della nostra incapacità a salvarci da soli, dovremo imparare da capo quello che pensavamo già di sapere, ma nessuno ci può strappare di dosso la certezza che la misericordia di Dio è eterna. In quante occasioni ci siamo commossi sentendo don Giussani parlare del "sì" di Pietro dopo il suo rinnegamento.
Per questo non abbiamo altra lettura di questi fatti se non che essi sono un potente richiamo alla purificazione, alla conversione a Colui che ci ha affascinato. È Lui, la sua presenza, il suo instancabile bussare alla porta della nostra dimenticanza, della nostra distrazione che ridesta in noi ancora di più il desiderio di essere suoi. Speriamo che il Signore ci dia la grazia di rispondere con semplicità di cuore a tale chiamata. Sarà il modo migliore di testimoniare che la grazia data a don Giussani è molto più di quanto noi, suoi figli, riusciamo a mostrare.
FORMIGONI SULLO YACHT DI PIERO DACCOSolo così potremo essere nel mondo una presenza diversa, come tanti tra noi già testimoniano nei loro ambienti di lavoro, in università, nella vita sociale e in politica o con gli amici, per il desiderio che la fede non sia ridotta al privato. Lo sa bene chi ci incontra: resta così colpito che gli viene voglia di partecipare a quello che è stato dato a noi. Per questo dobbiamo continuamente riconoscere che "presenza" non è sinonimo di potere o di egemonia, ma di testimonianza, cioè di una diversità umana che nasce dal "potere" di Cristo di rispondere alle esigenze inesauribili del cuore dell'uomo.
E dovremo ammettere che quello che cambia la storia è quello che cambia il cuore dell'uomo, come ciascuno di noi sa per propria esperienza. Questa novità la potremo vivere e testimoniare solamente se ci mettiamo alla sequela di don Giussani, verificando la fede nell'esperienza, tanto egli era persuaso che solo se la fede è una esperienza presente e trova conferma in essa della sua utilità per la vita, potrà resistere in un mondo in cui tutto, tutto dice l'opposto.
Abbiamo ancora un lungo cammino davanti e siamo felici di poterlo percorrere.