EIA EIA LEOPOLDA’ - BUTTAFUOCO IRONIZZA SUL FASCIORENZISMO: “USA LO SMARTPHONE COME IL MANGANELLO E TWITTER COME L’OLIO DI RICINO MA DEL PREMIER DIFFIDO: PIACE AI RICCHI, ALLE MAMME E A BARBARA D’URSO”
Tommaso Labate per “il Corriere della Sera”
«C’è qualcosa in Renzi che mi ricorda Berlusconi e Craxi. E quindi sì, alla Leopolda sarei andato anch’io. Magari camuffato con barba e baffi finti», scandisce Marcello Veneziani. «Io», dice invece Giuliano Urbani, «non sarei andato alla Leopolda solo perché ne ho abbastanza di tutti. Però tifo per Renzi. Siamo talmente disperati che non ci resta altro».
Mentre Domenico Fisichella sussurra «aspetti un attimo», lascia che un fruscio di fogli di carta arrivi dall’altro capo del telefono e, trionfante, annuncia: «Eccolo, l’ho trovato. Intervista al Tempo del 26 gennaio ’95 rilasciata da me. Titolo: “Faremo noi il Partito della Nazione”. Ci hanno provato in tanti, dopo, a dar seguito alla mia idea. Speriamo che ce la faccia Renzi».
Anche nel cielo dell’intellighenzia della destra italiana — che per anni ha foraggiato intellettualmente Berlusconi (e anche Fini) salvo poi dividersi, vent’anni dopo, tra «partito dei delusi» e «fazione dei traditi» — brilla la stella di Matteo Renzi. Marcello Pera, filosofo ed ex presidente (forzista) del Senato, l’ha scritto martedì su Libero , al termine di un’analogia azzardata ma benevola tra il premier e Mussolini. «Voto Forza Matteo ma lo invito non a finire come noi. Avrei voluto essere alla Leopolda a incoraggiarlo».
Insieme a Pera, che tra l’altro ha dato tardivamente e involontariamente corpo a una vecchia e maligna analisi su di lui firmata da Massimo D’Alema («Quando sono indeciso su una cosa, vedo che fa Pera e faccio il contrario»), si schiera tutto quel che rimane della destra culturale italiana.
Dice Urbani, ex ministro e componente del cda Rai, sherpa del primo berlusconismo: «Non sarei andato alla Leopolda solo perché, nel renzismo, per un politologo non c’è posto. Però, ripeto, tifo per Renzi. Per quanto con una giusta dose di critica, non vedo perché non sostenerlo. Un altro come lui non c’è. Neanche in Europa, dove bisogna tenere testa alla Merkel anche per fare un favore ai tedeschi stessi».
Fisichella, professore universitario ed ex ministro della Cultura con Berlusconi, che proveniva dalla destra cattolica e monarchica, adesso spera che «la mia vecchia idea di Partito della Nazione, il Country party, trovi realizzazione». Quell’idea di partito, sottolinea, «non era di ispirazione egemonica, ma doveva essere servita all’interesse generale». Renzi la realizzerà come si deve? «Per adesso, senza dubbio, la sua azione di governo si sta muovendo nella logica di una destra economica, che è diversa da quella della destra politica. Aspettiamo, vediamo…».
Aspetta e vede anche Veneziani, scrittore e giornalista, un altro che il vecchio centrodestra aveva spedito nel cda della Rai. «Il mio giudizio su Renzi è sospeso, anche perché ha una squadra di governo mediocre, un partito inadeguato, degli interlocutori deboli.
Di certo, in molte cose mi ricorda Berlusconi e Craxi, il che è positivo». Si smarca dal coro, invece, Pietrangelo Buttafuoco, che ieri ha consegnato al Foglio un corsivo ironico in cui accosta il renzismo al fascismo («Lo smartphone è il manganello, Twitter è l’olio di ricino, la camicia bianca va in luogo della camicia nera»). Il giornalista e scrittore catanese la vede così: «Di Renzi diffido.
Soprattutto perché il suo vero problema è l’essere adagiato sul conformismo. Piace ai ricchi, alle mamme, ai ragazzi, a Barbara d’Urso… Il presepe è colorato, illuminato, bellissimo. Ma, come al Tommasino di “Natale in casa Cupiello”, o’ presepe nun me piace». Li supera a destra, gli altri, Buttafuoco. E, forse, arriva quasi a sinistra.