ERCOLINO NON STA IN PIEDI! LA GUERRA TRA PALAZZO CHIGI E LUPI PER FAR FUORI INCALZA: LO STRAPOTERE DEL RAS DELLE GRANDI OPERE INIZIA A SFALDARSI QUANDO RENZI AFFIDA A LOTTI LA SEGRETERIA DEL CIPE
Giorgio Meletti e Carlo Tecce per "Il Fatto Quotidiano"
La Procura di Firenze, capitale in pectore, ha sparato la cannonata che ha aperto la seconda breccia di Porta Pia. Anche quando fu aperta la prima, nel 1870, era Firenze la capitale. Le macerie che allora travolsero il potere temporale della Chiesa, stavolta travolgono il potere di Maurizio Lupi sul ministero delle Infrastrutture, costruito dai Savoia proprio davanti alla breccia. Il potere ramificato di Ercole Incalza ha reso, fino a ieri, quel ministero chiave per la spesa pubblica (e per la corruzione) un luogo inespugnabile per Palazzo Chigi, che da un anno tentava invano di ridurre l’autonomia delle cricche delle grandi opere.
Incalza era il vero ministro, Maurizio Lupi un esecutore. A fine dicembre 2013, mentre Matteo Renzi sta per prendere comando, il ministro chiama Incalza e gli chiede dritte per un’intervista al Corriere della Sera. Il piano delle grandi opere si materializza in una girandola di battute: c’è il Brennero, poi c’è il Terzo valico, detta Incalza, costretto poi a spiegare all’esponente ciellino che “ la Pedemontana Veneta è stradale”, e che la Pontina si fa: “La Pontina come no?! ... viene fatta la gara... è già stata approvata”. Lupi dubbioso: “Però non partono i cantieri”.
E Incalza ammette: “Ne parte poca roba... poca roba”. Poi spiega il vero oggetto del contendere. Renzi ha appena vinto le primarie da segretario Pd con la parola d’ordine di spostare la spesa dalle grandi opere a quelle piccole, come la manutenzione delle scuole. Incalza è perplesso: “Sono opere (inc.)... hanno un potere d’occupazione elevato magari non duraturo ... ma elevato ... piccole opere in piccoli comuni hanno un potere occupazionale elevato... (inc) era felice di quando partivano ‘ste puttanate... sono puttanate perché dopo due anni ‘sta gente se non ha continuità lavorativa sono cazzi”.
Nel governo Renzi c’è un’anima ostile allo strapotere di Porta Pia, capitanata dal sottosegretario Graziano Delrio e supportata dagli economisti Yoram Gutgeld e Roberto Perotti. Per difendere la filosofia delle “puttanate” infilano nel decreto Sblocca Italia un comma che sposta la Struttura tecnica di missione (vero e proprio ministero nel ministero dal quale Incalza come Minosse sceglie le opere da mandare al Cipe per il finanziamento) da Porta Pia a Palazzo Chigi.
Lupi si infuria e difende a spada tratta Incalza, tanto da chiamarlo per rassicurarlo sulla schiettezza delle sue intenzioni: “Vorrei che tu dicessi a chi lavora con te che sennò vanno a cagare! ... cazzo! … ho capito!... ma non possono dire altre robe! ... su questa roba ci sarò io lì e ti garantisco che se viene abolita la Struttura tecnica di missione non c’è più il governo!”.
Il blitz, infatti, fallisce. Renzi, sapendo che Lupi è pronto a far cadere il governo se vengono toccati i gioielli del suo potere, affida al fedelissimo sottosegretario Luca Lotti – con la segretaria del Cipe – mesi di faticosa mediazione. Non è un caso che, ieri sera in televisione, sia capitata a Del-rio l’unica imbarazzata dichiarazione: “Incalza è fuori dal governo, non risulta che abbia consulenze dal governo. E Lupi? Prematuro parlare di dimissione”.
Ma i colpi di Palazzo Chigi arrivano. Renzi fa fuori il dirigente a capo del Cipe, Paolo Emilio Signorini (non indagato), a causa dei suoi imbarazzanti rapporti con il boss del Mose di Venezia Giovanni Mazzacurati. Gli uomini di Lupi lo accolgono subito al ministero, dove all’inizio di quest’anno viene scelto come reggente di pieno affidamento proprio della Struttura tecnica di missione. Incalza è sollevato: “È bene che rimanga Signorini ... evitiamo ... io temo ... che la presidenza metterà qualcuno ...vedrai...”.
Ma ormai le crepe nel sistema di Porta Pia si stanno aprendo. Incalza, che deve lasciare il suo prezioso co.co.co a causa del decreto Madia, tenta la strada dell’emendamento amico e si affida al sottosegretario Pd (ma ex socialista come lui, e da lui voluto al ministero) Umberto Del Basso de Caro, che a sua volta chiede aiuto all’amica deputata Pd Enza Bruno Bossio.
Il tentativo va a vuoto. Il sistema non funziona più bene come solo ai tempi del governo di Enrico Letta. Allora il gruppo era completo in ogni reparto; i progetti, le varianti, i finanziamenti scivolavano comodi fino agli stanziamenti del Cipe. Lupi e Incalza avevano ottenuto per le Infrastrutture, per la prima volta nella storia, la segreteria del Cipe, affidata al sottosegretario Rocco Girlanda (anche lui indagato a Firenze), già responsabile di Forza Italia in Umbria, uomo di Denis Verdini poi convertito a Ncd per salvare. Girlanda lavorava per un grande cementificio, la Barbetti, e ancora oggi figura come consigliere di Lupi. Era l’epoca della grande armonia cementizia.
Quando Enrico Letta nomina Lupi ministro è suo zio Gianni a imporre come capo di gabinetto al Porta Pia Giacomo Aiello, storico uomo di Guido Bertolaso alla Protezione Civile. Quando le cose cominciano ad andare male, all’interno del ministero si inaspriscono i rapporti tra il partito di Incalza e il partito di Aiello (sostenuto dalle falangi di dirigenti provenienti dal sistema di potere di Angelo Balducci e Bertolaso, noto come la cricca). Le intercettazioni del Ros dei carabinieri riportate nell’ordinanza dimostrano che a Porta Pia da mesi tutti avevano capito che la fine era vicina, e che nel panico era cominciata una guerra tra uffici anche a colpi di dossier anonimi. Un si salvi chi può in cui sembra che non si sia salvato nessuno.