ER CECATO NEL CARCERE DEI BOSS DI COSA NOSTRA - L’AVVOCATO DI CARMINATI: “A PARMA C’É ANCHE RIINA? AVRANNO VOLUTO METTERE INSIEME UN VECCHIO BOSS MAFIOSO E UNO NUOVO”
Federica Angeli per “la Repubblica”
Massimo Carminati, il boss della cupola di Mafia Capitale per la procura di Roma, è stato trasferito nel carcere di Parma. Sotto lo stesso tetto del capo dei capi Totò Riina. In quella che fino ad aprile era stata la dimora di un altro superboss mafioso, Bernardo Provenzano, poi portato a Milano per motivi di salute, e di Marcello Dell’Utri, che lì dovrà scontare i sette anni di detenzione per concorso esterno a Cosa Nostra. È il secondo trasferimento per il “Cecato”.
Colui che nell’inchiesta “Mondo di mezzo” viene indicato come l’uomo capace di tenere al guinzaglio i criminali (il mondo di sotto) e i politici (il mondo di sopra), accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso, ha lasciato il penitenziario di Tolmezzo il giorno di Natale ed è entrato in quello di Parma, sempre sotto regime del 41 bis.
Una misura che «considerata la sua pericolosità sociale e la sua estrema abilità nel crearsi appoggi e reti», la procura di Roma ha chiesto al Dap lo scorso 18 dicembre. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando l’ha accolta il 23 dicembre.
Carminati è passato dunque al carcere duro. Misura che prosegue da quattro giorni nel penitenziario emiliano dove, secondo fonti del Dap e secondo quanto ipotizza il suo avvocato, Giosuè Naso, è stato trasferito in ragione delle sue condizioni di salute. «Non conosco le motivazioni del trasferimento — ha riferito il suo legale — Parma è un carcere più duro di Tolmezzo, ma forse hanno considerato che c’è un centro medico più attrezzato.
Carminati ha un frammento di pallottola nel cranio, quella sparata da un poliziotto nell’81 che gli ha portato via l’occhio sinistro. Ha un’ablazione totale del bulbo oculare ed è costretto a una pulizia e a un cambio di cerotto quotidiani e c’è sempre un rischio teorico di infezione ».
Dal carcere di Rebibbia, dove fu portato subito dopo il suo arresto avvenuto il 30 novembre su disposizione dei pubblici ministeri Luca Tescaroli, Paolo Ielo e Giuseppe Cascini, venne allontanato il 13 dicembre per «incompatibilità ambientale » e rinchiuso a Tolmezzo.
La verità è che il Dipartimento amministrazione penitenziaria, così come indica la legge, separa i detenuti coinvolti nella stessa inchiesta, soprattutto se i reati sono così gravi come nel caso dell’ex Nar e dei suoi complici (416 bis, cioè associazione mafiosa).
Come lui, sono stati trasferiti dai carceri romani la maggior parte dei presunti vertici dell’organizzazione criminale che — secondo i magistrati — era riuscita a infiltrarsi nella gestione degli appalti del Comune di Roma. Il 12 dicembre era stata la volta di Salvatore Buzzi, l’uomo al vertice delle cooperative sociali romane e braccio destro di Carminati, trasferito dal carcere di Rebibbia a quello nuorese di massima sicurezza di Badu ‘e Carros.
Ora, dunque, la cella del boss di Mafia Capitale sta poco distante da quella del capo di Cosa Nostra. «Avranno voluto mettere insieme a Parma un vecchio boss mafioso e uno nuovo» ironizza Naso che col suo assistito potrà parlare solo attraverso un citofono, diviso da un vetro e avere colloqui di non più di un’ora e mezza.
E se anche nel febbraio del 2013 da quel carcere riuscirono a evadere due albanesi — uno accusato di omicidio, l’altro di rapina — segando le sbarre della cella e calandosi dalla finestra con delle funi, fonti del Dap assicurano che il nero Carminati non potrà comunicare con altri detenuti e che la sua cella sarà supersorvegliata.